A Pistoia, alla Galleria ME Vannucci, la personale di Michelangelo Consani (1971, Livorno) “Attraversò il campo di patate senza farsi alcun male”, a cura di Pier Luigi Tazzi.
L’artista, ha spiegato la galleria, «interviene negli spazi interni ed esterni della galleria, con una mostra in linea con le riflessioni che da sempre fanno parte della sua poetica e del suo percorso. Tutte le opere (in parte realizzate appositamente per l’occasione) formano un’unica opera totale, che si compone di immagini, suoni, sculture, installazioni, parole. Ogni stanza della galleria è contraddistinta da un titolo che riprende quello di un film (la sala principale, ad esempio, con “Una pura formalità”, prende in prestito il titolo dall’omonima pellicola di Giuseppe Tornatore del 1994). Le opere realizzate per ciascuna stanza – escluse alcune che invece sono state realizzate in anni precedenti – traggono il titolo dalla stanza stessa».
I lavori in mostra e nelle modalità espositive contengono, inoltre, molteplici legami con il Giappone, che Consani ha sviluppato attraverso un particolare e assiduo legame con le terra e le culture nipponiche, che ci ha raccontato nell’intervista.
Tra le anticipazioni, oltre a mostra in Cina, al prestigioso Sichuan Fine Arts Institute (SFAI), l’inaugurazione, a settembre, del nuovo spazio di Consani ie a San Gimignano, il suo studio, che si trasformerà in uno spazio alternativo e conviviale.
«Il titolo della mostra non ha nessun riferimento preciso e può essere visto come una forma di anti-sillogismo. “Attraversò il campo di patate senza farsi alcun male” è semplicemente un haiku “della scuola del verso libero”. Proprio come in un haiku il titolo fissa un momento, uno stato d’animo e ci racconta ciò che sta accadendo in questo luogo, in questo preciso momento.
Il titolo non è didascalico non ha nessuna funzione descrittiva dell’opera, non l’accompagna.
A questo proposito mi viene in mente, come posizione contraria alla mia, questa poesia a completamento dell’opera Il sogno di Henri Rousseau:
“Yadwigha in un bel sogno
dolcemente addormentata
sentì il suon di cornamusa
d’un incantator cortese.
Mentre la luna riflette
sui fiumi [o fiori] i verdi alberi,
serpenti l’orecchio prestan
alle liete melodie.”
La poesia funge da sottotitolo, ha una funzione didascalica seguendo uno schema tipico della cultura occidentale, da me invece completamente negato nel titolo della mia mostra».
«In realtà non esiste un filo conduttore che unisce i vari lavori, si tratta infatti di un’unica “visione”, costituita da immagini, suoni, sculture, installazioni. Il concetto di centralità non mi rappresenta. Il progetto ha uno schema libero, è anarchico come i colori della scultura nella prima sala (rosso e nero)».
«Il cinema per me è una vera e propria passione, non potrei farne a meno. Sulla musica sono meno preparato, amo molto il jazz ma ultimamente lo ascolto poco.
È chiaro che essendo un vorace consumatore di cinema, in alcuni dei miei lavori ci sono dei riferimenti cinematografici. Anche in questo caso, per questo progetto».
«Sono stato invitato da Pier Luigi Tazzi, Jochen Volz, Masahiko Haito, Hinako Kasagi alla Triennale di Aichi a Nagoya nel 2010. In quell’occasione ho avuto i miei primi rapporti con il Giappone.
Sempre durante la Triennale di Aichi ho incontrato Junko Shimada direttrice della Side 2 Gallery di Tokyo che è diventata la mia galleria in Oriente.
Credo di avere una sensibilità nipponica, alcuni lavori sono molto vicini al linguaggio dell’arte orientale anche se mantengono una componente occidentale, di un occidente minore e defilato rispetto a una centralità dominante».
«Covid permettendo, dovrei fare due progetti in Giappone, a Tokyo, spero per la fine dell’anno. Insieme a Pier Luigi Tazzi stiamo programmando ormai da un anno, una mostra in Cina commissionata dal Sichuan Fine Arts Institute (SFAI) per celebrare cinquant’anni d’amicizia fra Italia e Cina.
Inoltre a settembre aprirò il mio nuovo spazio ie a San Gimignano. ie è il mio studio, un palazzotto del 1100 su tre livelli nel centro storico. ie si pone come uno spazio alternativo, intimo, conviviale. ie in giapponese significa casa e, oltre ad essere il mio studio, ospiterà eventi relazioni flussi positivi di umanità.
Il primo evento si svolgerà a settembre, in data ancora da definire, e sarà una doppia personale: io e Davide Rivalta».
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