L’immaginario dell’Eden si ispira ad una visione idilliaca in cui la natura incontaminata è sovrana. Nel racconto biblico i progenitori hanno perso l’occasione di vivere nel paradiso terrestre ritrovandosi in una condizione altra. Gli esseri umani sono l’unica specie terrestre responsabile delle condizioni critiche del pianeta. Cresce di conseguenza la necessità di individuare luoghi in cui ritrovare la connessione con la natura, come la campagna. Così come nel Seicento gli artisti hanno sentito la necessità di rispondere all’estrosità del barocco rievocando il paesaggio classico dell’Arcadia, ancora oggi la campagna rappresenta un rifugio della mente e dello spirito.
La mostra personale Pastorale di Ingar Krauss, ospitata dallo spazio indipendente di Torino Quartz Studio, evoca paesaggi bucolici, attraverso la lente della fotografia analogica di Ingar Krauss (Berlino, 1965). Il maestro della fotografia tedesca, invitato a Torino in occasione di EXPOSED, Torino Foto Festival, racconta il paesaggio rurale nei pressi di Zechin, in Germania, al confine con la Polonia.
Il realismo che caratterizza la produzione di Ingar Krauss, maestro del ritratto e della natura morta, sembra essere conseguenza di una condizione particolare. L’artista tedesco vive in campagna in un anacronistico isolamento. Questa sua rigorosa forma di meditazione e distacco dalla società diventa il carattere specifico delle sue opere. Ingar Krauss esplora l’ambiente pastorale e gioca con gli elementi della natura. Un misterioso vello di lana appare come un elegante abito. Gli organici soggetti ritratti dal maestro prendono vita grazie all’immaginazione.
Una provvisoria pila di rami accostata al muro, fotografata da Krauss, ricorda il corpo sinuoso di una donna. Mentre un campo di grano, le cui spighe sono state spezzate dal vento, si trasforma in un surreale mare solcato da onde vegetali. Una ragazza si dondola su una corda con le braccia aperte e la lunga chioma rovesciata in avanti a nascondere il volto. In un altro scatto ritroviamo la stessa Hannah, che guarda fuori dalla finestra. Accanto a lei, dall’altra parte del vetro, un gatto nero. Un’altra giovane, Sophia, è immersa nella natura circostante come la protagonista di Alice nel paese delle meraviglie, ma quello che sta facendo diventa marginale nell’insieme della composizione fotografica.
L’atmosfera delle immagini di Ingar Krauss è diversa dalle consuete rappresentazioni bucoliche delle scene di campagna. Krauss ci trasporta in uno scenario contemplativo in cui i volti dei soggetti da lui ritratti sono sfuggenti e disinteressati al nostro sguardo. Le sue immagini trasportano l’osservatore nella dimensione pastorale come in un viaggio di sola andata, i suoi soggetti non mostrano il minimo interesse nei confronti dell’occhio che li sta scrutando. Il suo realismo magico sembra l’ambientazione di una narrazione mistica. Il fotografo della Berlino dell’est, che vive e lavora tra la capitale e la sua tenuta di campagna a Zechin, riesce ad esprimere magistralmente lo spirito dei luoghi. Ingar Krauss è come un alchimista che ha imparato ad osservare la natura, condividendo e svelando i segreti che abbiamo perso.
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