«Non v’è gentilezza del re di Sicilia a quel di Boemia che possa parere eccessiva. I due re furono allevati insieme nell’infanzia; e fra loro, a quel tempo, mise radici un affetto così tenace che oggi non può non dar fronde. […]Talché i due re parvero ancora insieme pur essendo lontani, quasi si stringessero le mani attraverso lo spazio e si abbracciassero, per dir così, dai punti opposti della rosa dei venti. Il cielo perpetui la loro amicizia!», da Racconto d’Inverno, William Shakespeare.
È il 2023. Martin Chramosta, artista elvetico-boemo, cammina per Praga. Alzando lo sguardo incontra una grande struttura, dall’estetica scarna e modernista, che lo attrae in una forma misteriosa e radicale. Chiede alla gente per strada ma nessuno riesce a dargli una risposta. Così domanda a suo padre e scopre che quella struttura gli era familiare, una presenza quotidiana e ricorrente nelle memorie dell’infanzia. Suo padre, infatti, da bambino abitava poco distante dal polo commerciale su cui campeggiava quell’installazione per lui così magnetica: è l’insegna del Bílá Labuť (in ceco “cigno bianco”), un grande magazzino inaugurato nel 1939, quattro giorni dopo l’invasione nazista di Praga. L’insegna, infatti, ritrae un cigno, che nella notte s’illumina e diventa bianco.
È il 3 aprile del 2024. Martin Chramosta inaugura Anténa, una mostra personale a cura di g. olmo stuppia, allestita nell’attico di Cassata Drone Expanded Archive, a Palermo, piattaforma artistica che dal 2017 innerva un pensiero militante, indipendente e antimilitarista. Al centro di una stanza vuota che guarda il mare, il cigno bianco diviene ora un’antenna buona, diversa, militante. È circondato da sculture totemiche di ceramica e di ferro che raffigurano animali che si oppongono alla rigidità e alla freddezza degli eccessi della tecnica.
Dal cigno viene trasmessa su una frequenza FM 100 il mantra shakespeariano, «Bohemia, a desert country by the sea…». È la sovversione della cultura della guerra, in favore delle necessità del Nòstos, dell’accoglienza e dello scambio. Un atto di resistenza alla militarizzazione dello sguardo, a poche ore da Sigonella, una delle basi militari più estese del territorio italiano, in un momento in cui il mondo è annerito da bombe, rabbia e dolore.
Chramosta, mi racconta la sua “Boemia della mente” e i motivi per cui sente un nesso così forte fra quest’ultima e la Sicilia. «La Boemia della mente è una regione arcadica nel cuore del Mediterraneo, con un popolo che porta con sé una cultura arcaica e popolare».
È stando nella lontananza che s’immagina il viaggio, l’avverarsi del sogno di Tetide. Succede interrogando l’orizzonte, distinguendo la linea del mare da quella del cielo. Il cigno bianco guarda fuori dalla finestra di via Malta, credo che anche lui si meravigli dall’emozione per l’incontro del cielo e del mare.
Siamo noi, con le mani ben strette in quelle di chi c’era prima, nella ricerca di ciò che sentiamo distante, sconosciuto e intimo. È il sentire la forza primitiva che risuona nell’eco delle vite scorse ancor prima della nostra nascita. Si fanno vive nella lontananza, nelle onde che sbattono sulla chiglia di una nave, nelle canzoni cantate da tutti, nei racconti la cui anima si accende passando di bocca in bocca, nel vento che urla, nel sole che sorge.
La Boemia è sul mare. Lo dice per primo Shakespeare, lo ribadisce Ingeborg Bachmann in una sua poesia, Anténa ne è la conferma.
Chramosta e stuppia dedicano uno spazio materico al ritorno, alle connessioni invisibili, alla memoria di quei legami tanto antichi da essere radicati e indissolubili. Una mostra che è più di un’esposizione. Un rituale umano, apotropaico, politico.
Visitabile sino al 4 maggio a Palermo, in via Malta 21.
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