25 ottobre 2023

Pop The City: a Roma, la contemporaneità ritratta da Hubertus Von Hohenlohe

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Pop The City, A Roma, negli spazi del Chiostro del Bramante, va in scena una mostra fotografica del poliedrico Hubertus Von Hohenlohe, che ritrae la contemporaneità nei suoi aspetti nascosti ed effervescenti

Roma apre le porte a Pop the city, l’esposizione fotografica di Hubertus von Hohenlohe (Città del Messico, 2 febbraio 1959), artista poliedrico, celebre non solo per la sua versatilità ma anche per una straordinaria carriera. Musicista, sciatore olimpico, pilota automobilistico, designer di moda, modello, fotografo.  La mostra si snoda attraverso i quattro corridoi nel loggiato superiore del chiostro del Bramante, offrendo un ingresso gratuito ai visitatori. Le opere, in dialogo con le storiche mura del XVI secolo, presentano una visione della società contemporanea attraverso fotografie inedite, in un connubio tra presente e passato. Emergono la cura per i dettagli e gli omaggi artistici, che vanno dagli orologi di Dalì agli specchi di Pistoletto, da Brigitte Bardot a numerosi richiami a movimenti e pensieri cinematografici.

Gli scatti invitano l’osservatore a un avvicinamento costante, spingendolo a scoprire i numerosi particolari che fungono da invito a una profonda immersione nell’opera, stimolando un viaggio nei meandri della mente dell’artista. In questo senso si può ravvisare una connessione con l’approccio positivista del film Blow-Up di Michelangelo Antonioni, in cui un fotografo scopre dettagli nascosti nei suoi scatti, portando alla luce realtà che altrimenti passerebbero inosservate. Così come il protagonista, gli scatti di Von Hohenlohe spingono a esaminare attentamente il tessuto urbano, rivelando strati di significato che potrebbero sfuggire a un primo sguardo.

È dunque consigliabile godersi l’esposizione da due diverse prospettive, approfittando della disposizione che agevola questa dualità nell’osservazione: da una certa distanza, per catturare la cultura pop nella sua interezza, effervescente, dinamica, luminosa; e da vicino, per scoprire il suo mondo personale, autentico, senza filtri o inganni. Foto che sembrano in movimento, in una combinazione di colori, luci, linee e ombre.

Il volto di Von Hohenlohe ricorrente in ogni immagine, quasi come firma di ogni fotografia, richiama l’estetica onirica di David Lynch, noto per esplorare il confine tra realtà e sogno. Un collegamento che aggiunge una dimensione surreale e stimola una riflessione sulla complessità del mondo.

Surrealismo evidente anche nell’omaggio a Salvador Dalì e ai suoi “orologi molli”, noto per le sue concezioni sul tempo relativo nell’esperienza umana, riprendendo temi presenti anche nel regista Terrence Malick. In ambito filosofico, in questa concezione di tempo legato “all’esistenza”, il pensiero di Henri Bergson si rende visibile.

Interessante è il collegamento con gli specchi di Michelangelo Pistoletto, che l’artista ha catturato in una delle sue fotografie, in cui però si riflette la metropoli stessa. Profondamente influenzati dai social media, spesso ci troviamo ossessionati dalla necessità di scrutare e metterci a confronto con la nostra immagine. Tuttavia, Hubertus Von Hohenlohe ci invita a adottare una prospettiva diversa: contemplare il mondo attraverso gli specchi. Proprio come nelle città si specchia la nostra identità, allo stesso modo incoraggia a spostare il nostro sguardo oltre noi stessi e ad apprezzare ciò che ci circonda.

Un originale punto di contatto è rappresentato dal film Eternal sunshine of the spotless mind, diretto da Michel Gondry. Quest’opera cinematografica esplora i complessi temi della memoria, della percezione del divenire e delle relazioni umane. Entrambi affrontano il concetto di come il passato si intrecci con il presente, creando una stratificazione temporale.

Tale esplorazione evoca altre suggestioni cinematografiche come Blade Runner di Ridley Scott, in cui la contemporaneità parte dal presente per toccare il passato e proiettarli entrambi in tempi e spazi declinabili solo attraverso sigle ipotetiche. In questo cortocircuito di luoghi e di figure sta la sua capacità di attivare l’immaginario collettivo, concetto junghiano, di ogni epoca; mettendo in scena la vertigine delle impalcature temporali, spaziali e psichiche, di una modernità selvaggia che si attacca alle cose per divorarle o imprigionarle attraverso la sua natura tentacolare.

Non mancano i riferimenti al mondo della moda, un aspetto significativo e rilevante per l’artista messicano, in virtù della sua professione di designer e modello. In particolare, uno scatto cattura l’attenzione, che ritrae le vetrine di Bergdorf Goodman a New York. Questa immagine rappresenta il legame tra l’arte e la moda, delineando un dialogo multidisciplinare che attrae artisti, designer e il pubblico in un’unica narrazione visiva.

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