Dal 1 aprile al 18 giugno 2023, Il Castello Gamba di Châtillon, in provincia di Aosta, ospita la mostra “Mon cher Abbé Bionaz!” Mario Cresci un fotografo per la Valle d’Aosta, a cura di Luca Fiore.
Il Museo d’arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta, ospitato nel Castello Gamba di Châtillon, custodisce un’importante collezione, divisa tra la produzione pittorica valdostana degli ultimi due secoli e la raccolta di alcune importanti opere di artisti nazionali e internazionali del Novecento.
Mario Cresci (Chiavari, 1942) è uno dei maestri della fotografia italiana, noto per la sua sperimentazione nel linguaggio fotografico. Per questa occasione ha immaginato una mostra dal tono irriverente, un omaggio alla naturale bellezza della Valle d’Aosta, dimostrando ancora una volta di essere un esempio di stile.
Il percorso espositivo parte dalla collezione permanente, iniziando con un dialogo tra il dipinto Saint-Nicolas di Felice Casorati (Novara, 1883 – Torino, 1963), una fotografia di Émile Bionaz (1862-1930), scrittore, escursionista e fotografo della valle, oltre che parocco di Saint-Nicolas, e una fotografia di Mario Cresci, con lo stesso soggetto. Il primo capitolo della mostra è una selezione di 16 fotografie scattate nel 1990 da Cresci per il progetto Viaggio fotografico all’interno della Valle d’Aosta, dedicato al mondo rurale della regione. Il progetto completo, composto da quasi un centinaio di scatti, è conservato nelle collezioni regionali, custodite al Castello Gamba.
Il fotografo ligure documenta la tradizione rurale del luogo immortalando soprattutto gli oggetti e le forme insolite. Il suo è un vero e proprio progetto di ricerca che prosegue l’attività iniziata negli anni trascorsi nel sud Italia, concentrandosi sulle «espressioni materiali» – come scrive il curatore Luca Fiore – caratteristiche del folklore.
Il secondo capitolo della mostra cambia registro, è la rielaborazione artistica di venti scatti fotografati all’epoca da don Émile Bionaz, appartenenti al fondo fotografico regionale. Cresci, affascinato dalle immagini dell’abate, modifica le fotografie digitalizzate e, giocando con alcuni dei dettagli più significativi, crea delle nuove composizioni fotografiche, con un linguaggio contemporaneo e umoristico.
Nell’ultima parte della mostra le opere di Mario Cresci diventano un vero e proprio studio minimale di quegli oggetti e di quelle figure iconiche che appartengono alla tradizione, convertendoli in loghi vettoriali che ricordano il mondo di oggi, invaso dalla pubblicità.
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