La mostra “Oltre l’attesa” raccoglie le opere di diversi artisti, riuniti nella città etrusca per esporre negli spazi suggestivi dell’ex Chiesa di Santa Croce e dei suoi giardini, a Tuscania, in provincia di Viterbo. Sculture, installazioni e produzioni artistiche di vario genere fanno parte di questa mostra pensata e organizzata dall’associazione culturale Magazzini della Lupa, con il patrocinio del Comune di Tuscania. L’esposizione sarà aperta al pubblico dal 30 ottobre fino al 14 novembre.
A curare “Oltre l’attesa” è Giuseppe Salerno, critico d’arte e curatore di numerose mostre, nonché promotore della rinascita del Borgo di Calcata. «Nessuno mai avrebbe immaginato che saremmo stati catapultati in un tempo sospeso, una condizione mai prima vissuta, nella quale l’intera umanità si sarebbe trovata a condividere quella situazione di attesa». Il curatore spiega così da dove viene il titolo di questa esposizione a Tuscania: «Oggi che, mai come prima, i popoli della terra sono tra loro tutti connessi, una concomitanza di fattori ha messo a nudo l’umana fragilità. Interrogati su questa condizione 12 artisti presentano i risultati delle loro riflessioni».
Sono 12 in totale gli artisti in mostra che, insieme, danno forma ai concetti di fede e speranza ma anche di estraneità e consapevolezza, nella cornice dell’ex Chiesa di Santa Croce a Tuscania: ognuno è stato chiamato a riflettere su questa nuova condizione della fragilità umana scoperta “oltre l’attesa”, elaborandone una propria interpretazione.
Elsa Mencagli opera sul linguaggio, quello verbale nello specifico, però tradotto in un’altra materialità: con Intervalli mette in mostra il non detto. Maria Grazia Tata si serve del tessuto per esprimere l’attesa in riquadri, quelli delle Finestre di notte. Invece, gli Overlab Project (Davide Coluzzi DAZ, Davide di Camillo, Maurizio Prochilo) hanno scelto il multimediale per A True Story.
Un’opera che unisce percezione e azione, effimero e durevole, nell’immagine di una pianta che si libera dal ghiaccio di cui possiamo sentire e toccare le gocce. L’Humana fragilitas è ciò che Mirna Manni concretizza in scultura, stesso linguaggio utilizzato da Luigi Riccioni e Tiziana Rivoni.
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