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Mario Matera, ritratti come specchi dell’anima: la mostra alla SimonBart Gallery di Bologna
Mostre
Si trova nel pieno centro storico di Bologna la sede principale della SimonBart Gallery, una galleria con esperienza più che decennale che mette letteralmente in vetrina gli artisti del momento: dai giovanissimi ai più affermati, nel suo spazio bianco puro ha casa una grande varietà di tendenze e vocazioni artistiche. Le sei vetrate affacciano sulle frenetiche via Farini e piazza Cavour, veicolando un dialogo continuo con la città. Al momento, la SimonBart Gallery ospita A Tale of Her, una mostra che offre l’occasione di conoscere Mario Matera, un artista di origine pugliese noto a livello internazionale.

Matera, tra i mille e uno campi espressivi in cui si è cimentato sin dalla più precoce giovinezza, ha alle spalle una lunga esperienza nella fotografia di moda come direttore creativo. Esperienza che si riflette pienamente nel suo lavoro di pittore. L’impostazione compositiva delle opere in mostra è infatti assai fotografica. Si tratta di 25 ritratti di giovani donne; i loro visi occupano quasi tutto lo spazio a disposizione, tanto da poterne contare le lunghe ciglia o osservare da vicino le screpolature delle labbra carnose. Talvolta i soggetti ricambiano il nostro sguardo con intensità, altre volte i loro occhi sono chiusi, persi nell’impeto di un’emozione soverchiante.

Al piano inferiore della SimonBart Gallery, un percorso circolare ci accompagna alla scoperta di due recentissime serie dell’artista, entrambe portate a compimento nel 2025: Chaos e Golden. L’allestimento è pulito e sintetico e in mezzo al bianco dei muri e del marmo spiccano i grandi formati quadrati di Mario Matera.
Soltanto un paio di opere non appartengono alle due serie e sono datate invece 2022: Deep 004 e Deep 005. In questi due ritratti femminili i soggetti sono quasi dissolti nelle luci al neon: i lineamenti perdono nitidezza e si fanno rarefatti, vibranti. È già presente il gusto per i colori complementari, che ritornerà specialmente in Golden.

Col tempo l’artista non solo passa dal supporto su tavola a quello in alluminio ma sceglie anche un tratto decisamente più tagliente: i ritratti del 2025 rappresentano infatti un’agitazione interiore vicina a quella delle due opere anteriori ma lo fanno attraverso la schiettezza delle spatolate, tracciate con una rapidità inquieta, e l’audace accostamento dei colori, spesso complementari. I tratti somatici delle donne dipinte si scindono in una frammentazione quasi mosaicistica, come a dire che il dolore contemporaneamente distrugge e ricompone.
Le opere sono contraddistinte da un realismo quasi fotografico ma anche da una corposità materica del colore, ottenuta grazie a un’insolita tecnica mista su alluminio: la malta, stesa sulle lastre, viene poi protetta da una resina che crea un effetto estremamente brillante.

La serie Chaos racconta di un raccoglimento in se stessi, a dimostrazione che per ritrovare l’equilibrio bisogna prima incontrare il disordine e accoglierlo, dargli spazio. La variazione sul tema, che sfiora la serialità, è in realtà un’indagine sulle più minute micro-espressioni e le più piccole sfumature emotive.
In Golden, invece, le ferite rinascono nell’oro come nell’antica tecnica giapponese del Kintsugi. Il colore crea un intreccio ruvido, ma brillante come vetro. Oro contro verde, blu contro oro: in questa serie le bicromie modellano anime rotte e ricomposte, come di ceramica, a ricordarci che, dopotutto, le crepe sono quegli spazi da cui può entrare la luce.


