25 settembre 2020

Vincenzo D’Argenio, Deflagrazione, Senape Vivaio Urbano

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Dal maxi tamponamento sull'A14 a un incontro all'ombra di un acero, macro e micro storie si incontrano per "Deflagrazione", la mostra di Vincenzo D'Argenio a Bologna

Quella di V. e di C. è una storia che si intreccia con la storia di una giornata qualunque di mezza estate. Eppure quel giorno di agosto era destinato di lì a poco a diventare speciale nella loro memoria e terribile per quella di un’intera città. V. e C. si conoscono da poco e si danno appuntamento all’ombra di un albero, un acero campestre, in attesa di quel primo bacio che li avrebbe uniti felicemente. Ed è proprio in quel momento che, per uno strano gioco del destino, una coltre di fumo squarcia il cielo e si rivela ai due giovani innamorati.  Era il 06 agosto 2018. Il fumo era quello di una serie di violente esplosioni scatenate da un tamponamento a catena che sul Raccordo di Casalecchio dell’A14, all’ingresso di Bologna, ha visto coinvolta anche un’autocisterna carica di GPL. Quel tremendo boato e il fumo nero che invase il cielo sul capoluogo emiliano restano impressi nella memoria di tutti quelli che quel giorno si trovavano a passare per quei luoghi. Micro e macro, collettivo e personale: sono queste le dicotomie su cui si regge la ricerca di Vincenzo D’Argenio, artista di origini campane, che presenta negli spazi di Senape Vivaio Urbano, a Bologna, la personale dal titolo “Deflagrazione” a cura di Maria Chiara Wang, che inaugura venerdì 25 settembre.

Il progetto di D’Argenio è quello di dare vita a un’installazione diffusa che vuole raccontare un momento che in lui ha generato uno stato d’animo contrastante. «Due le icone che fungono da filo conduttore tra gli episodi di questa narrazione, il fuoco e l’acero, complementari in un dualismo indissolubile. Il primo, richiamandosi alla concezione stoico-eraclitea, rappresenta lo spirito vitale del mondo, il principio attivo da cui tutto deriva e a cui tutto ciclicamente ritorna mediante una conflagrazione universale (o ecpiròsi); l’acero, invece, nel solco della cultura giapponese, simboleggia gli amanti, il rinnovamento, la rinascita», scrive Wang nel testo che accompagna la mostra.

La parte intima del racconto la troviamo evocata dall’installazione a parete, un collage di 50 scansioni su carta fine art che riproduce il telo a fiori su cui D’Argenio si trovava al momento dell’esplosione. L’atmosfera romantica è rincalzata dalla presenza di un prato sintetico sul pavimento e dalla riproduzione delle sonorità del parco, registrate e riprodotte dall’artista su un apposito vinile.

La parte della memoria collettiva di quel tragico giorno è invece restituita in un video che assembla le diverse documentazioni pubblicate, riproponendo anche in quest’azione la dualità Io – Altro che regge tutto il uso lavoro. Il video mescola immagini pubbliche ai ricordi privati di chi, in quel momento, stava riprendendo la scena. Le cinquantacinque piante di miglio essiccate che accolgono il video, sono omaggio toccante al quartiere più di tutti colpito da quel tragico incidente, Borgo Panigale, ricordando l’etimologia del suo nome che deve la sua origine proprio alla presenza diffusa dell’antico cerale anche conosciuto come panico.

Con “Deflagrazione”, Vincenzo D’Argenio ci offre l’occasione di essere spettatori e testimoni di un avvenimento unico, di una strana coincidenza, ironica e tragica, eros e tanhatos, e che in sé accoglie il senso stesso della vita, la sua imprevedibilità e il suo dramma affrontato con lo sguardo attento e delicato dell’arte.

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