“A Vrés”, che in dialetto luzzarese significa “io vorrei”, esprime l’energia custodita tra le mura dello spazio espositivo. Energia che prolifera continuamente con l’obiettivo di esplodere tramite l’incontro dei lavori di Cesare Zavattini e Marcello Tedesco. Energia che nasce dal vuoto che il curatore della mostra, Antongiulio Vergine, insieme all’artista Marcello Tedesco, ha voluto porre come protagonista di Kappa-Nöun. Lo spazio di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, che nasce da un’intuizione di un attento e appassionato collezionista, Marco Ghigi, che ormai da 20 anni sostiene giovani artisti e non solo, con i suoi alti soffitti si è rivelato il posto adatto a contenere quel vuoto che diviene simbolo di nuove idee e rinnovati stimoli.
Il dialogo tra Marcello Tedesco e Cesare Zavattini era iniziato un anno fa negli spazi di MTN – Museo Temporaneo Navile, per la mostra “Aspettando Za”. L’esposizione, programmata per novembre-dicembre 2020, a causa del lockdown è stata aperta al pubblico solo a febbraio 2021. Marcello Tedesco, però, è riuscito a sfruttare quei mesi di chiusura per approfondire il suo legame con Cesare Zavattini. La project room del museo, infatti, si trasforma nello studio dell’artista che produce, circondato dai lavori del maestro, il gruppo scultoreo presentato appunto nella mostra “A vrès”, circondato, anche questa volta, e, quasi protetto, dai dipinti di Zavattini. Questi ultimi sono stati volutamente disposti a un’altezza ravvicinata al pavimento e sembrano non solo volersi unire al gruppo scultoreo ma anche suggerire uno sguardo verso il basso.
Entrando nello spazio espositivo, si percepisce una carica magnetica proveniente dalla scultura in cloruro di sodio, adagiata in una vasca di terracotta che, dissolvendosi con il passare dei giorni, esprime la sintesi di una nuova possibilità, un agire artistico che prevede ed esige nuove idee, forme e azioni. Così, le pennellate magmatiche e tormentate di Zavattini questa volta non costituiscono l’ispirazione di Tedesco ma si uniscono al suo lavoro, creando un insieme di forze che suggerisce una spinta verso una piena vitalità, «Vulcanica e pregna di dinamismo», come scrive Vergine nel testo critico.
“Aspettando Za” era quindi una prima espressione di una ricerca lunga e approfondita che Marcello Tedesco porta avanti da anni su Cesare Zavattini, suo mentore e figura di riferimento, grazie al quale ha iniziato a indagare e sviluppare una nuova forma di pensiero e di analisi del mondo e della realtà. Se, infatti, «I volti di Zavattini sembrano annunciarlo, le forme di Tedesco sembrano fatte per contenerlo, il vuoto». Un contenitore che però è solo temporaneo, come a divenire un serbatoio di maturazione e potenziamento di un’energia pronta a esplodere.
Il vuoto a cui si è dato spazio nella mostra “A vrés” non è un vuoto dal quale scappare ma, al contrario, dove voler restare. Un vuoto in cui potersi rifugiare e riflettere, dal quale caricarsi per ritornare al mondo e alla realtà con rinnovate idee e pensieri.
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