04 giugno 2024

«Mentre il tempo scorre, gli istanti contenuti in una foto restano». Il grande fotografo Vincent Peters si racconta

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Ha fotografato i grandi della musica e di Hollywood, ha rifiutato Madonna perché avrebbe voluto scegliere lei gli scatti da pubblicare. Il lavoro del fotografo tedesco arriva a Roma con la mostra Timeless Time

Vincent Peters John Malkovich IV, New York © “VINCENT PETERS. TIMELESS TIME” 2006 140x180 cm

A Roma Palazzo Bonaparte dedica la stagione alla grande fotografia internazionale, ospitando due grandi mostre fotografiche di Vincent Peters e Mario Testino. Gli scatti Timeless Time di Vincent Peters (a Palazzo Bonaparte fino al 25 agosto) sono oggetto anche di uno spin-off della mostra presso La Libreria dello storico hotel Eden di Dorchester Collection in via Ludovisi. Curata da Maria Vittoria Baravelli, organizzata e prodotta da Arthemisia, “Timeless Time” più che una esposizione di foto meravigliose, è un viaggio emozionale nell’arte del fotografo tedesco. Definite “foto cinematografiche”, quelle di Peters sono immagini vive, intense, seducenti. L’esposizione a Palazzo Bonaparte, nel cuore di Roma a Piazza Venezia, presenta una selezione di lavori realizzati da Vincent Peters tra il 2001 e il 2021: Christian Bale, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Cameron Diaz, Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow, David Beckham, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, Charlize Theron, e Greta Ferro. Questi alcuni dei personaggi famosi che ci avvolgono al nostro passaggio nelle sale dello storico palazzo nobiliare.

Ma qual è la storia del grande fotografo? Nato a Brema, in Germania, nel 1969, Vincent Peters si trasferisce a New York a vent’anni per lavorare come assistente fotografo. Tornato in Europa nel 1995, si specializza nei ritratti di celebrità, scattando campagne leggendarie per riviste di tutto il mondo, distinguendosi con il suo stile cinematografico. Il suo portfolio comprende lavori per brand come Armani, Celine, Hugo Boss, Adidas, Bottega Veneta, Diesel, Dunhill, Guess, Hermès, Lancôme, Louis Vuitton, Miu Miu, Netflix. Le sue opere sono state esposte in gallerie d’arte internazionali tra cui Camera Work a Berlino, Fotografiska a Stoccolma e il prestigioso Art Basel in Svizzera.

Vincent Peters
Charlize Theron I, New York © “VINCENT PETERS. TIMELESS TIME”
2008
140×180 cm

Il significato della mostra Timeless Time è in un racconto dello stesso autore: «Guardando una foto incontri qualcuno: non dal vivo, ma incontri le emozioni che quelle persone vogliono raccontare. Dentro ognuno di noi c’è un giardino dove incontriamo le persone che abbiamo perso, ma anche quelle che non abbiamo mai conosciuto. È il gusto dell’immaginazione. Richard Avedon crebbe tra la prima e la seconda Guerra Mondiale, nell’Upper East Side di New York. Da piccolo era spesso solo e andava al Metropolitan Museum. Era un ragazzino e si aggirava tra opere che non capiva, ma sentiva quello che gli artisti avevano provato dipingendole. E questo lo faceva sentire meno solo. Nel suo giardino ha incontrato tanti gli artisti morti che avevano dipinto i quadri che vedeva. Quando uno ascolta una musica di Puccini o guarda un dipinto di Caravaggio, entra nelle loro emozioni nel momento stesso in cui loro entrano in voi. Questo è quello che c’è dietro Timeless Time. È il tempo senza tempo, il tempo che si ferma; il tempo che passa, mentre le emozioni contenute nello spazio di una foto, di un dipinto, restano».

Timeless Time, Palazzo Bonaparte, 2024

Per Vincent Peters «Condividere il mio lavoro con gli altri è come un dialogo». Ed è così che lo abbiamo incontrato nei salotti de La Libreria dell’hotel Eden, chiacchierando delle donne iconiche immortalate dalla sua macchina fotografica.

Ma esiste una musa per Vincent Peters?

«Non è una donna con un nome, non è quel particolare tipo di donna ma, se guardi le foto, è una donna che cerca una sua identità, che vuole determinare se stessa. Una donna vulnerabile, che si confronta con il suo destino e lo affronta. Una via di mezzo tra la forza e la fragilità e che cerca di trovare un equilibrio. Non è una persona in particolare, ma qualcuno che comprende che tutto quello che sta attraversando ha una ragione. Quando fotografo queste attrici cerco di creare delle situazioni dove loro non si mettano in posa. A volte ipotizzo una situazione già in atto, che c’era prima del loro arrivo, e nella quale devono entrare. E ci riescono benissimo. Monica si è calata benissimo nelle situazioni. Anche Emma Watson. Quando conobbi Emma era una giovanissima star di circa 10 anni e questo era quello che volevo fotografare».

Come coniuga la sua precisione nei preparativi con la spontaneità?

«Io pianifico sempre tutto, ma un fotografo deve improvvisare, con qualunque condizione e in qualunque situazione. È come una conversazione: deve essere improvvisata. È come se fossi in una situazione dove vuoi parlare di qualcosa ma non puoi fare una domanda diretta. Oppure una situazione dove l’altra persona vorrebbe risponderti, ma non sa aprirsi facilmente. Nella fotografia non puoi essere troppo diretto. Devi guidare le persone per farle sentire a proprio agio. Allora iniziano a parlare. Quando punti un obiettivo su una persona, cambia. È la stessa cosa anche per Monica Bellucci o Scarlett Johansson. Anche tu, se mi fai una domanda con un microfono, la risposta è un po’ meno personale. Il trucco è creare un’atmosfera. Un set fotografico è un luogo dove creare una conversazione autentica».

Vincent Peters, Knut Koivisto © “VINCENT PETERS. TIMELESS TIME”

È vero che ha rifiutato dei lavori?

«Sì, ad esempio Madonna. O Mark Wahlberg. Ma non voglio fare altri nomi. Mark Wahlberg voleva realizzare un servizio fotografico in 45 minuti. Mi servivano 30 ore per arrivare a Los Angeles. In 45 minuti avrei dovuto spiegare il progetto, conoscerlo e scattare. È come andare fino a Los Angeles per avere una conversazione di 7 minuti. Non arrivi neanche alla parte interessante. Mi sarebbe piaciuto scattarlo, ma avrei avuto bisogno di più tempo per fare con lui un buon lavoro, per farlo emergere nei singoli scatti».

E con Madonna?

«Con Madonna la questione è stata diversa. Io scatto su pellicola e lei voleva avere i negativi, decidere gli scatti. È come se io volessi il tuo cellulare dove stai registrando perché la voce è mia. Madonna vuole decidere qualsiasi cosa la riguardi. Se possiedi le immagini, puoi modificarle da solo come vuoi, ma non è lo stesso. Mi sarebbe piaciuto fotografare Madonna, ma se avessi potuto scattare le mie foto. Se le serviva solo un bravo tecnico, poteva chiedere a un mio assistente di prendere la macchina fotografica e scattare. Non hai bisogno di me. Nella fotografia la personalità è tutto. Non è solo una questione di tecnica».

Significava non fidarsi di lei…

«Forse no, ma non credo abbia persone delle quali si fida e ovviamente non l’ho mai incontrata. Diceva che potevamo farcela, ma ho ritenuto che sarebbe stata un’esperienza frustrante. Ho pensato che magari avremmo avuto un’altra occasione, ma la verità è che a volte non hai un’altra occasione. Forse è stato un errore, perché non si tratta solo di scattare, ma di nutrire le persone e sono sicuro che sarebbe stato interessante anche per me. Ma, ripeto, una foto è una conversazione. Se vuoi già sapere cosa dirò, quali saranno le domande e quali le risposte, non è più una conversazione. So che può sembrare arrogante, ma in realtà è che, se vuoi fare bene una cosa, devi avere il tuo spazio. È come se andassi al festival di Cannes a scattare sul red carpet: non è ciò che faccio io».

Lei ama l’analogico. Qual è per Vincent Peters la differenza tra digitale e analogico?

«Immagina di avere un problema con il partner. Vai a casa e scrivi una lettera. Poi chiudi la lettera, vai all’ufficio postale e la spedisci. Cinque giorni dopo lui la riceve, la apre, la legge e risponde. Prima ci pensa, poi scrive, chiude la lettera e te la invia. Dieci giorni dopo hai la tua risposta. Ci vuole tempo. Oggi, stesso problema, stesso uomo. Gli mandi un’e-mail che scrivi molto più velocemente. Lui la riceve subito e risponde in tempo reale. Terza situazione: stesso uomo, stesso problema, ma gli mandi un WhatsApp. Un testo cortissimo mandato in tempi brevissimi. Hai lo stesso problema, lo stesso uomo, gli stessi sentimenti, ma il modo in cui comunichi sarà completamente diverso. La lettera verrà davvero dal tuo cuore ed è frutto di un processo che continua anche dopo che l’hai scritta perché, anche dopo averla inviata, penserai che forse non avresti dovuto dire quella cosa, non in quel modo; ti chiedi se l’ha ricevuta, come reagirà quando la riceverà. E continuerai a pensarci per giorni. Ecco, l’analogico è come scrivere lettere».

Vincent Peters
Scarlett Johansson, NY
2017 © “VINCENT PETERS. TIMELESS TIME”
90×110 cm

Come seleziona le sue foto? È una scelta razionale o sentimentale?

«È una scelta molto emotiva e sentimentale, in ogni particolare. Non c’è una logica pregressa o un progetto. Uno scatto è come un figlio che devi lasciar andare. Ma anche tu devi lasciarti andare quando lo scegli».

Vincent Peters
Monica Bellucci, Biarritz
2006
90×110 cm © “VINCENT PETERS. TIMELESS TIME”

 

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