È stato tramandato che Archimede fosse stato ucciso mentre era intento a tracciare delle figure geometriche, nella sabbia. Cos’è la polvere? Minuscoli frammenti di sostanze disgregatesi da tutto ciò che è presente nell’ambiente. È proprio questo tutto a essere al centro della mostra “Memoriaplastica” degli artisti Alice Mestriner (Treviso, 1994) e Ahan Moslemi (Teheran, 1983), incontratisi in Canada nel 2018.
L’esposizione a cura di Massimiliano Bastardo nella sede in Via Poerio di NAMI Gallery investiga sul rapporto vitale, a volte silenzioso di questo insieme di elementi compositi, dai richiami primordiali.
Siamo abituati alla polvere, letteralmente ci conviviamo. Per lo più composta da cellule morte, da sabbia e terreno portati dal vento, da residui di acari ed altro. Pare che le particelle di polvere, elettricamente cariche, siano attratte, in superficie, dalle particelle con carica opposta, questo ne assicura la sopravvivenza. Torna alla mente nella versione cinematografica, quella nuvola di polvere radioattiva della serie Chernobyl, vista nel bagliore della luce notturna, così impercettibile e così letale.
Questo dettaglio visivo, in cui è possibile intravede la singolarità delle parti, come se fosse necessario all’occhio umano un fermo immagine a rallentatore per riuscire ad inquadrarlo, è visibile anche nella ricerca che il duo di artisti hanno portato nella galleria napoletana. A inizio percorso una serie di foto in piccolo formato mostrano la reale natura, visibile solo a microscopio, della pulvis texture, dai toni cromatici fluo.
Il titolo allude alla memoria di ciò che resta e alla sua plasticità, ovvero come forma di rigenerazione perpetua. «C’è della trascendenza in questo concetto – dice il curatore Massimiliano Bastardo – un misto di esistenzialismo e fenomenismo riconducibile a tutte le sfere della conoscenza studiata». Quel “tornerai” biblico sembra scandire un tempo magico, perfetto, che trasforma la materia e che rivela la sua rivoluzionaria bellezza. Se è vero che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma, ecco che quel pulviscolo nelle mani di Alice Mestriner e Ahad Moslemi diventano delle sculture di accumulo, dei prismi aperti come in attesa di future addizioni, un completamento difficile da definire.
Nella serie di acquerelli, appena visibili, mostrano due racconti diversi ma dalle tracce simili: Pompei e Hiroshima. Nel caso della vicina città sepolta dalla lava, i corpi erano rimasti, protetti, sotto 9 metri di cenere e in un certo modo, torna nei calchi di Fiorelli, nelle forme del corpo e nelle espressioni del viso. La famosa Ombra umana impressa nella pietra, invece, come quella davanti la Sumitomo Bank Company di Hiroshima, non è che il corpo di una persona divenuto istantaneamente cenere per l’esplosione del 1945.
Gli artisti mettono in scena un mondo che sembra chiuso in una campana di vetro con tanto di libro mastro, come negli allestimenti dei musei scientifici, ma che si fa azione partecipativa nel muro delle corrispondenze, con cui gli artisti hanno voluto testimoniare la mutevolezza e la dinamicità dei luoghi in cui hanno transitato.
Infine, mentre il video Dodici ore con un‘inquadratura fissa mostra come la polvere, che è nell’aria, si muove in maniera casuale, che esiste nella sua impercettibilità, la scultura cinetica Entropia, una ruota di carro dell’800 azionata da un braccio di ferro che ruota su sé stesso, racconta il continuo ed incessante cambiamento della materia, che diventa memoria viva.
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