Si chiama ARCHIVIO SENTIMENTALE la mostra che, fino al 28 luglio, sarà visitabile presso la biblioteca Prospero Rendella di Monopoli: un percorso che celebra un artista che ha dedicato la sua vita all’arte ed è proprio un contenitore culturale, tra la vivacità della piazza e il blu del mare, ad accogliere la prima retrospettiva di Pippo Patruno.
Curata da Antonella Marino e Carmelo Cipriani, la mostra riunisce le opere più significative del quarantennale percorso di Patruno, caratterizzato da una polarità tra impulso emotivo e controllo razionale e incentrato sulla geometria e sulla parola, che si avvicendano e a volte compenetrano nei diversi cicli succedutisi a ritmo serrato per un incessante bisogno di sperimentare.
Tra i numerosi libri e i giovani concentrati sui tavoli e alle prese con esami, anche fino a tarda sera, la biblioteca abbraccia un insieme meticoloso di documenti, libri d’arte, cataloghi, fotografie private che insieme costituiscono un vero e proprio archivio sentimentale. Una sintesi poetica di un “artista sensibile e raffinato” che fa della geometria e della parola i suoi assi principali. È l’elemento geometrico l’origine di una raffinata ricerca astratta di vaga matrice minimalista, mentre la parola è invece centrale nell’ultima parte del suo percorso: moltiplicata fino a costituire una texture, isolata al centro e ottenuta in negativo. Una doppia valenza, non solo prettamente estetica, ma anche semantico-concettuale. Da qui, non manca una riflessione sul tempo che implica l’idea di transitorietà e cambiamento, con inevitabili accostamenti alla condizione umana.
Nella mostra, il tratto e il percorso di Pippo Patruno si snoda tra le diverse sale e i piani della biblioteca: dalle prime opere risalenti al 1986, un viaggio nel tempo e nell’ingegno dell’artista che sperimenta, negli anni, forme e parole tanto da fare del suo ciclo Fuori Tempo un’opera protagonista del Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 2011.
Quella di Monopoli è una prova onesta, sacrosanta e benedetta, per tenere alta l’attenzione nei confronti di un’artista che ancora tanto aveva da dire e da fare. Per non staccare quel cordone che tiene strette le radici e la memoria, un percorso che trasforma in un’azione concreta quel desiderio di Patruno di far riconoscere la sua arte e il suo percorso, «Che non è stato mai scelto».
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