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Come l’attore Steve Martin – che posa davanti al dipinto Rue (1959) di Franz Kline, fotografato da Annie Leibovitz (la ritrattista delle celebrities), per “entrare per sempre a far parte del quadro” – anche l’artista Patrizio di Massimo (Jesi, 1983) si incorpora nella storia pop del quadro. Elegantissimo in frack, gilet e guanti bianchi – e ai piedi calzini neri – tutto ricoperto di pittura rosa (non nera come nell’originale).
Rivive l’esperienza di Steve Martin come vera e solenne. Non sulla copertina di Rolling Stones, ma nel nuovo autoritratto Self-portrait as abstract painter che accoglie il visitatore nella prima personale milanese – dopo tre solo show a Roma con la T293 e la recente apparizione a Berlino nella galleria ChertLüdde – dedicata a Patrizio Di Massimo. La piattaforma curatoriale/editoriale Cura – all’interno del suo programma a lungo termine di mostre Kura – presenta un nuovo corpo di lavori, di grandi dimensioni, nell’attuale dimora della Fonderia Artistica Battaglia a “Lambrangeles” (Lambrate).
Le aspirazioni dell’artista sembrano essere – nell’espressione satirica di Giovenale usata nel titolo di una sua precedente mostra (bread and circenses) – alla “Panem et circenses”: il culto della personalità, combattimenti spettacolari, pose e attitudini plastiche, cavalli epici e nudi femminili, teatrini sadomaso con frustini e giarrettiere.
Davanti allo sguardo un po’ attonito un po’ ipnotizzato di Diana, la figlia di Di Massimo, nel ritratto in tutina a righe e sonaglio a forma di girasole. Le fonti in mostra, in bilico tra molto colto e super pop, spaziano tra il dipinto in cui Ruggiero salva Angelica (1876) di Joseph Paul Blanc e la strada di Balthus (1933), e la rappresentazione caricaturale delle dinamiche relazionali tra Alan Prada e Fabio Cherstich – autore di una Turandot futurista e “camp” al Teatro Massimo di Palermo – su un lussuoso letto (Prussian Love), e tra l’artista polacca Goshka Macuga e il fidanzato Nabil Bouhir (l’androide con la barba che alla Fondazione Prada citava Blade Runner e Hanna Arendt) in uno studio d’artista con cane “Bauhau”.
In un tempo presente cristallizzato in cui realismo magico, manierismo, classicità e rigore oggettivo si impastano con disinvoltura e forza magnetica. Una pittura, di colori vibranti e dettagli audaci, che ci riporta a quello che rimane del passato, evidenziando le suture tra il suo carattere maestoso, ma insieme inquietante e sinistro, certamente ironico e anche platealmente drammatico. Con qualche spruzzata di tenue erotismo – perché proprio sensuale non è – come nel trittico verde Untitled. Racconto iconografico di volti e rituali voyeuristici – sicuramente garbato – che non si interessa dell’implacabile giudizio. Amici, parenti e personaggi fictionari: tutti prendono vita.
Patrizio di Massimo interpreta il doppio ruolo maschile e femminile, pittore e attore, calandosi nella parte senza sfilacciature o sbavature. Unica eccezione sul finire: un piccolo frame “metafisico” e surrealista, dal vago sentore “Volcano Extravaganza” (la residenza glamour sull’isola di Stromboli organizzata da Milovan Farronato a cui Di Massimo ha partecipato nel 2018), dove reale e rappresentazione si combinano incongruamente. Pare che l’artista abbia abbandonato sulle rocce vulcaniche dell’isola alcuni suoi travestimenti e maschere, utilizzati per scrutinare la natura umana. Ora – coperto solo da un lembo di tessuto e con un ombrello di cappelli (nell’autoritrattoThe milliner’s hat mystery, 2015), Patrizio di Massimo è il maestro dell’inversione totale e dell’alta tensione.
Petra Chiodi
mostra visitata il 25 settembre
Dal 25 settembre al 20 novembre 2019
Patrizio Di Massimo
Kura
Via Oslavia 17, Milano
Orari: da martedì a sabato dalle 12 alle 19
Info: www.k-u-r-a.it