Tatiana Trouvé, Hors-sol, 2025, Collection of the artist © Tatiana Trouvé, by SIAE 2025. Installation view, “Tatiana Trouvé. The strange Life of Things”, 2025, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti and Giuseppe Miotto / Marco Cappelletti Studio © Palazzo Grassi, Pinault Collection
Superando la soglia che separa Venezia dall’ingresso di Palazzo Grassi, si entra – con pochi passi – nel lavoro più interessante fra quelli esposti nella mostra di Tatiana Trouvé, La strana vita delle cose, visitabile fino al 4 gennaio 2026. Hors-sol è un’opera particolarmente defilata rispetto a quelle abitualmente utilizzate per ornare tridimensionalmente l’atrio del palazzo storico, la quale sovrascrive in buona parte l’elaborato pavimento di marmo con asfalto nero e tombini provenienti da varie città.
La forza simbolica di questo lavoro aumenta proseguendo all’interno del percorso, di piano in piano, fino all’ultimo, dal quale l’immagine che si presenta guardando verso il basso non è più quella di una strada colonizzata dai chiusini, ma di una costellazione. Tra i punti celesti, nei momenti di massima affluenza, si scorgono i visitatori – simili a sciami di asteroidi e pianeti in orbita – ignari di star prendendo parte ad una condizione poetica latente, che si manifesta solo da un punto di vista eccentrico.
Proseguendo verso il primo piano, il visitatore è accolto dalla serie scultorea The Guardians, di cui l’intero allestimento è costellato, insieme alle Notes on Sculpture dell’artista. Nella prima serie, tutti i lavori sono accomunati da uno schema ripetitivo: una sedia o un altro supporto su cui sono disposti abiti, scarpe, borse e libri, tracce di memoria personale raccolte dall’artista. La riproduzione di questi oggetti, tramite fusioni in bronzo – pratica comune anche agli altri nuclei di opere – accentua il senso di sospensione temporale, congelando frammenti di quotidianità in una forma artificiosa. Se inizialmente l’iperrealismo della lavorazione stupisce per la sua straordinaria perizia tecnica, col proseguire del percorso le reiterazioni del processo sfociano in un manierismo ridondante. I temi che l’artista intende evocare – dalla memoria al sogno – sono richiamati dai libri scolpiti nel marmo o in altri materiali lapidei, manifestandosi in maniera puramente allusiva sotto forma di note bibliografiche poco integrate nelle opere.
In contrasto con le sculture, le opere installative emergono maggiormente nella mostra: esse si espandono all’interno dello spazio e coinvolgono il visitatore in quei “mondi spaziali, mentali e temporali” di cui parla l’artista. Timidamente, queste installazioni si spingono anche a interagire con l’architettura del palazzo, scavando inizialmente la parte più superficiale delle doppie pareti e, successivamente, sfondandole completamente. Le aperture così create sono chiuse da porticine di vetro che rivelano gli spazi celati dall’altra parte, facendo perdere alla materia il suo carattere massivo per diventare soglia, punto di accesso a mondi liminali connessi alla realtà.
In definitiva, ciò che emerge dalla mostra non è tanto un’opposizione fra scultura e installazione, quanto piuttosto una divergenza più profonda nel rapporto con il reale. Le sculture, nella loro meticolosa riproduzione dell’oggetto, finiscono per fossilizzarlo, trasformando la realtà in reliquia, svuotata della sua tensione esperienziale. È paradossalmente proprio nel tentativo di afferrarla che la realtà sfugge: più l’artista la mima, più essa si spegne. È invece nel momento in cui l’artista cerca, tramite lo sfondamento di una parete verso un altro mondo, che il reale si fa presente, in quanto contingenza con l’altrove e antinomia della dimensione trovata.
Al secondo piano della mostra, il disegno assume un ruolo centrale. Lontani dall’imitazione della realtà che caratterizza le sue sculture, i disegni creano spazi fluidi e porosi, in cui ambienti interni e paesaggi naturali si intrecciano senza soluzione di continuità. Realizzati su carta incollata su tela, prevalentemente a matita nera, questi lavori non si limitano a raffigurare oggetti e architetture, ma li trasfigurano in scenari sospesi, carichi di inquietudine e di una sottile tensione narrativa.
A differenza delle opere tridimensionali, i disegni di Tatiana Trouvé riescono a mantenere una vitalità e un’apertura interpretativa maggiori. L’eco del piano inferiore è ancora presente – alcuni di questi disegni nascono infatti come studi preparatori per i lavori plastici – ma in una forma più libera e immaginifica. Gli oggetti che nelle sculture sono riprodotti con una fedeltà ossessiva e vincolati a una logica di accumulo, qui diventano tracce impalpabili, elementi di un paesaggio mentale più che presenze concrete. In questo modo, il disegno non si limita a essere il punto di partenza di un processo scultoreo, ma si afferma come il vero luogo dell’immaginazione, capace di aprire scenari che la rigidità della materia finisce per soffocare.
Dieci anni di fotografia della Grande Mela, raccolti nel progetto di Carmelo Nicosia insieme al volto degli abitanti di quel…
Gli spazi solitamente inaccessibili di Flashback Habitat, a Torino, ospitano una nuova installazione di Alessandro Bulgini: un tè tra le…
Unlimited, ovvero la sezione delle opere fuori misura, e Parcours, il programma di arte pubblica che si estende per tutta…
A Venezia, una vecchia fabbrica di sapone diventa la sede italiana della collezione di Laurent Asscher. Tra le opere esposte…
Un archivio di voci, terre, immagini e gesti collettivi: la ricerca di Irene Macalli sulle aree interne italiane approda negli…
Facciamo chiarezza sulla lettera aperta di centinaia di Storici dell’arte, idonei ma non assunti, che stanno chiedendo al Ministero della…
Visualizza commenti
Avete spiegato molto bene la mostra di Tatania Trouve. Mostra che ho visitato con la guida poiché non è di facile interpretazione.