Categorie: Mostre

Rachel Lee Hovnanian nella chiesa di Santa Maria della Spina, a Pisa

di - 22 Luglio 2021

A Pisa sarà visitabile fino al 22 agosto nella chiesa di Santa Maria della Spina, Lungarno Gambacorti, la mostra “Dinner For Two. Art Gathering Souls” dell’artista statunitense Rachel Lee Hovnanian, a cura di Annalisa Bugliani e Alessandro Romanini e realizzata in collaborazione con The Project Space, galleria inaugurata lo scorso giugno a Pietrasanta (Lucca).

«L’esposizione è incentrata su un’installazione multimediale “Dinner for Two” (2012) […] che verte su tematiche di stretta attualità come il pericolo nell’eccessivo uso dei supporti tecnologici di comunicazione, oggi incrementato dalla pandemia», hanno spiegato i curatori, che ci hanno raccontato il progetto espositivo nelle parole qui sotto.

Le parole dei curatori, Annalisa Bugliani e Alessandro Romanini

Come è nato il progetto espositivo “Dinner For Two. Art Gathering Souls” nella Chiesa di Santa Maria della Spina?

«Il progetto nasce nel 2012 quando Rachel Lee Hovnanian, concepisce, con una notevole preveggenza, l’installazione Dinner for Two, con l’intento di creare un’opera in grado, allo stesso tempo di dialogare con i vari spazi che l’avrebbero ospitata e soprattutto di fungere da dispositivo capace di coinvolgere attivamente il visitatore, “costringendolo” a strutturare una riflessione sui temi espressi metaforicamente dall’opera stessa.
Temi alla base della sua poetica, come le derive prodotte dall’uso estremizzato delle tecnologie comunicative digitali e i loro effetti sulla psiche degli individui e soprattutto sulle relazioni, minacciate dall’”anestesia narcisistica” prodotta, oltre alla riflessione generale sul concetto di realismo e le sue alterazioni. Temi che la congiuntura pandemica ha estremizzato. La scelta dell’artista è quella di esporre l’installazione, in luoghi connotati da un punto di vista storico, architettonico e socio-relazionale. Le sue opere nel corso degli ultimi anni sono state esposte in numerosi spazi pubblici e privati a livello internazionale, in contesti culturali e sociali molto diversi, dalla Cina alla Spagna, passando dalla Russia al Belgio per raggiungere Abu Dhabi e il Belpaese. In questo contesto, l’Italia e il suo patrimonio storico-artistico e architettonico gioco un ruolo prioritario.
Dopo averla esposta nello storico scenario del Palazzo Mediceo di Serravezza nel 2019 (“Opern Secrets”), nel 2020 è stata la volta della millenaria Chiesa di San Cristoforo nel centro storico di Lucca.
Spazi connotati, da una stratificazione storica, depositati nella memoria collettiva e facenti parte integrante di un tessuto socio relazionale e comunicativo territoriale. La dimensione del luogo di culto risulta particolarmente importante per l’artista americana, non tanto nella sua componente religiosa ma in quella spirituale e rituale. Spazi millenari deputati al culto e alle forme di comunicazione “non dirette”, basate su un credo comune, che investe l’intera struttura sociale e soprattutto capace di mettere in dialogo diretto la dimensione intima dell’individuo e quella pubblica».

In che modo l’opera esposta si colloca nella ricerca di Rachel Lee Hovnanian e in che modo arte contemporanea e architettura del tredicesimo secolo dialogano in questa mostra?

«La Hovnanian concepisce ”installazione come una sintesi fra la soggettività visuale della pittura, l’oggettività realistica della fotografia, la plasticità e la fisicità materiale della scultura a cui aggiunge il flusso temporale grazie alla componente audiovisiva, generando un dispositivo in cui lo spettatore diventa co-autore e protagonista.
Il protagonismo dello spettatore “attivo”, la sua interazione con l’opera, è uno dei cardini della sua poetica, che giustifica l’attrazione per la dimensione “time based” della performance art, inclusa nel percorso creativo di questa mostra a Pisa.
La mostra infatti culminerà con una performance, che vedrà riuniti tutti i “negative thoughts” espressi dai visitatori e raccolti sui supporti cartacei, fatti volare su un aquilone, valorizzando l’aspetto catartico e rituale ancestrale dell’arte.
Altro elemento centrale della sua poetica, vede l’opera stessa attivare un dialogo con la sintassi dello spazio, per il tramite di un’interazione fra la dimensione scultorea dell’installazione e quella architettonica dello spazio stesso, a cui si aggiunge una dimensione “finzionale” del design, della tavola imbandita, defunzionalizzata ma simbolica con cui il visitatore si relaziona.
L’architettura gotica della piccola chiesa incastonata sul fiume Arno a Pisa, contribuisce in maniera determinante a rafforzare quella dimensione “dark” che si cela dietro la “bellezza” del display conviviale dell’installazione e si relaziona con l’aspetto deteriore legato alla pervasività e agli eccessi della comunicazione tecnologica».

Potete ricordarci, in estrema sintesi, la poetica di Rachel Lee Hovnanian?

«Sin dagli inizi della sua carriera artistica, l’artista si è confrontata con le ossessioni della società contemporanea, in particolare quelle estetiche legate alla bellezza esteriore, al narcisismo, soffermandosi in maniera particolare sulle alterazioni che l’eccesso di tecnologia e la pervasività dei mass media producono a livello di percezione del reale, di identità individuale e relazioni interpersonali.
In una dinamica post-mediale la Hovnanian utilizza i vari media, dalla pittura alla scultura, passando per il video e l’installazione multimediale, assecondando la necessità di allinearsi all’evoluzione tecnologica e alla società, in ultima analisi all’individuo, cardini e mete della sua ricerca creativa. Per questo nel corso degli ultimi anni nelle sue opere troviamo inserti in 3-D Print, elaborazioni audiovisive, proiezioni olografiche ecc».

Dove potremo vedere i suoi lavori nei prossimi mesi?

«Hovnanian sta lavorando a un ciclo di mostre a livello internazionale, tra cui una importante riguarda ancora il Belpaese e una delle più belle lagune del mondo….a breve aggiornamenti».

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