Quale miglior sede se non il MUDEC, il Museo delle Culture, per ospitare un’artista che le culture le fa dialogare? Passando dalle influenze pop dei manga giapponesi alle tradizionali danze indonesiane e coreografie in stile k-pop, LuYang, artista in mostra, ha una concezione del “sé” che si trova agli antipodi di quella occidentale.
La mostra DOKU Experience Center a cura di Britta Färber, Global Head of Art & Culture di Deutsche Bank, si sviluppa in due ampie sale. I media multimediali scelti sono di facile e immediata comprensione, sostiene LuYang. Le tematiche trattate sono contemporanee e universali, l’artista esplora il mondo digitale in modo creativo proponendo riflessioni sul post-umanesimo e transumanesimo. Il visitatore ha quindi l’occasione di vivere un’esperienza di espansione sensoriale, ai limiti tra il digitale e il reale, e di mettere in discussione concetti come quello di identità culturale, corpo e genere.
LuYang non si considera un artista “cinese”, a chiunque chiedesse la sua nazionalità, fin dall’inizio della sua carriera ha ripetuto di voler vivere su internet: “Vivendo su internet, si può abbandonare la propria identità, nazionalità, genere, persino la propria esistenza come essere umano.” Il tema centrale dell’afro-futurismo è il superamento del tempo e dello spazio attraverso la tecnologia e il potenziamento tecnologico del corpo e della mente. Da queste premesse LuYang crea un avatar. Il suo nome è DOKU, abbreviazione di Dokusho Dokushi, un sutra buddista traducibile dal cinese come “Moriremo da soli, e siamo nati da soli”. I suoi DOKU avatars si presentano in sei incarnazioni (Human, Heaven, Asura, Animal, Hungry Ghost, Hell) di genere neutro che rappresentano diverse energie ed emozioni di un rispettivo regno del Samsara. Ogni regno è caratterizzato da diversi colori, suoni e movimenti di danza.
Non mancano le esperienze personali dell’artista: infatti una sala è adibita alla proiezione del cortometraggio DOKU the Self (2022), film ispirato a una drammatica situazione che ha vissuto nel 2020, quando l’aereo su cui viaggiava ha rischiato di precipitare a causa di una tempesta di fulmini. I sei avatar incarnano il sé moderno sotto diverse prospettive. Essi rappresentano i diversi stati di coscienza, le loro emozioni e nevrosi. Il concetto principale, anticipa la curatrice, “è di lasciarsi le cose indietro, di lasciare che scorrano in modo da poterle fronteggiare”. Il film si può definire un’incursione nel pensiero buddista-transumano. Nella poetica di LuYang il punto non è scoprire un “vero sé”, ma accettare che il “sé”, in quanto tale, è un’illusione.
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