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‘Mirages’: Jenna Gribbon alla Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Mostre
di Silvia Conta
A Reggio Emilia la Collezione Maramotti è uno scrigno che offre ai visitatori l’occasione di esplorare dimensioni sempre nuove. Diretta da Sara Piccinini, l’istituzione privata ha nella propria identità l’esplorazione e l’offerta al pubblico di nuove prospettive e nuove lettura dell’arte contemporanea. Lo fa con la collezione permanente riallestita nel 2019, e in questi mesi, con la personale dell’artista britannica Emma Talbot “The Age / L’Età” (fino al 18 febbraio. Ne avevamo parlato qui), che conclude la residenza legata all’ottava edizione (2020-2022) del biennale Max Mara Art Prize for Women realizzato in collaborazione con la Whitechapel di Londra (qui potete trovare le finaliste della nona edizione). Nella stessa dimensione esplorativa si colloca “Mirages”, la prima personale in un’istituzione europea di Jenna Gribbon (Knoxville, US, 1978), artista statunitense che vive e lavora a Brooklyn. La mostra presenta un inedito corpus di dieci opere pittoriche specificamente pensate per la Pattern Room della Collezione e in cui ritrae la propria compagna, la musicista Mackenzie Scott (TORRES).
«I dipinti figurativi di Gribbon – ha spiegato la Collezione – traggono ispirazione da memorie personali, dalla storia dell’arte e dall’esperienza quotidiana, combinando fluidamente stili differenti all’interno di una stessa tela. Rielaborando fotografie scattate con il suo smartphone per “catturare idee”, l’artista dà forma a ritratti e scenari dal taglio cinematografico, sospesi tra realtà, finzione e immaginazione. Portatrici di una visione peculiare su un universo femminile in cui bellezza e piacere agiscono come dispositivi politici per scardinare i tradizionali schemi patriarcali ed eterosessuali, le sue opere pongono l’osservatore all’interno di complesse relazioni di sguardo, in cui si è coinvolti in quanto soggetti attivi».
Le opere germinano una dall’altra nel doppio processo che innesca la Gribbon nell’”affermare” le immagini e, insieme, l’essenza del soggetto ritratto. Le pennellate evidenti contribuiscono a creare un effetto di triangolazione tra il soggetto dipinto, l’osservatore e il lavoro dell’artista: tre ruoli distinti, essenziali uno all’altro, ma che insieme contribuiscono un’esplorazione della realtà.
Nelle proprie opere Gribbon, infatti, «spesso raffigura persone a lei vicine: gli amici, il figlio, la compagna, i colleghi artisti. I suoi dipinti catturano le complessità e le dinamiche all’interno di queste relazioni, affrontando le implicazioni insite nel vedere e nell’essere visti», ha proseguito l’istituzione. In questo assumono un ruolo determinante le grandi pennellate che si rincorrono sulle tele: benché descrittive, definite e precise, “rivendicano” un ruolo di mediazione tra ciò che l’artista vede e riporta, lungi dall’essere “fotografiche”, “invisibili” e vicine un mimetismo virtuoso, sottolineano, invece, il fatto di essere espressione di un punto di vista che ne interroga un altro. Allo stesso tempo l’artista prova a indagare il soggetto ritratto, ma “evidenziando” di non poterlo “fissare” completamente, lasciandolo libero nel suo mistero e nell’impossibilità di catturalo in modo definitivo: «l’osservatore – ha ricordato la Collezione – condivide il punto di vista dell’artista nelle scene rappresentate ed è incoraggiato a esplorare le relazioni interne all’opera, tra l’artista e il soggetto, così come i rapporti oltre la tela, tra partner, familiari o amici. L’intimità e l’empatia di queste relazioni sono assorbite nel gesto e nel linguaggio pittorico utilizzati dall’artista per rappresentarle».