-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
“il poeta non capisce tutto
ma essendo consapevole di sé sa abbastanza per dire
la scissione è un meccanismo di difesa contro
l’amore e le sue assenze”
[…] M.J. Chan, Flèche, Londra, Faber&Faber, 2019
Una serie inedita di lavori, MI AMA MI, si inserisce nel programma espositivo di LAMB, lo spazio gestito da Leo De Luca, una realtà innovativa che si dedica a giovani artisti alla ricerca di un luogo dove crescere e portare avanti le proprie sfide.
“Un luogo non luogo”, uno spazio fluido e libero da vincoli in cui si sviluppa un confronto diretto con gli artisti, che vengono seguiti passo dopo passo durante la propria evoluzione. L’obiettivo? Quello di mettere delle basi, di portare l’arte fuori dagli spazi canonici, creando una rete di contatti che possa essere un trampolino di lancio per gli artisti che ci collaboreranno. Il fine sarà quello di lavorare ad un nuovo collezionismo, più accessibile e democratico, per tutti, come si vede dal tipo di opere proposte.
La personale di Montinaro condivide a pieno i valori dello spazio, presentando un allestimento semplice ma di forte impatto, in cui tutti i sensi sono coinvolti. Intervenendo su lapidi di marmo preesistenti, le incide, le separa, isola sillabe, parole, che vengono successivamente ri assemblate, sovrapposte e formano frasi o richieste. Sono delle dichiarazioni a sé, l’artista lo esplicita ponendo una sua foto al centro dello spazio, ponendosi nel mezzo, tra l’essere il destinatario delle parole e il loro evocatore. Il visitatore, si trova a camminare su frammenti, non quelli del marmo lavorato dall’artista, ma quelli di specchi rotti, che scricchiolano ad ogni passo e si uniscono al suono della composizione musicale realizzata da Cristiano Viola a partire dall’Adagietto della Sinfonia n°5 di Gustav Malher. Ognuno di questi elementi è indispensabile all’altro, in una discussione in cui riusciamo a comprendere solo alcune parole ma di cui si coglie il senso, a pieno.
«A me
Si scrive quello di cui non si vuole vada persa l’irriverenza del pensiero quando appare, e l’instabilità delle impressioni. Se nei diari si fissa ciò che è personale, i diari – quando letti – lo restituiscono come dichiarazione universale.
Chi scrive e si rilegge, può essere sorpresi dell’entità dei suoi pensieri. Di come pulsioni, pensierini, le cose da dire, siano diventate altro. Banalità o aforismi, previsioni o memorie.»
Francesca Brugola
Si entra nel mezzo di una conversazione tra sé e sé, in cui ci si sente in alcuni momenti colpevoli, in altri con un profondo senso di devozione, nell’osservare i pezzi di lapidi in marmo esposti, in un cambiamento di significato da una dimensione personale ad una universale, quella che traspare dalle scritte che si compongono sotto i nostri occhi «che ammettono uno spazio per l’incontro tra me e me, e poi tra tu ed io. Si tratta di stare con un’individualità esposta. Rivalutare i confini tra appropriarsi ed identificarsi, tra guardarsi dentro e voyeurismo.»
Viene messa in scena nei lavori di Montinaro la ‘difficoltà dell’essere’, con se ma anche con il mondo, un dualismo che porta a vivere in un continuo dubbio «Sapersi è rivelare ma anche riconoscersi in un continuo dubbio. Tu ci sei, ma questo esserci è sempre messo in discussione, da te, dallɜ altrɜ, dalle cose. E se il possibile, inevitabile conflitto lo vivi male, perché questo peso tra il voler esserci e la capacità di farcela è troppo pesante, allora resti scopertə.»
Una conversazione con interferenze, ci sfugge qualcosa in questa conversazione tra il sé e il sé, qual è il senso della mostra?
MI AMA MI nasce da un dialogo con se stessi. Una grande dedica d’amore al se che non ha né un punto di partenza né un punto finale. Mittente e destinatario sono la stessa persona, lo specchio coinvolge ed estranea allo stesso tempo. Il fulcro della mostra è un autoritratto, una piccola fotoceramica che mi ritrae nell’atto di specchiarmi in una distesa d’acqua. Il mio volto è assente così come il mio riflesso. C’è solo l’azione narcisistica e mortale del guardarsi.
Penso a questa mostra come una sorta di dichiarazione di esistenza, sempre tenendo conto del fatto che in potenza già non esisto più.
La difficoltà d’essere, come la traduci nelle tue opere?
Citi un libro che mi è molto caro. Non credo di cercare di tradurre qualcosa in quello che faccio. Penso però che la difficoltà d’essere rappresenti la sfida di uscire “vivi” da questa strana vita. Per vivi probabilmente intendo consapevoli della propria esistenza fragile. Consapevoli del fatto che questo vivere, sempre così incerto, non sia un mistero da portare a termine ma piuttosto un processo da sperimentare senza porsi e senza farsi porre dei limiti.
Che ruolo ha il tema della morte?
La morte è l’ombra che ci insegue dalla nascita. Quando cala il giorno e arriva il buio, è lì che nasce l’opera d’arte. Nell’oscurità che azzera tutte le ombre e ci rende un tutt’uno con esse. Dopo, bisogna portare il tutto alla luce ed è lì che l’ombra ritorna come un vecchio rimorso. Per andare incontro alla luce devi sempre fare i conti con l’ombra che ti lasci alle spalle. Emergere e avvicinarsi al chiarore implica accettare la propria ombra e avanzare insieme a lei verso il chiarore del mattino. La morte è quel cammino.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho parecchie cose in ballo per questo e per il prossimo anno ma non sono un amante degli spoiler. Mi è stato da poco commissionato un monumento ambientale e permanente per la Cittadella degli Archivi a Milano. È un progetto che mi ha coinvolto completamente e mi emoziona ogni giorno di più, a breve capirete il perché. Un altro progetto che probabilmente è più un intento, è quello di dedicarmi sempre di più alle persone che comprendono e apprezzano il mio lavoro. A tal proposito desidero ringraziare di cuore Francesca Brugola, Cristiano Viola e Matteo Attruia, per aver collaborato alla (spero buona) riuscita di questa mostra.