Memoria e origini: è dalla notte dei tempi che l’uomo si trova a fare i conti con la versione trascorsa di se stesso, ciò che non è più ma che inevitabilmente lascia tracce indelebili rendendoci ciò che vediamo, in questo momento, allo specchio. Più che una seduta di psicoterapia per sciogliere nodi più o meno dolenti, è sicuramente occasione di riflessione la mostra dell’eterna Louise Bourgeois, ospitata dalla galleria Studio Trisorio di Napoli, con il titolo di Rare Language.
Quattro sculture e 35 disegni realizzati dall’artista francese fra il 1947 e il 2008, mettono in luce quanto il tema della memoria – memoria legata soprattutto alle persone più care, a cui apparteniamo e che ci appartengono – sia stato fulcro della ricerca di questa grande artista nel corso degli anni. L’infanzia a Parigi, il legame con i genitori, l’evoluzione e la mutazione del ricordo restano, nel tempo, elementi centrali svestendosi (ma mai del tutto) dal dato autobiografico per vestirsi dei grandi interrogativi che da sempre attraversano l’animo umano: chi siamo, dove andiamo, perché.
Per Louise Bourgeois la memoria si distacca dall’astrazione della mente e diventa corpo: è nel gesto ripetuto, nel colore che si trasferisce dal corpo al foglio e viceversa, è traccia fisica, sindone che racconta un percorso al tempo stesso doloro e catartico. L’accostamento fra disegni e sculture nell’esposizione allo Studio Trisorio rende ancora più tangibile l’urgenza comunicativa (raccontare agli altri? Spiegare a se stessa?) di Bourgeois: la scrittura, a cui l’artista si è dedicata fin dalla giovinezza, matura nel disegno che, a sua volta, si schiude nell’arte plastica.
La sovrapposizione/intersezione delle tre forme di espressione – scrittura, disegno, scultura – crea quindi un linguaggio unico nel suo genere, assolutamente individuale (esistente in quanto riferito all’universo interiore e alle esperienze dell’artista) eppure, in seguito ad una sorta di impercettibile cortocircuito, comprensibile a tutti tranne che all’artista stessa. Proprio Bourgeois si interrogava, nella raccolta di scritti e interviste Distruzione del padre – Ricostruzione del padre, sul senso di alienazione che lei stessa viveva rispetto all’opera prodotta. «Le parole di un artista vanno sempre prese con cautela. L’opera finita è spesso estranea a quanto l’artista sentiva o voleva esprimere inizialmente».
Un’opera, in alcuni casi, è solo uno scherzo della memoria.
La mostra sarà in esposizione da Studio Trisorio fino al 31 ottobre 2024, nell’ambito di un itinerario tutto italiano – da Firenze, con il Museo del Novecento e il Museo degli Innocenti, a Roma, con la Galleria Borghese –, che rende omaggio a una delle artiste simbolo del ‘900.
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