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L’antica cornice di Palazzo Salmatoris di Cherasco fa da giusto contrappunto all’opera di Pablo Picasso e degli artisti italiani, che seppero raccogliere la sua eredità e imbrigliarla nelle nuove Avanguardie del ‘900. “Picasso e la sua eredità nell’arte italiana” è infatti il titolo dell’esposizione che resterà allestita nelle sale del palazzo fino al 12 gennaio. Un Picasso che influenza e che è influenzato, quello che appare lungo il percorso espositivo e che riprende idealmente il primo viaggio dell’artista nella nostra Penisola, compiuto nel 1917.
Il viaggio di Picasso in Italia
Dopo il periodo rosa, il periodo blu, dopo l’affermazione del cubismo analitico e infine di quello sintetico, Picasso torna alle origini, alla classicità. Lo fa quando per la prima volta vede dal vivo i capolavori del Rinascimento, ma anche le imponenti architetture classiche romane, così come i tesori da poco riscoperti di Pompei. Insieme all’antichità riscopre anche la modernità italiana. Al Caffè Greco incontra i suoi contemporanei, Giacomo Balla, Fortunato Depero, Ardengo Soffici mentre tiene regolarmente una comunicazione epistolare anche con Carlo Carrà e Giorgio De Chirico che conosce personalmente all’ospedale militare di Ferrara. La mostra, curata da Cinzia Tesio e Rino Tacchella, è un viaggio attraverso questa evoluzione reciproca. Un corpus di un centinaio di opere in tutto, distribuite su tre macro sezioni.
Picasso a Cherasco, una mostra con opere senza tempo
Nella prima sezione della mostra di Cherasco si concentrano le opere a firma di Picasso. Una sessantina in tutto tra tavole, sculture, litografie, acqueforti e disegni. Protagonista è senz’altro la Nature morte avec la pipe, datata 1913-1914. Un’opera simbolo del periodo sintetico del cubismo, dove possiamo intravedere forse la sagoma di un bicchiere, le lettere di un titolo di giornale, mentre sono ben visibili lo stelo e il fornello della pipa. Un olio su tela emblematico a cui fa subito seguito La verre taillèe sur fonde rose del 1922 in cui invece il segno energico dell’influenza classica emerge con forza. L’elemento cubista si affievolisce, il bicchiere ha una sua linea definita. La composizione è equilibrata, un semplice oggetto di uso quotidiano è protagonista quasi monumentale dell’opera. Diverso lo stile con cui Picasso ha realizzato Natura morta con melone. Qui al centro della ricerca è di nuovo un cubismo guidato quasi solo dal colore. Le linee rimandano alla classicità italiana, in particolare quella romana, ma siamo nel 1948 è il segno dell’artista è più maturo e consolidato.
Fanno da cornice diversi disegni tra cui quelli realizzati a pochoir nel 1919, la serie di acqueforti risalenti agli anni ’40 e le litografie degli anni ’50. Focus particolare è dedicato alla ceramica. Nel dopoguerra Picasso si trasferì a Vallauris, dove, nel laboratorio di Suzanne Ramiè si dedicò proprio a quest’arte. In quel laboratorio incontrò Emilio Mazzotti, emigrato in Francia probabilmente per la chiusura delle fabbriche di ceramica di Albissola e Mondovì. Si consolidò così un altro importante legame con la tradizione artistica italiana, in particolare con quella di Albissola.
Esposte alcune delle opere che realizzò in quel periodo come Tarasque/Brocca zoomorfa, il piatto Don Chisciotte, il vaso Quatre visage, nonché il tavolino in ceramica a stampo che conta 93 piastrelle, realizzate da diversi artisti, Collet, Giraud, Picaud, e quattro a firma dello stesso Picasso. Un’opera donata ad Albissola dalla città di Vallauris in occasione del gemellaggio messo in atto nel 1955.
La mostra prosegue con le sezioni dedicate al viaggio in Italia, agli artisti che Picasso incontra da cui è influenzato e che a sua volta influenza. E allora ecco opere come Il Tulipano di Ardengo Soffici, Piedigrotta. Uomo in corsa + rumore + linee di velocità del futurista Giacomo Balla, Lacerba e bottiglia del metafisico Carlo Carrà, ma anche la scultura Tuffatore di Alfredo Martini, l’olio su tela Le cucitrici di Renato Guttuso, fino al Cavallino di Fausto Melotti e ai vasi di ceramica di Lucio Fontana.
Un viaggio nell’arte in cui «le epoche si confondono creando un’opera senza tempo» e, come ricorda la curatrice Cinzia Teresio riguardo al lascito di Picasso: «Pochi artisti hanno potuto ignorare la sua opera. A tutti gli effetti egli ha offerto nuove idee e ha aperto nuove strade».