Dopo la tappa autunnale presso la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia, l’esposizione Ettore Fico. Dialoghi contemporanei. Un artista, un museo, una collezione arriva alla Fondazione Macc di Calasetta. Curata dal direttore del Museo Ettore Fico Andrea Busto e presentata da Efisio Carbone, direttore artistico del museo calasettano, la mostra rientra nelle celebrazioni per i dieci anni del MEF di Torino. Parte di un progetto pluriennale sovvenzionato dalla Fondazione di Sardegna, l’esposizione vede il Macc rinnovare l’esplorazione del concetto di “periferia” culturale. Come ribadito da Andrea Busto all’inaugurazione, oggi «tutti siamo periferia e tutti siamo centro» ed Efisio Carbone ha spesso dimostrato, nella gestione artistica del museo, come la sua posizione, idealmente al centro del Mediterraneo, offra una prospettiva significativa sull’arte contemporanea. Un luogo dove la parola “dialogo” può risuonare cristallina, portandoci le voci di una conversazione artistica tra collezioni, quella del Macc e quella del Museo Ettore Fico.
Ettore Fico (1917-2004) è stato un artista poliedrico: libero dall’asservimento del proprio pennello a un solo movimento artistico, ha conosciuto vari modi di sentire la pittura. La sua arte è intimamente rivolta all’interiorità dei propri spazi ma si è anche aperta alla rappresentazione di paesaggi (come Paesaggio Lacustre, presente in mostra) e all’informale. Il MEF, voluto alla morte dell’artista dalla vedova Ines Fico, ha l’ambizione di non fossilizzare la propria collezione ma di ampliarla col contributo di giovani artisti che dall’istituzione torinese son spesso consacrati prima di calcare altri palchi internazionali. Ecco perché, nella parte di collezione visibile in questi mesi al Macc, vediamo numerose opere di Fico ma anche tanti lavori dei più importanti talenti dell’arte contemporanea: Louis Fratino, Maïmouna Guerresi, Ryuji Miyamoto e tanti altri.
Vari lavori e stili entrano in relazione, dialogando anche con gli osservatori, e pongono domande: da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?
Riattualizzando i quesiti esistenziali che già diedero il titolo a una nota opera di Gauguin, le opere sono sapientemente disposte in cinque aree tematiche: Natura silente come una vanitas; Corpi; Periferie; Luoghi e paesaggi; Astrazione. Le prime quattro sezioni sono accolte al piano terra, in spazi esaltati dall’allestimento: ciò si nota soprattutto nella zona “absidale” del museo, dove i paesaggi si armonizzano al panorama costiero visibile dalla finestra centrale. Sono sezioni mai stagne ma permeabili: gli elementi delle nature morte sembrano sbocciare anche nella sala dedicata ai corpi, come nell’opera Senza Titolo ‒ Testa con respiro di funghi di Kiki Smith, che a sua volta comunica con un’altra “testa”, quella dipinta da Lalla Lussu, appartenente al Macc. È però nell’ultima sezione al piano superiore, Astrazione, che si celebrano le nozze tra le due collezioni permanenti con l’accostamento delle sperimentazioni informali di Fico alle opere astratte del Macc: opere di Rosanna Rossi, Beppe Bonetti, Mirella Mibelli e altri artisti.
Il dialogo tra talenti di diverse epoche e diversi paesi, centrali e periferici, diventa dialogo tra arte e osservatore in una mostra che è a sua volta prova di una fruttuosa intesa che può esistere tra istituzioni. Una valorizzazione reciproca delle proprie collezioni che aiuta i visitatori a conoscerle e studiarle al meglio, proprio in virtù del potere delle relazioni.
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