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My Home’s Wind a Palermo, negli spazi di ZACentrale, è la grande mostra personale per commemorare il ventesimo anniversario della scomparsa di Mario Merz. Una mostra ricca di opere maestose che hanno segnato la storia dell’arte, carica di poesia, rigore e intellettualità di un grande artista, ma soprattutto di tanti ricordi e tanto spirito di libertà. Abbiamo intervistato Beatrice Merz, curatrice della mostra e presidente della Fondazione Merz.
My Home’s Wind a Palermo è la grande mostra che ricorda Mario Merz, scomparso vent’anni fa. In autunno anche Torino lo ricorderà, in che modo e come mai la scelta di fare questa importante mostra a Palermo?
«My Home’s Wind non è soltanto una mostra ma un progetto esteso nel tempo che inizia proprio con la mostra palermitana. ZACentrale è uno dei progetti che la Fondazione sta producendo con l’intento principale di costruire ponti e stabilire relazioni e Palermo è qualcosa ben oltre una città. Anzi è un qualcuno: ha una personalità vera e forte. È un acceleratore di umanità e di processi culturali. Per questo l’abbiamo scelta come prima tappa di un progetto che vedrà diversi eventi a partire dall’autunno».
Cosa vuol dire per Beatrice Merz curare questa mostra e cosa smuove nel suo fare critico in qualità di figlia?
«Più che un fare critico in questo caso si è trattato di ricercare nei ricordi, nella memoria, gesti, silenzi e soprattutto passi nello spazio. Ho cercato di percorrere lo Zac con quegli stessi passi, per costruire una narrazione con le opere che avevo scelto, partendo dalla scansione spaziale che l’architettura stessa ha suggerito per la posizione della serie di Fibonacci, in alto nella ‘navata’».
Questa mostra contiene opere importanti, dagli igloo in vetro e in pietra, ai neon che riportano la serie di Fibonacci e frasi paradigmatiche. Il tempo ritorna di continuo, sia nella sua manifesta contemporaneità, sia nella parte più primitiva. Cosa era il tempo per Mario Merz?
«Il tempo per lui era l’idea di identità espansa nello spazio. Una proliferazione temporale come proliferazione spaziale».
In questa mostra ho percepito la presenza di Mario nella sua totalità, ma non la persona e l’artista, bensì la forza impulsiva e la delicatezza che secondo me lo caratterizzavano. Secondo lei, fra le opere in mostra quale racconta meglio la personalità di Mario Merz? A quale lo assocerebbe e perché?
«Un’opera sicuramente che esprime una forma di completezza del lavoro di Mario e anche la sua personalità, ma questo è un parere del tutto personale, è l’igloo senza titolo, con la linea dei giornali accompagnati dalla proliferazione dei numeri di Fibonacci che attraversa un igloo trasparente. C’è la leggerezza, ma anche la concretezza. Il voler sapere ma anche il voler fuggire dalla consapevolezza nella trasparenza».
Forse perché Palermo è la mia casa e forse perché sarò un romantico, ma questa mostra parlerebbe di “casa” anche senza questo meraviglioso titolo. Come mai Mario era così attaccato a questo aspetto? Inoltre il vento è mobile, è contemporaneamente ovunque e da nessuna parte. Non ha una dimora fissa. È per questo che per lui aveva la funzione di ponte o era ciò che animava la casa e le sue dinamiche? Insomma, era la stessa fonte di libertà che invocava nel suo “Voglio fare subito un libro”?
«Sì proprio così, il vento evoca e chiama forme di libertà. Anima non solo la casa ma la vita, è trasportatore dei semi delle piante, è facilitatore. La casa facilita la socialità, è necessaria, è il rifugio, è la carezza. Vento e casa ambivalenti rappresentano la libertà di espressione».
La poetica di suo padre era cruda, primitiva, ma estremamente profonda e articolata. Secondo lei è ancora contemporanea questa poetica? Rivede ancora le influenze di Mario Merz o crede che vent’anni dopo ci sia stato un taglio nei confronti degli approcci e delle questioni che invece a lui stavano così tanto a cuore?
«Non saprei dire di influenze, non era nel suo spirito voler influenzare. Ma certamente le questioni e gli argomenti insiti nel suo lavoro sono del tutto ancora molto attuali. Questioni sociali, politiche non risolte che l’arte può con il suo fare attenzionare. È una poetica del tutto presente, anche perché si va formando e plasmando sull’attualità e spetta a noi continuare a trasmetterla».
Cosa pensa direbbe Mario Merz in merito a My Home’s Wind?
«È andata, andiamoci a bere un bicchiere».