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Mostre di arte contemporanea nel cantiere dell’Ex Convento Sant’Orsola di Firenze: diventerà un museo nel 2026
Mostre
Tra le mura dell’Ex Convento Sant’Orsola, cinte da impalcature e ponteggi, gli spazi pulsano di vita. In attesa dell’apertura ufficiale prevista per il 2026, Museo Sant’Orsola ospita una serie di mostre che invade gli spazi del cantiere, invitando artiste e artisti a portare il loro sguardo sulla storia plurisecolare di questo luogo, custode delle tracce delle numerose funzioni che ha avuto e delle vite che lo hanno attraversato.
Ma qual è la sua storia? Fondato nel 1309 come monastero benedettino, passò nel 1435 alle francescane e dal 1542 accoglie la tomba di Lisa Gherardini, presunta modella della Gioconda. Soppresso da Napoleone nel 1810, l’Ex Convento, prima convertito in Manifattura Tabacchi (1818-1940), poi in centro di raccolta profughi e sfollati (1945-68), fu infine assegnato negli anni ’80 alla Guardia di Finanza per essere trasformato in caserma. Il progetto, tuttavia, rimase incompiuto e l’edificio abbandonato. Nel 2021 il gruppo francese ARTEA viene selezionato dalla Città Metropolitana di Firenze per riabilitare il sito di Sant’Orsola con la firma di un contratto di concessione che gli garantisce l’uso del sito per 50 anni. Il complesso di 17.000 metri quadrati ospiterà diversi servizi, rivolti a soddisfare le esigenze della collettività.
Qui si situerà il Museo Sant’Orsola, che avrà una duplice missione: valorizzare la memoria storica del luogo e promuovere l’arte contemporanea, con l’obiettivo di creare un nuovo patrimonio culturale che rispecchi il nostro tempo e le sue sfide. Nel frattempo, i lavori di ristrutturazione procedono e, come un corpo sottoposto ad un minuzioso intervento chirurgico, la pelle del Sant’Orsola è temporaneamente scoperta, rivelando tutte le sue componenti interne. Le vene, l’ossatura, lo scheletro portante della struttura sono visibili e rendono gli ambienti crudi e polverosi. Morgane Lucquet Laforgue, curatrice e direttrice del museo, ha deciso di ospitare qui artiste e artisti, prima che gli spazi siano rinnovati e riconvertiti. Un’idea d’oltralpe che permette di entrare in contatto con una struttura aperta, al momento in stato di forte metamorfosi. La mostra Rivelazioni ruota attorno a quest’idea: rivelare il passato del luogo attraverso l’arte contemporanea. Un lavoro di ricerca e riscoperta che sfida la tradizionale avversione al cambiamento spesso associata alla gestione del patrimonio culturale.
Le due artiste invitate quest’anno, Juliette Minchin e Marta Roberti, hanno entrambe scelto come punto di partenza il passato femminile dell’Ex Convento, per rendere omaggio a tutte le donne che hanno vissuto a porte chiuse tra le mura di Sant’Orsola. Nello spazio dell’antica chiesa, di cui rimangono soltanto le fondamenta, Juliette Minchin offre una visione straordinaria con la sua installazione Souffle (Soffio), fino al 27 ottobre 2024. Sulle finestre laterali e sul fondo della sala, i leggeri drappeggi di cera modellati riproducono l’effetto di un tessuto, assumendo la forma di vele e tende mosse da refoli di vento. Il colore della cera sviluppato dall’artista è rosa pallido, che ha la memoria dell’incarnato. La qualità intima della cera – translucida, elastica come la pelle – e la ruvidità dello spazio traducono in maniera sapiente la complessità del progetto curatoriale. Questo luogo, frutto di una lunga stratificazione temporale, ha accolto nel corso degli anni numerose anime, le cui presenze sembrano ancora emergere dalle pareti e dagli scavi. Oggi il respiro rinnovato dell’Ex Convento sfiora con delicatezza i drappeggi in cera.
Nell’antica spezieria l’artista mette in atto una veglia. Ne La veillée aux racines, i pilastri delle volte sono cinti da pannelli in cera e acciaio: gli stoppini inseriti all’interno, una volta accesi, permettono alla fiamma di percorrere tutta la struttura, rendendo di fatto l’installazione effimera. La cera si scioglie, e la sala è pervasa da un intenso odore di fumo di candela. L’opera è viva e ricorda i rituali liturgici e le cerimonie che un tempo erano praticati in questi luoghi. I concetti di protezione e guarigione echeggiano con forza in questo ambiente, dove le monache preparavano rimedi per gli abitanti di Firenze. I profumi del fuoco, della cera e delle erbe officinali ora come allora avvolgono le stanze dell’ex spezieria.
Marta Roberti ha invece dedicato la sua attenzione ai luoghi di ritiro spirituale frequentati dalle monache, dove meditavano, riposavano e sognavano. Nella chiesa l’artista crea un nuovo ambiente di riflessione e contemplazione; i suoi disegni su carta sono disposti sulle pareti in continuità con l’unico frammento di affresco qui conservato. Le figure maschili dei santi sono trasformate in personaggi femminili attraverso la tecnica dell’autoritratto. Questi appaiono come delle dee primordiali mentre interagiscono con animali, talvolta feroci: i loro corpi sono contorti, assumono posture asana, proprie dello yoga, che solo una lunga pratica rende possibili. Lo spazio costretto delle celle monacali si espande improvvisamente nella chiesa, creando un ambiente chimerico: Marta Roberti immagina una religiosa che medita sul proprio destino e sogna un mondo dove i rapporti di forza siano invertiti e tutte le creature vivano legate da una fragile armonia. Anche qui il materiale utilizzato dall’artista è un medium concettuale: gli stessi fogli di carta su cui sono rappresentate queste figure sono talmente fragili che un solo respiro li farebbe tremare. E allora una riflessione sorge spontanea, e forse oggi più che mai trova tutta la sua legittimità: quanto è labile e allo stesso tempo estremamente prezioso lo stato di libertà e autodeterminazione?
È proprio il rapporto con la carta che rende le opere di Marta Roberti estremamente evocative: si tratta di un supporto ricercato con cura, parte integrante del disegno che ospita. L’artista spiega che:«Lo spazio vuoto intorno all’immagine, è in realtà uno spazio pieno di carta e fibre naturali che la compongono e che la rendono pulsante. Analogamente, la superficie parietale sulla quale sono disposte le opere non deve essere percepita dall’occhio come un vuoto: le mura dell’Ex Convento, sature di umidità, sono atmosfere gonfie di mistero, traboccanti dei fantasmi di storie invisibili.»
Le sue installazioni continuano nella penombra dei sotterranei, eccezionalmente aperti per questa edizione. I disegni su carta carbone, sospesi e retroilluminati, a volte animati da video, sono nascosti nel sottosuolo come segreti da scoprire.
Con la mostra Rivelazioni, il cantiere del Sant’Orsola scopre la sua cruda bellezza, prima che gli spazi assumano forme più composte. Si tratta di un’opportunità per avvicinarsi alla produzione artistica contemporanea attraverso una mediazione immersiva data proprio dagli ambienti. Questi facilitano il superamento delle barriere percepite come intimidatorie, permettendo anche ai meno esperti di usufruirne in maniera più accessibile. Perseguendo le proprie ricerche artistiche, Juliette Minchin e Marta Roberti rivelano una versione personale dell’Ex Convento di Sant’Orsola, in una nuova dimensione, quella del sogno, attraverso un impianto curatoriale studiato nei minimi dettagli.