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Nelle opere di Daniel Knorr le cicatrici del consumismo diventano scultura
Mostre
Nel principio di minima azione, Maupertuis sostiene che la natura segue sempre le vie più semplici, ovvero quelle che minimizzano il dispendio della natura, cioè l’azione. Può darsi che questo principio abbia in qualche modo ispirato l’artista di origini rumene Daniel Knorr, per la sua quinta mostra personale alla Galleria Fonti di Napoli. Come suggerisce il titolo, Minimal Change riunisce varie recenti sculture a parete appartenenti alle serie Minimal Changes e Depression Elevations.

Knorr si è sempre interessato al mondo industriale, sollevando quesiti su come questa “macchina infernale”, come l’avrebbe chiamata il regista William Hooper, riesca a influenzare l’ambiente circostante, cambiandolo. In particolare, Knorr riflette sugli eventi che, negli anni ’60, favorirono lo sviluppo della Minimal Art, quando l’esecuzione delle opere venne sottratta dalla mano dell’artista e affidata alla precisione dello strumento meccanico. L’artista reinterpreta quella “riduzione minimale” di cui parlava il critico Richard Wolheim, andando a personalizzarla.

Il tentativo è ricreare nelle gradi lastre – esposte nella mostra napoletana – gli effetti, almeno visivi, di quel consumismo incontrollato che si percepisce soprattutto nei colori accattivanti che, anziché allarmare, sortiscono un effetto ipnotico, a tratti affascinante quanto paralizzante. Le lastre, in rame e acciaio inossidabile, sono state esposte a una fonte di calore intensa, piegandosi, collassando e assumendo sfumature diversificate. Altre in ottone, sempre della stessa dimensione, invece sono state poste a contatto con un acido, che ha innescato un processo di ossidazione. Insieme formano, nella loro serialità reiterata, un sistema a catena che può subire diversi destini, ognuno potenzialmente imprevedibile.

La serie Depression Elevation nasce a Los Angeles per poi svilupparsi in diverse città, tra cui Parigi, Vienna, Bonn, Hong Kong e Atene. Knorr ha esplorato diverse superfici di paesaggi urbani e naturali ricavando sculture in resina dalle irregolarità di strade urbane e territori colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Alcune sono state realizzate a Berlino, città in cui l’artista vive e lavora, come quella riferibile a Tempelhof, che riporta la forma oblunga dell’ex aeroporto reso famoso dalle vicende del Ponte Aereo tra il 1948 e il 1949, oggi riconvertito in parco urbano. Altre, di piccole dimensioni, ricordano nella forma le Stolpersteine, le pietre d’inciampo dell’artista Gunter Demnig, ma sono in realtà state ricavate da diversi punti della città dove un tempo sorgeva il Muro.

Infine le ultime due sculture, sempre a parete, sono state ricavate una dall’alveo di un fiume ormai secco, l’altra dalla parte rocciosa di una montagna, emersa con la recessione dei ghiacciai.

Nelle sue opere Knorr sembra applicare realmente il principio di minima azione ma con un’aggiunta decisiva: una variabile – purtroppo – reale, che è destinata a ostacolare le vie più semplici seguite dalla natura, quella umana.

La mostra di Daniel Knorr alla Galleria Fonti di Napoli sarà visitabile fino al 3 maggio 2025.