-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Milano celebra Maria Callas a cento anni dalla sua nascita
Mostre
Maria Callas (New York 1923 – Parigi 1977): donna, diva, mito, icona, leggenda, artista, soprano. Una grande responsabilità indagare e raccontare un personaggio per l’evidente difficoltà di cogliere a posteriori le sue molteplici e infinite sfaccettature e sofferenze. In genere il ricorrere di anniversari offre l’occasione di celebrare un personaggio o un evento attraverso intriganti approfondimenti. Il 2 dicembre 2023 – data in cui l’artista avrebbe compiuto 100 anni – ha offerto tale opportunità colta al volo non solo in Italia, ma anche in tante altre parti del mondo con numerose iniziative, tutte utili a fare ulteriore luce su questo iconico personaggio che ancor oggi entusiasma. Tra l’altro in Grecia, a fine ottobre 2023, è stato inaugurato ad Atene il Museo Callas, il primo al mondo a lei dedicato. Posto al centro della città, vicino alla Cattedrale e con una magnifica vista sull’Acropoli, è ospitato in un edificio neoclassico degli anni ’20 del Novecento. Al momento presenta 1300 pezzi (con donazioni anche dalla Scala, dalla Fenice e dall’Arena di Verona) ed è destinato a svilupparsi ulteriormente.
La vita di Maria Callas
Molto è stato fatto in Italia: a Milano si privilegiano due esposizioni eccellenti per la loro qualità intrinseca e per i luoghi – tra l’altro così contigui da non richiedere che pochi passi per visitarli entrambi visto che le mostre si integrano – di altissimo valore: le Gallerie d’Italia (braccio culturale di Intesa Sanpaolo) che disvelano il lato privato di Maria Callas al vertice della carriera e la Scala – i cui ineguagliabili preziosità e prestigio sono noti in ogni angolo dell’Orbe – che ne ricorda l’aspetto pubblico offrendo fantasmagoriche rivisitazioni di questa incancellabile leggenda. Una vita difficile e sofferta con poco amore, molte imposizioni e costrizioni in un ambiente familiare tempestoso quella di Maria Callas (nome d’arte di Maria Anna Cecilia Sofia Kalos, Kalogheropoulos il cognome del padre), che nasce a New York, terzogenita di una coppia di greci non bene assortiti come sensibilità, caratteri, formazione, comportamenti, ambizioni e fedeltà anche se accomunati da studi in farmacia. Già in attesa di Maria, la famiglia si trasferisce in America da Atene anche per superare il profondo dolore della madre per la scomparsa del secondogenito ancora bambino tanto da rifiutare per alcuni giorni la neonata colpevole di non essere il sospirato maschietto. L’abbreviazione del cognome in Kalos (‘Bello’ in italiano) compiuta dal padre appena giunto in America non si rivelerà un nomen omen per la sopravvivenza della famiglia turbata da incomprensioni e discordie. Dopo un incidente stradale costato 22 giorni di coma, la piccola Maria e la sorella maggiore trovano un po’ di consolazione nella musica (canto, suono della pianola e ascolto di opere). La madre comunque coglie il talento di Maria. Nel ‘37 torna a vivere ad Atene con le figlie lasciando il marito e incoraggia la giovane a studiare al Conservatorio: dotata di indomita volontà e tenacia, Maria non ha un’infanzia e una giovinezza normali.
La guerra pone le tre donne in enorme difficoltà esistenziali costrette per sopravvivere, anche perché il padre si “dimentica” di loro, a fare scelte difficili, tuttavia Maria approfondisce la musica e, oltre al greco, inglese, italiano, spagnolo e francese, studia il tedesco. Dopo la guerra, il padre la chiama a New York, ma la giovane non riesce a emergere, anzi accumula errori divenendo anche vittima di raggiri. Si tratta di un mondo, come molti altri, in cui ancora oggi non è sufficiente essere bravi e Maria qualità ne ha, ma ha bisogno di affinarle, inoltre è piuttosto robusta e non raffinata nei modi e nel mondo dello spettacolo l’immagine è tutt’altro che un particolare. Finalmente nel 1949 approda in Italia (come consigliato da molti), patria del bel canto, e conosce il direttore d’orchestra Tullio Serafin, suo importante mentore musicale, e Giovanni Battista Meneghini, anziano industriale amante della lirica, che la sposa nel 1950 e diviene suo agente, innamorato anche del denaro e autore di contratti capestro verso la moglie.
Un’indomita determinazione e una ferrea volontà trasformano Maria da goffa e informe crisalide in splendida farfalla: persi 28 chili, educata la voce tanto da ricevere alcune accuse di virtuosismo, acquisiti comportamenti raffinati e abile nel coniugare in modo splendido canto e recitazione, viene vestita dalla notissima sarta Biki che finalmente la accetta così come fa Antonio Ghiringhelli, sovrintendente della Scala, superando le ultime reticenze. Naturalizzata italiana, trasformata in icona e appoggiata tra l’altro dalla giornalista statunitense Elsa Maxwell – feroce regina del pettegolezzo, organizzatrice di feste straordinarie e innamorata non corrisposta di Maria malgrado l’abbia stroncata dopo un memorabile successo al Metropolitan di New York – vive un periodo d’oro anche con le case discografiche. Dal 1952 al 1954 interpreta sette opere: progressivamente il trionfo aumenterà trasformandola in mitico personaggio e circondandola di una fama che non decresce neanche quando manifesta problematiche nella voce che oggi alcuni studiosi attribuiscono a una patologia specifica. Tramite la Maxwell conosce l’armatore Aristotele Onassis e le pare di toccare il cielo con un dito. Ritenendo di avere trovato in un greco patria, padre e famiglia, rinuncia alle nazionalità statunitense e italiana per quella ellenica e si separa dal marito. Invece è l’inizio del suo declino non solo perché Onassis non ama la lirica, ma soprattutto per il problema della voce di cui è consapevole: essendo una vera professionista, precisa e puntigliosa diminuisce radicalmente l’attività. Onassis si rivela un cinico egoista dall’arrogante superficialità: dopo continui tradimenti e dileggi, si risposa all’improvviso con Jackie Kennedy, esponente del jet-set, più utile per i suoi interessi economici.
La depressione si impadronisce di questa donna assetata di famiglia e di amore vero, né migliorerà la situazione l’essersi innamorata di Pasolini, notoriamente omosessuale, che nel 1969 la dirige in Medea, film apprezzato dalla critica cui però non arride successo di pubblico… non è un film commerciale! Dopo una tournée tra il 1973 e il 1974 con Giuseppe Di Stefano organizzata per motivi umanitari e conclusasi con un pasticcio umano, si rinchiude nella casa di Parigi dove arrivano come gocce di veleno le notizie della scomparsa delle persone più care e dove si spegne nel 1977. I suoi beni saranno oggetto di furti e contese tra eredi veri e presunti in una meschina gara che vedrà scomparire protagonisti, famiglie e loro discendenti coperti dalla polvere del tempo. Maria Callas non è mai stata felice, ma aveva ragione il poeta e critico Montale: “Quando non canterà più, lascerà dietro di sé una leggenda”.
La mostra di Maria Callas alle Gallerie d’Italia
Si è raccontata la sua vita per indurre i visitatori alle due mostre, patrocinate dal Comune di Milano, non solo ad ammirare, ma anche a leggere e comprendere per prima cosa ciascuna delle 91 fotografie della mostra Maria Callas. Ritratti dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo organizzata fino al 18 febbraio 2024 dalle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala. L’appassionato curatore Aldo Grasso ha compiuto un certosino lavoro di analisi delle oltre 1500 (tra negativi e stampe vintage, cioè realizzate dall’autore e contemporanee allo scatto) foto di Maria Callas trascegliendo con estrema cura quelle (alcune mai esposte o inedite) relative al periodo dal 1954 al 1970 in cui l’artista appare nel suo quotidiano. Per inciso l’Archivio Publifoto è una vera miniera di scatti: più di sette milioni realizzati dell’Agenzia fotogiornalistica fondata da Vincenzo Carrese nel 1937 e divenuta la più importante tra le private. La dispersione di tale tesoro è stata evitata grazie a Banca Intesa Sanpaolo che lo ha acquistato nel 2015 e ora è conservato e gestito dall’Archivio storico a Torino presso le Gallerie d’Italia.
Ecco la nostra protagonista che nel 1954, la sera della Prima de La Vestale di Gaspare Spontini, riceve un omaggio floreale da un vivace personaggio della cultura dell’epoca: Valentino Bompiani (anche sensibile scrittore e drammaturgo), editore aperto verso la letteratura d’Oltralpe, creatore di un Dizionario letterario e un Dizionario degli Autori e scopritore di Moravia, Vittorini ed Eco. Il fotografo Franco Giglio coglie un momento in cui la Callas – alla cui sinistra siede il regista Luchino Visconti, il marito a capotavola e alla sinistra di questo Antonio Ghiringhelli – sembra sfuggire al controllo di un Meneghini che pare quasi un “padre-padrone”. Sempre Giglio cattura nel maggio 1957 al Ristorante Savini la Callas che osserva con sguardo tra lo stupito e il sorpreso le smancerie della Maxwell mentre il marito guarda quasi indifferente spettatore la scena e Ghiringhelli pensa a soddisfare le papille gustative.
Nel settembre 1957, Franco Gremignani sorprende l’artista prima al ricevimento predisposto a Venezia in suo onore dalla Maxwell che per quanto uno “scorfano” qui ha l’aria simpatica… ma si sa che il suo scopo è anche compiacere Onassis che non ama per niente la lirica e tuttavia vuole “conoscere” la festeggiata… e ancora la ritrae soddisfatta in spiaggia con alle spalle il marito guardiano vestito di tutto punto e non così a suo agio…
Momenti apparentemente di giubilo e altri di difficoltà testimoniate dal servizio fotografico di Nicola Giordano e Silvano Lucca che in occasione del putiferio – con cause, problemi gravi con la Scala e altri – suscitato per l’interruzione il 2 gennaio 1958 dopo il primo atto della Prima della Norma al Teatro dell’Opera di Roma in presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (che l’anno precedente le ha conferito il titolo di Commendatore della Repubblica suscitando invidie e gelosie nei confronti di una straniera ora considerata ingiustamente bizzosa e capricciosa…) testimoniano con tale servizio come la folla abbia creduto alle problematiche della Callas e la accolga numerosa e osannante al rientro alla Stazione Centrale di Milano. Come si può pensare che un’artista fanaticamente precisa nella propria professione e con una dedizione assoluta al lavoro tanto da arrivare per prima in sala prove e abbandonarla per ultima abbia interrotto una rappresentazione se non per problemi di voce?
Numerosi gli scatti in cui la Callas compare come protagonista nella famosa villa costruita in via Buonarroti 40 (vicinissima alla Casa di Riposo per Musicisti Giuseppe Verdi) e oggi abbattuta per costruirvi un palazzo dell’odierna CityLife: dalle foto del 1957 di Paolo Gremignani con la coppia Meneghini in posa davanti all’abitazione o in salotto, oppure come la ritrae più volte Angelo Novi mentre indossa con elegante stile abiti dell’atelier di Biki in alcuni angoli della dimora. Franco Gremignani la coglie anche presso la celebre stilista e nel 1960 immortala Onassis che balla con la Callas durante il veglione di fine anno presso l’Hotel de Paris a Montecarlo. Inseguita dai fotografi in ogni dove: in tribunale dove si discute la separazione dal marito, sul megayacht Christina di Onassis… la Callas è la prima cantante lirica a essere vittima di un’assillante esposizione mediatica, oggi fin troppo di moda. La mostra si conclude con il servizio di Eugenio Pavone e Tino Petrella sulla Callas spettatrice insieme a Wally Toscanini all’inaugurazione il 7 dicembre 1970 della Stagione Lirica della Scala con I vespri siciliani di Giuseppe Verdi. Testimonianze di un anelito alla vita e alla perfezione non riscaldata dall’amore, un fiume di energie reso eterno dal mito.
Maria Callas e gli artisti contemporanei alla Scala
Pochi passi ed eccoci alla Scala, il tempio della musica più famoso al mondo dove il 2 dicembre 2023 si è celebrato un coinvolgente Callas day – omaggio alla Callas profondamente legata a questo teatro per avervi interpretato dal 1950 al 1961 23 titoli d’opera in 28 spettacoli tra cui 6 inaugurazioni di stagione – con la presentazione di due splendide monografie e la proiezione del film documentario MYCALLAS in cui parecchie persone che a titolo diverso l’hanno conosciuta e frequentata dentro e fuori la scena ne ricordano le diverse sfaccettature.
Inoltre fino al 30 aprile 2024, nel Museo del Teatro alla Scala, si può sognare con gli organizzatori della Mostra Fantasmagoria Callas nella quale attraverso cinque sale è evidenziata l’influenza dell’artista su arte, letteratura e cinema. Un’esposizione raffinata, intensa e seducente – non di carattere storico – con la curatela di Francesco Stocchi che considerando l’eternità del mito Callas ha chiesto a cinque personaggi di rilievo del mondo della cultura di oggi di rileggerla ed evocarla ciascuno con le proprie competenze e sentire. Il musicista e compositore Alvin Curran (Providence, Usa, 1938) focalizza il suo lavoro sulla voce della divina come fulcro della sua complessa personalità. La giovane artista Latifa Echakch (El Khnansa/Marocco, 1974) nella sua installazione mette in luce l’aspetto scenico della soprano facendo apparire al di là di una cortina di perle bianche e rosse (metafora di lacrime e sangue) la sagoma della Callas tra fragilità e bellezza.
Il regista Mario Martone puntualizza l’effetto che – durante l’incontro del 1956 a Milano in occasione di una prova della Traviata – la forte personalità (e non l’aspetto da diva) della soprano esercita sulla scrittrice e poetessa austriaca Ingeborg Bachmann (interpretata dall’attrice Sonia Bergamasco). L’artista Francesco Vezzoli (Brescia, 1971), novello Warhol, inquadra stampandolo a laser su tela per sessantatré volte il viso della Callas e in ogni fotogramma aggiunge un ricamo metallico azzurro che rimanda al trucco a significare la capacità del suo viso di adattarsi a quelli dei diversi ruoli interpretati. Da ultimo lo stilista Giorgio Armani (Piacenza, 1034) trasforma la voce della Callas in un intrigante ed estremamente affascinante abito da sera rosso magenta che diviene il seducente corpo della soprano. Cinque incantevoli interpretazioni che formano una fantasmagoria caleidoscopica: questa trova la sua unità nell’allestimento della bravissima scenografa Margherita Palli, capace di tramettere all’immaginario collettivo un’impronta indelebile da rivisitare secondo la sensibilità di ciascun visitatore che a sua volta creerà il proprio mito della Callas. All’inizio di questo onirico percorso, si può ammirare una selezione di costumi indossati dalla soprano: conservati presso l’Archivio storico del Teatro alla Scala, testimoniano l’influenza esercitata dalla sua raffinata eleganza sulle arti come a esempio il costume dipinto da Salvatore Fiume per Medea nel 1953. Utili per approfondimenti sia il documentario che illustra il processo produttivo della mostra, sia il libro relativo delle Edizioni del Teatro alla Scala.