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Oltre il Sé Visibile: un viaggio emotivo e concettuale nell’intimità dell’arte contemporanea italiana
Mostre
Palazzo Sarcinelli apre le porte alla scena artistica emergente italiana in un’esposizione che svela un’indagine profonda nella pittura e nella scultura contemporanea, guidando l’osservatore all’interno dell’animo umano e della sua ramificata e intrinseca complessità.
Nato dal proposito di dare voce ad artisti emergenti accomunati da una notevole formazione accademica veneziana, il progetto curatoriale di Simone Ceschin intende creare uno spazio distinto e indipendente dal denso flusso artistico della Biennale, spostando le opere di undici artisti da Venezia a Conegliano per supportare un’identità a sé stante, valorizzata dalle prestigiose mura di Palazzo Sarcinelli.
Il percorso espositivo si articola nelle tre sale della Galleria Novecento al terzo piano, dove le sculture di Luca Pagin aprono la mostra, proiettando il visitatore all’interno di una dimensione familiare, in cui frammenti di memorie emergono dal passato per ricostruire un processo simbolico di raccoglimento e metamorfosi. La sua narrazione personale, sviscerata attraverso le tre prospettive che compongono un’unica serie, crea un filo conduttore che abbraccia le opere pittoriche circostanti, conferendo corpo e anima a percezioni emotive e caleidoscopiche visioni.
Questo viaggio introspettivo che dal principio della sala introduce il concetto di cura avvolge l’intero piano, diramandosi come fili di una trama che racconta le cangianti espressioni pittoriche manifestate attraverso l’uso del colore a olio.
Nella prima sala, le opere di Cecilia Cocco, Sara Devetta, Arianna Gobbi e Sara Scarpa comunicano tra loro sul piano dell’immaginario collettivo, evocando un sottile erotismo per celebrare la delicatezza dei gesti e l’attenzione ai particolari. Questi ultimi diventano protagonisti di una narrazione quotidiana, dove il concetto di transitorietà è veicolato da attimi fuggenti, impressi sulle tele così come nella memoria fotografica che ne ha catturato l’essenza. La volontà di ritrarre ciò che viene percepito come nascosto, velato, spesso celato da pose casuali o maschere, si esplicita nell’assenza di tratti fisiognomici che possano identificare i soggetti, per eclissare la costruzione artificiale dell’identità a favore di una libera interpretazione dell’estratto raffigurato, in una storia che si estende al di là di ciò che si crede di vedere.
Una profonda riflessione sui concetti di maschera, etichetta, abito o schema permea questa sala, suggerendo di osservare le ombre sui tessuti per notare come la luce modifichi le superfici a seconda di come si orienta, così come la predisposizione umana ad accogliere il diverso, per potersi evolvere in un progresso di crescita e cambiamento.
La necessità di avvicinarsi al proprio sé per sondare una spiritualità viscerale si intreccia alla ricerca di una riconnessione primordiale con l’ambiente circostante nella sala dedicata al dialogo tra le opere di Elisa Ziero e Giacomo Facca. Immagini e materiali organici richiamano l’eco delle voragini dell’anima, in cui risuonano il concetto di metamorfosi e il legame simbiotico tra corpo e natura. L’enfasi sensoriale posta sul tatto rivela i molteplici strati dell’epidermide, rispecchiando le varie sfaccettature dell’identità, mentre l’individuo si dissolve in una superficie più ampia, riconoscendosi nel contesto spazio-temporale della sua esistenza.
La memoria collettiva che desta l’esposizione conduce all’ultima sala della mostra, abitata dalle opere di Elsa Scagliarini, Nicola Bindoni, Jacopo Zambello e Giulia Milani. L’aura di cura che trapela dalle sculture di Luca Pagin viene qui rievocata nell’atto di raccogliersi, riesumando la portata umana che pervade i frammenti di tessuto, simboli della natura caduca che trascende la mera fisicità del corpo per sconfinare oltre la limitazione temporale. Resti di un vissuto che ha trasformato la loro identità nel corso dell’arco vitale, i tessuti diventano elementi di conforto e sintomi di una vulnerabilità fisica e psicologica nascosta a fatica dietro volti anonimi, la quale innesca un coinvolgimento emotivo nella dimensione empatica dell’identificazione.
Sulla scia della frammentazione si dilata una percezione diversa del sé che provoca i cortocircuiti dell’essere umano contemporaneo, decostruendo stereotipi consolidati attraverso elementi di rottura che invitano a riflettere sulle policrome tracce che edificano una realtà soggettiva. I dettagli imprevisti, i soggetti decontestualizzati, le lacerazioni sulla superficie e i lineamenti sfumati del volto suggeriscono di addentrarsi oltre a un sipario epiteliale, per riconsiderare l’indole illusoria dell’identità e le eterotopiche possibilità di evoluzione che scandiscono un processo catartico inesauribile.
L’allestimento delle opere lungo il percorso espositivo cura una fruizione accessibile a variegate esperienze emotive, favorendo un’intima immersione nel labirinto dell’animo antropico, fratturato e stratificato per sua natura. La curatela della mostra promuove e consolida una riflessione filosofica sulla poliedricità dell’esistenza umana, conciliando un volume entitativo allo stesso tempo cosmico e terreno, in cui memoria collettiva, percettiva e sensoriale sfidano i concetti di soglia e definizione.