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Napoli, la pittura lussureggiante di Jadé Fadojutimi da Zweigstelle Capitain
Mostre
Se non fosse per quelle linee, quel ritmo, quei colori, potremmo pensare a Jadé Fadojutimi, come a una giovane artista che disegna fiori. Ma c’è dell’altro. Senza nemmeno accorgercene eccoci nel suo atelier, riprodotto per la sua prima mostra in Italia, dopo aver salito le scale di Palazzo Degas a Napoli. È in certi momenti che assapori la magia dei palazzi di Napoli, una vita a leggere i numeri civici, questa volta il 53, ed ecco che ti ritrovi a osservare dall’alto quegli stessi passanti che con te hanno attraversato Piazza del Gesù, per poi proseguire verso Calata Trinità Maggiore, in uno spazio che ora ospita una mostra temporanea e, tra qualche mese, chissà cosa. Why wilt when, When wilt why? A smile can appear in an echo of laugher, è il titolo della mostra personale dell’artista britannica Jadé Fadojutimi, un giovane astro dell’arte contemporanea, scelta dalla Galerie Gisela Capitain per la quarta edizione di Zweigstelle Capitain, un concept di mostre itineranti lanciato nel 2022.
Il titolo prende spunto da una poesia in cui l’artista sembra chiedersi e chiederci chi/cosa appassisce e perché? A vision of color si rivela ai nostri occhi come accade davanti A Sensual Nightmare o a Dissonant Mindscapes. Fadojutimi ci porta nel suo non sogno senza nome, fatto di silenzi e speranze, ma soprattutto di domande. Di origine nigeriana, Jadé ha studiato a Londra ed è partita per il Giappone. Dopo una residenza a Kyoto, torna nel Paese del sol levante cinque o sei volte l’anno, per disegnare i paesaggi e anime, da cui è ossessionata.
I colori brillanti e carichi compongono complessi paesaggi emotivi che riflettono sull’immagine di sé, mettendo in discussione i limiti dell’identità e della molteplicità dell’esperienza umana. Un ciclo inedito di lavori su carta e nuovi dipinti che respirano tra le ampie sale dello storico palazzo Degas, un tempo residenza del pittore Degas e che nella scorse edizione hanno accolto le opere di Isabella Ducrot, Jacqueline Humphries e Liza Lacroix. Le forme che si intravedono dei grandi dipinti di Jadé sembrano scomparire sotto veli di colore e pennellate ritmiche che vanno a comporre ambienti astratti e fortemente espressivi.
Basta vedere il suo Instagram per riconoscerne lo stile anche sui suoi abiti e così ce la immaginiamo in quella che è la “ricostruzione tipo” del suo studio, tra divani rococò e peluche dell’infanzia, una bottiglia di sakè sul tavolino, circondati da verdi piante esotiche in vaso. Appoggiati alle pareti, gli enormi dipinti, un’eco di risate, come suggerisce la poesia.
Lungo l’ampia parete della seconda sala, una Wunderkammer di sketch book ci apre delle finestre sulle sue ricerche, le note, gli schizzi, ricreando nell’insieme quella dinamicità cromatica che contraddistingue le grandi tele. Un racconto intimo che fa luce sulla sua storia personale, sulle emozioni che le provocano visioni di colore (sinestesia): è «Così che i miei quadri prendono vita» racconta in un’intervista. Monet, Cézanne, David Hockney e l’artista astratta americana Joan Mitchell, i maestri del colore, sono chiari riferimenti della sua pittura che rifiuta le etichette e celebra l’individualità che non segue regole.
Questo talento che nel 2022 ha partecipato alla 59esima Biennale d’Arte di Venezia, è attualmente l’artista più giovane ad avere un’opera alla Tate ed è rappresentata da Gagosian. Il suo è un urlo di vita e bellezza ma anche dolore, che esprime anche grazie alla monumentalità delle sue opere che assumono una qualità immersiva tale da farle diventare più che degli oggetti da osservare, degli “ambienti” – come li chiama lei, in cui l’osservatore può esistere.
In occasione della mostra sono in programma anche una serie di appuntamenti: sabato, 28 ottobre, alle 19:30, Claudia Fabris, con La Cameriera di Poesia, mentre il 4 novembre, dalle 18, si terrà il finissage e la presentazione del libro Jadé Fadojutimi. Why wilt when? When wilt why? A smile can appear in an echo of laughter.