Come suggerito dal titolo, il soggetto della mostra sono i “puppets” definizione inglese che racchiude tutti i componenti del teatro di figura: marionette, burattini, fantocci, protagonisti dell’arte e delle avanguardie della prima metà del Novecento. Periodo storico che ha assistito alla diffusione e alla messa in scena di spettacoli capitanati da questi personaggi. I puppets, infatti, rientrano in una dimensione a metà tra la realtà dell’uomo e la realtà teatrale del palcoscenico. Se pur animati dall’essere umano, sul palcoscenico acquistano una loro identità , hanno una propria voce e proprie intenzioni svincolate dai tabù della società . A loro è concesso praticamente tutto in quanto personaggi teatrali. Per questo motivo sono numerosi gli artisti e gli scrittori di questa epoca che dedicano le loro opere a questo tipo di rappresentazione. La marionetta diventa il veicolo di un messaggio sociale, culturale e politico, di propaganda e talvolta anche di protesta.
Diventa così più semplice comprendere l’intento degli organizzatori di rivolgere la mostra non soltanto ad un pubblico adulto, ma di coinvolgere anche i più piccoli, che potranno essere attratti dalla connotazione divertente e sognante di queste figure ma saranno anche spronati ad un’intrigante riflessione: le marionette devono insegnare ai bambini la capacità di sviluppare proprie idee e senso critico, la possibilità di intervenire, talvolta, perché no con una piccola dose di impertinenza e sfacciataggine che contraddistinguono burattini e marionette.
All’ingresso di Fondazione Palazzo Magnani una riproduzione di un teatro vittoriano strega il visitatore e lo accompagna davanti ai costumi di scena disegnati da Pablo Picasso, che colorarono il movimento dell’essere umano del balletto coreografico Parade eseguito nel 1917 a Parigi dai Ballets Russes. Sempre al pianterreno sono presenti due workshop, in cui l’allestimento di due palcoscenici permette agli spettatori di assistere dal vivo a spettacoli del teatro di figura durante i fine settimana. Dalla collaborazione con la Compagnia Marionettistica Carlo Colla di Milano e L’Associazione 5T di Reggio Emilia ne scaturisce un ricco programma di performance portate in scena da professionisti.
Salendo al piano superiore si arriva al cuore della mostra, articolata in numerose stanze che presentano stagioni importanti della storia del teatro di figura del primo Novecento. In questa epoca diversi creativi hanno avvertito la necessità di reinventare un linguaggio dei gesti che stimolasse una riflessione sull’umanità e spingesse ad interrogarsi sull’operato dell’uomo. I Puppets sono così diventati portavoce della società e hanno testimoniato la rinascita di un nuovo mondo, nato dalle ceneri della devastazione della Prima guerra mondiale. I disegni e i burattini di diversi artisti futuristi presenti in mostra, tra cui Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Carlo Carrà , rappresentano la sofferente realtà dei soldati mutilati ritornati dalla guerra. Centrale è anche l’esperienza del Bahaus, nella Weimar degli anni Venti, in cui le marionette e i giocattoli prendono vita e diventano lo specchio della comunità , per merito di artisti come Oskar Schlemmer e Paul Klee. L’esposizione si conclude con le opere di Otello Sarzi, partigiano durante la Seconda guerra mondiale, che ripropone il burattino come figura della voce della resistenza. Sarzi proveniva da una famiglia di burattinai e prese parte alla loro compagnia itinerante, la quale, dopo numerose tournée, si stabilì a Reggio Emilia. L’ultima stanza celebra più di tutte il legame tra mostra e territorio e l’importante tradizione di teatro di figura che la città possiede.
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