Rapidi ritratti di elementi vegetali, piante in vaso, alberi e arbusti selvatici, come il diario di un viaggio sentimentale che riporta impressioni e ricordi fugaci, emozioni fresche e intatte, visioni alternate di pagine interiori ed esteriori. Così, su questa tenue superficie di incontro, dialogano le opere di Marco La Rocca e Beya Rebaï, in occasione di Flowers and something, la doppia personale a cura di Martina Corbetta e Chiara Pozzi, che inaugurerà il 29 settembre alla Galleria Martina Corbetta a Giussano, in via Milano 98.
Nato a Sapri, nel 1991, La Rocca lavora sul limite della pittura, intesa come un processo di comprensione e rappresentazione dell’esistenza. «Per lui dipingere significa spingere oltre le nozioni di rappresentazione o astrazione e sintonizzare sentimenti ed emozioni. Il suo lavoro desidera tracciare i modi in cui osserva il mondo», spiegano dalla Galleria. Solitamente lavora su tela con olio e acrilico, spray e aerografo ma anche colori subcristallini su ceramica, materiale a lui caro che gli permette di collaborare con un maestro artigiano molto stimato. Nelle sue opere risuonano i principi ispiratori dei grandi maestri della natura morta, il genere per eccellenza incentrato sul concetto del tempo, da De Pisis e Matisse ai contemporanei, come Tursic & Millet. Il suo metodo si svolge come un rito: ogni mattina, alle 6, nel suo studio al buio, aiutato dalla luce di un proiettore, dipinge mazzi e vasi. Nessun bozzetto, nessun gesto o intenzione precedono il lavoro mattutino, l’artista decide questa condizione come fatto imprevedibile. La quotidianità è composta da incognite e mistero, che generano desiderio di sapere, di conoscenza di sé e dell’altro, inteso come tutto ciò che ci circonda.
Beya Rebaï è nata a Parigi, nel 1995, e le sue opere derivano da una ricerca in movimento. I suoi viaggi sono sempre accompagnati da taccuino e pastelli, con i quali disegna tutto ciò che osserva. Scene di vita quotidiana, una donna al bar, un mazzo di fiori, la grazia delle montagne, tutto è un pretesto per disegnare. Idealmente vicina ai modi bidimensionali e alle campiture pure, amate dai post impressionisti Nabis, per Rebaï, la natura e il suo afflato rivestono un ruolo di fondamentale importanza. Le sue opere, realizzate nella limitata palette di pastelli a cera tipica dell’artista, sono una figurazione carica di sfumature personali dei luoghi che la circondano. «Nelle sue opere, cultura e natura collimano e rendono tributo a madre natura come forza vivente, attraverso la quale siamo in grado di connetterci alla grandiosità dell’universo».
La mostra sarà visitabile fino al 30 novembre 2023.
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