A Firenze, Villa Bardini offre, fino al 22 marzo 2020, “Enigma Pinocchio – Da Giacometti a LaChapelle”, ampia mostra panoramica, coprodotta da Generali Valore Cultura, con più di 50 opere tra sculture in legno, ferro, bronzo e cartapesta, dipinti, disegni, foto e video. Con tanto di installazioni multimediali che coinvolgono il visitatore, che può divenire protagonista delle avventure, per esempio in bocca della balena.
«Una bambinata», così Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini (Firenze 1826-1890), definiva la prima puntata del suo romanzo Storia di un burattino, comparsa con grande successo il 7 luglio 1881 sul Giornale per i bambini, emanazione del Fanfulla della domenica, periodico con le migliori firme d’Italia. Avendolo terminato con l’impiccagione del protagonista, è costretto a furor di piccoli lettori a mutarne il finale con la metamorfosi del burattino – così impropriamente lo definisce – in bambino. Concluse le puntate nel 1883, dopo alcuni mesi l’editore Paggi lo pubblica con il titolo Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino.
Di famiglia modesta, Carlo frequentò le elementari a Collodi, il Seminario di Val d’Elsa e i Padri Scolopi a Firenze, grazie all’aiuto dei marchesi Ginori senza tuttavia farsi prete. Vivace, irrequieto, insofferente e ribelle pur se versatile e creativo, intraprende la carriera di giornalista: mazziniano, partecipa ai moti rivoluzionari combattendo, fonda alcuni giornali e scrive romanzi ma il successo gli arride con la letteratura per l’infanzia.
Pinocchio ingenuo, credulone, infantile, sognatore, furbo, bugiardo come dimostra il naso che si allunga a ogni bugia, testo magico che riassume la fatica del crescere in un’epoca ostica, la vita sregolata dello scrittore e insieme il suo vissuto sociale e fa sognare adulti e bambini, ciascuno dei quali ha potuto interpretarlo secondo il proprio filtro, man mano che il romanzo assumeva, in 150 anni, i caratteri di universalità: tradotto in 240 lingue, è entrato nell’immaginario collettivo mondiale. Si aggiunga che il XX secolo, con le sue ansie, angosce e contraddizioni, ha suggerito, al di là delle intenzioni di Collodi, una miriade di significati che hanno lasciato un segno nella cultura e, in particolare, nell’arte.
Sposata la toscanità con l’universalità della condizione umana, Pinocchio ne manifesta le contraddizioni attraverso la natura metamorfica: (non) è Re, burattino, uomo, morto, Pinocchio, maschera, bambino.
Sette le sezioni della mostra di Pinocchio a Firenze, curata da Lucia Fiaschi innamorata del suo tronco d’albero che prova solletico mentre Geppetto lo lavora. Il pezzo di legno degli statunitensi Tim Rollins & K.O.S. ha gli occhi, i Pinocchi di Oliviero Toscani marciano allegramente, il mobile di Alexander Calder riceve vita da un soffio d’aria, Gionata Francesconi prende per il naso Pinocchio in Ostinazione, Alberto Giacometti fa risiedere il segreto della sua vita nel naso che cresce, Jim Dine gli fa indossare ricchi abiti alla Disney mentre Sam Havadtoy ne fa un bimbo e per Riccardo Dalisi è una virgola di buonumore.
E per te, com’è Pinocchio?
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