All’interno degli spazi della Fondazione Brodbeck, per il programma Collezione, Maria Domenica Rapicavoli, artista siciliana newyorkese di adozione, presenta fino al 10 dicembre la mostra Apnea, rappresentativa della sua polivalente pratica artistica che spazia dalla fotografia alle istallazioni site-specific e non solo.
Inizialmente celata ai nostri occhi tramite un telone nero, quasi a voler creare e demarcare una linea di confine tra il mondo reale e surreale, il padiglione centrale si fa portatore di una ferma, immobile e surreale installazione (Crooked Incline), istintivamente tratteniamo il respiro, per stupore? per ansia?, per pochi secondi rimaniamo in apnea. Questo stato apnoico che dà il titolo alla mostra è ciò che proviamo una volta immersi nella sala. Durante l’apnea i muscoli della respirazione si fermano, con l’apnea si perde la misura dello spazio che ci circonda come in procinto di entrare in un sogno Chiudiamo gli occhi, li riapriamo ed è cosi che ci sentiamo nel girare, vagare, fluttuare nella sala centrale.
I fili di piombo, sembrano quasi un gioco, un enorme scacciapensieri, ma basta un attimo, il pensiero va oltre e appaiono in tutta la loro serietà: ricordano le bombe pronte a scoppiare, sospese nell’aria, immortalate nel momento prossimo alla loro caduta. La loro posizione sembra casuale, ma cosi non è: seguendo le loro linee appaiono, misteriosamente, mappe di aree fuori dalle ordinarie rotte del Mediterraneo o le rotte dei droni militari che campeggiano sulle nostre teste. Misteri celati ai nostri occhi. Su questo filone dei misteri invisibili entriamo nella sala piccola della Fondazione dove si susseguono 13 immagini del capitolo più triste e infame della storia siciliana legata alla mafia: le foto come dei ritratti presentano i Faldoni, in totale 360, ognuno dedicato a un mafioso o alle requisitorie, i documenti dello storico Maxiprocesso contro “cosa nostra”.
Lo stato apnoico del fruitore, sembra perdurare, il silenzio muta, non è più un silenzio di mistero, ma un silenzio di drammaticità, greve, un silenzio che si fa portavoce delle morti legate alla mafia, un silenzio che si fa carico della testimonianza e del non dimenticare. Perno finale, punto conclusivo di questa apnea, al centro della sala, la scultura dal titolo Diaframma, il muscolo respiratorio, che ha giocato quasi il ruolo di non protagonista in tutta la durata della visita della mostra Apnea. Il muscolo è contratto, poiché il carnefice gli impedisce di respirare, di riempire i polmoni di aria, impedisce alla vittima di urlare. L’ultimo respiro esalato dalle vittime della mafia, la fine del loro respiro. Un’ultima sezione completa la visita, opere fotografiche che ritraggono le tombe, site a Corleone, luogo natio di molti mafiosi. Una serie fotografica appartenente a un progetto molto più ampio che comprendeva anche dei video realizzati durante una residenza di due settimane dell’artista, nel tristemente famoso borgo siciliano di Corleone.
Un progetto anche antropologico sui corleonesi che si ritrovano a convivere con questa scomoda testimonianza. L’artista li osserva e loro si lasciano andare, la loro quotidianità è una quotidianità semplice, ferma nel passato, fatta di incontri pomeridiani per giocare a bocce e a carte nel parco. Aspettando il nulla nel silenzio tipico del paese. Unico rumore che rompe questo silenzio è quello delle bocce. Non vediamo mai il volto dei giocatori, così come nelle tombe non vediamo il volto dei mafiosi. Sono foto di tombe vuote nel cimitero di Corleone. Tombe anonime, senza nome, una sempiterna apnea, eterno riposo, la fine del loro respiro che coincide con la fine dell’apnea del fruitore che, una volta finita la visita, ritorna a respirare, in libertà, ma senza mai dimenticare.
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