Ambrosiana Art Gallery, con la collaborazione di Valerio Adami, presenta una vera e propria rassegna delle opere dell’artista coprendo circa mezzo secolo della sua ricerca per raccontare la storia di un’evoluzione stilistica tracciata da quelle linee che accompagnano i passi progressivi della creatività dell’artista.
Come modelli che condividono caratteristiche con oggetti reali, ma che non derivano o non corrispondono ad alcun esempio specifico; cioè, non hanno alcuna relazione con una realtà esterna da rappresentare, disegni, carte e tele esposti sono espressione di una sublime fusione fra gesto e pensiero, un personale linguaggio che rende internazionale l’arte di Adami.
Narra Luciano Caprile, curatore del catalogo edito in accompagnamento alla mostra, che il mistero della creazione per Adami si rivelava nel momento in cui un concetto alimentato dalla sua cultura doveva fare i conti con il cammino della matita per trovare la perfetta sintesi tra pensiero e forma.
La vicenda artistica che negli spazi della galleria prende forma, in termini visivi, spaziali e temporali, suscita in prima istanza il desiderio di una seducente verosimiglianza, allo stesso tempo meticolosa e inconsistente, ma soprattutto abbraccia l’incertezza – piuttosto che la conoscenza definita – aprendosi alla possibilità di leggere le cose in modo diverso, senza pretendere di rappresentarle.
Le linee hanno accompagnato i passi progressivi della creatività, sottolineando razionalmente le connessioni intrinseche, ovvero le dinamiche relazionali che ciascuno percepisce come significative nell’intreccio infinito e casuale che compone il reale: così negli anni Settanta, Adami è riuscito a fondere il gesto e il pensiero in maniera sublime.
Le sue immagini, dallo stile inconfondibile, non sono mai stati manifesti ma, al contrario, proposizioni di concetti e critiche allegorie. Ne sono esempi Rituale e Studio per l’Università di Lipsia al tempo di Nietzsche, opere che testimoniano ed esaltano il progetto che sottende. La sua familiarità con le strutture formali della nostra società, stimola un simultaneo riconoscimento dei codici verificati del reale quotidiano, e anche un riarrangiamento critico e personale di elementi e relazioni. Traslando, ed eseguendo, a livello percettivo questa razionalità astratta, è possibile intuire il rapporto, costante e sempre differente, tra creatività e ragione: «Non dipinge sconosciuti: dipinge l’occhio che si nasconde in ciascuno di noi», diceva Octavio Paz a proposito di Adami.
Il corpus di lavori in mostra comprende disegni, acrilici su teli, mixed media su cartoncini, dagli anni Sessanta fino ai più recenti giorni nostri. Diffondono un’intima voglia di incontro, che ricalca quello avvenuto a Lucca trent’anni fa tra Vittorio Poleschi, padre di Andrea Poleschi – Direttore della galleria – e Vittorio Adami, sancito dall’esemplare disegno Per Poleschi in questo giorno, e che si rinnova nei segni e nei colori.
In un percorso ragionato, in cui evidenti sono le tonalità di contorno che maturano e le nuove armonie che si incontrano, “Valerio Adami: nessun giorno senza linea” isola dal complesso delle interazioni un particolare fenomeno, cogliendo nella ripetizione del medesimo gli elementi uniformi, per formulare un linguaggio artistico che traduca visivamente le relazioni che intervengono nel pensiero quando si cerca di enunciare un concetto, e permetta di verificare empiricamente che la connessione esaltata dal tipo-ideale esista realmente.
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