Categorie: Mostre

Mattia Pajè, Un giorno tutto questo sarà tuo | Fondazione smArt

di - 24 Marzo 2020

Immaginate di essere sulla vetta di una costruzione altissima dalla cui sommità si ammira il vasto panorama del mondo così com’è e che qualcuno, posandovi bonariamente una mano sulla spalla, vi dica “ecco, un giorno tutto questo sarà tuo”.

È più o meno quello che è stato detto a un’intera generazione, che coincide con quella che le analisi di mercato chiamano “i millennials”. Nati tra il 1981 e il 1996, ancora tentano di capire se quella frase voleva essere una promessa o già conteneva in sé una esplicita minaccia.

Mattia Pajè, classe 1991, decide di intitolare così la sua personale presso la Fondazione SmArt, curata da Saverio Verini, frutto di cinque mesi di residenza nello splendido palazzetto liberty di Piazza Crati.

Le opere sono difficilmente assimilabili dal punto di vista prettamente formale, anche se ricorre un tocco ludico, quasi infantile, ma è molto solido il legame concettuale che le unisce e che diventa evidente man mano che si esplorano gli spazi della fondazione. Quasi tutti i lavori esposti stimolano nel visitatore la necessità di una riflessione sul tema del “parzialmente definito”, quindi sull’infinito spettro di possibilità su cui la non-definizione affaccia così come sul tema dell’attesa che questa comporta.

Si è accolti da un terrario che ospita nove tartarughe sul cui guscio è stata apposta una lettera; la parola “OBIETTIVI” viene così scomposta sottraendosi al controllo tanto dell’artista quanto del fruitore. Una coppia di sculture in creta cruda dal volto accennato, di cui si evince il genere ma non l’identità, attendono che la mostra venga disallestita per scoprire se il fragile materiale di cui sono fatte resisterà allo spostamento. Una lightbox che riproduce un fregio funerario d’epoca romana ci racconta la storia di una produzione artigiana in serie che era solita lasciare indefinito il volto di quello che sarebbe dovuto essere il defunto in attesa di una commissione più precisa e, allo stesso tempo, ci pone dinnanzi all’incombenza della morte e del “non-essere” come potenziale. Una sequenza numerica ripresa dalla inusuale ricerca dello pseudoscienziato russo Grigory Grabovoy sui benefici fisiologici e psicologici dei numeri è riprodotta in acciaio inox su una parete mentre, nell’ultima sala, altre due opere si guardano chiudendo il percorso che segue in maniera naturale la disposizione degli ambienti pur non essendoci un filo narrativo vero e proprio che impone al visitatore un certo andamento.

Il lavoro che dà il titolo alla mostra è la foto di un neonato che riposa, acquistata su un sito di stock, che occupa quasi l’intera parete e sulla quale campeggiano, come pessimo presagio, tre grandi cerchi neri che rendono l’immagine incompleta e inquietante. Non solo il bambino è “qualsiasi bambino” perché completamente estraneo, un bambino “d’archivio”, ma su quella identità tutta da formare incombe un’ulteriore incertezza. A riportare speranza vi è sull’altra parete una minuscola bacchetta magica. Una stella marina di bigiotteria appoggiata a una sottile stecca metallica spunta dal muro proiettando la propria piccola fatata ombra che ci ricorda l’essenziale ottimismo di “un giorno tutto questo sarà tuo”.

Lo spazio della mostra è inoltre caratterizzato da un’opera che ne ricopre l’intera pavimentazione. Si tratta del primo piano di un ghepardo rosa shocking stampato su PVC di cui non si evincono immediatamente i contorni e le fattezze ma che caratterizza profondamente l’allestimento, operando addirittura un vero e proprio viraggio dei colori dei diversi ambienti.

Martha ter Horst

mostra visitata il 13 febbraio

Dal 28 novembre a data da destinarsi

Un giorno tutto questo sarà tuo, Mattia Pajè | Fondazione smART – polo per l’arte

Piazza Crati 6/7 – 00199 Roma

Tel: +39 06 99345168

e-mail: esposizioni@fondazionesmart.org

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