Categorie: Mostre

Renato Mambor | TornabuoniArt

di - 12 Febbraio 2020

Trenta opere sparse nelle sale della galleria percorrono lo sviluppo creativo di una delle personalità più poliedriche della Scuola di Piazza del Popolo.
Detentore di uno spirito artistico traboccante, Renato Mambor sfruttò tutti i possibili media in grado di esprimere questo impulso: la fotografia, il cinema, la performance, le installazioni e il teatro. Un percorso che toccò vari linguaggi senza dimenticare il punto di partenza: la pittura. «Voglio fare di tutto, ballare, cantare, scrivere, recitare, fare il cinema, il teatro, la poesia, voglio esprimermi con tutti i mezzi, ma voglio farlo da pittore perché dipingere non è un modo di fare ma un modo di essere».

La galleria Tornabuoni ha deciso di omaggiare l’artista per non lasciare circoscritta la sua produzione solo nel contesto italiano ma per diffonderla anche a livello internazionale dove ancora non è conosciuta a fondo.
La realizzazione di questo obiettivo è stata resa possibile grazie a Federico Sardella che, in collaborazione con l’Archivio Mambor, ha contribuito alla realizzazione di un catalogo completo in cui prendono voce anche Sara Uboldi, la moglie dell’artista Patrizia Speciale e Gianna Mazzini, realizzatrice del film “Renato Mambor” esposto nella galleria.

Renato Mambor, vista della mostra, Tornabuoni Art Paris

L’evento ha un’importanza tale che vede coinvolto anche l’Istituto Italiano di Cultura parigino: il 13 febbraio alle ore 19 proietterà il film della Mazzini, in occasione di un dibattito dal titolo “Renato Mambor, au delà du Pop-Art” a cui parteciperanno Patrizia Speciale, Walter Guadagnini e la regista del film.

Quelle che animano la galleria sono figure bidimensionali, moltiplicate ed estese nello spazio senza riferimenti somatici, simbolo universale dell’individuo della società pop. Lo spettatore può immedesimarsi o rimanere spiazzato dall’anonimità delle immagini, permettendo ad ogni rappresentazione di acquisire un nuovo senso, giocando con colori accesi.
L’effetto è ben reso dall’istallazione “Fili”: una silhouette a grandezza naturale di un uomo senza identità che tiene in mano una matassa di filo colorato, la stessa posta come sfondo sulla parete e ripetuta in serie. La bidimensionalità qui si accompagna al concetto di unità-separazione che può essere comprensibile dalle parole dell’artista: «Questi fili nell’arte sono ciò che ci lega ai compagni di strada, alla storia contemporanea, al passato, alle diverse forme d’arte, anche quelle che non condividiamo. (…) Il lavoro fili nasce come sempre da un problema linguistico, l’idea di occupare una parete con elementi sparsi, unità separate all’occhio dello spettatore. Poi si insinua l’idea di dare una direzione di senso».

Il risultato della mostra non è solo quello di trovare una direzione di senso per noi, ma un senso contestualizzato su tutto il lavoro che c’è dietro la produzione artistica di Mambor, adattabile anche alla contemporaneità. Per questa ragione Roberto Casamonti, titolare della Tornabuoni, ha selezionato opere più vicine al nostro presente, poiché, come sosteneva Renato «Il lavoro di un artista andrebbe letto a partire da oggi». Anche noi abbiamo scelto di leggerlo a partire da oggi riconoscendo come la sua profonda passione creativa sia riuscita a irradiarsi a trecentosessanta gradi, toccando ogni ambito e moltiplicandosi proprio come le sue figure.

Chiara Bonanni

Dal 29 gennaio al 22 febbraio

Renato Mambor, Galerie TornabuoniArt

9, rue Charlot

75003 – Parigi

Info: www.tornabuoniart.fr

Laureata in storia dell’arte con specializzazione in ambito contemporaneo all’Università La Sapienza di Roma. Durante la sua formazione ha studiato presso l’Universidad de Sevilla e Université Paris Sorbonne IV. I suoi studi si sono concentrati sull’arte andalusa contemporanea, sull’arte contemporanea femminile e gender studies. Ha svolto ricerche nell’archivio parigino AWARE, Archives of Women Artists, Research and Exhibitions, un'associazione co-fondata nel 2014 e diretta dalla celebre curatrice Camille Morineau. Tra il 2014 e il 2016 ha scritto per The Walkman Magazine e dal 2019 collabora con Exibart. In questi anni si è occupata di progetti di curatela come assistente di galleria e ha partecipato al Workshop Narrare per immagini al MAXXI e al progetto I had a dream, organizzato nel 2018 dalla Moleskine Foundation, insieme al curatore Simon Njami presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.

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  • Ho vissuto gli stessi anni 60 di Mambor, a Roma dal 1996 al 69, poi il rientro nella mia città natale di firenze,da dove nel 1961, mi trasferisco in sicilia per insegnare. Rintre a Firenze nel 69, ed inizia per me l'avventura fra le cose, dell'arte, trascorro cosi fra successi ed insuccessi, vita maledetta ma mai lamentata, ma sempre amata perchè quando la pittura entra nel sangue, è come un SEME, che nulla ha di diverso del seme che genera la vita, ho che fa germogliare distese di grano per il nutrimento, fino ad avere uno studio in New York, grazie ad una miliardaria americana che si innamora di un "grande pittore" e ne fa oggetto di sponsor e di lavoro, io vengo scoperto tra le pagine di una rivista d'arte, in una libreria di torino, e raggiunto nel mio studio in firenze, ambedue cercano un secondo, di spalla, accetto, pur sapendo che per il pittore(Un genio- ma maledetto dal gioco) e la presunta mecenate miliardaria, solo il modo di tenersi occupata facendo finta di lavorare.........ma io avevo perso da poco, per morte prematura del più grande mercante di Firenze che al tempo fu mio sponsor in esclusiva-dal 1980,al 1985, in cui muore. Brevità di successo e di luoghi deputati, di mercato alto fin dall'inizio, da solo non mi sentivo di continuare, e al di fuori di me , nessun mercante era più disponibile, da qui accetto la nuova arrivata, anche perchè non aveva bisogno di vendere i quadri per mangiare, quindi onorava stipendio, e in giro per il mondo, tutto pagato.Oggi l'operazione è depositata in New York, dove la mecenate ha residenza. 400 opere chiuse.Il sogno dura 10 anni. Personalmente la situazione mi costringe a cercare ancora, ma fuori da mostre e da avvenimenti siamo negli fine 80, un imprenditore di prato fuori dalle cose dell'arte si interessa del mio lavoro, non capisce nulla di arte ma per la prima volta acquista un mio pastello che lo fulmina, per regalarlo ad una sua, che frequenta. Approfitto del fulmine e li chiedo se può farmi lavorare senza alcun bisogno di sponsorizzarmi, ma creando un deposito di lavori, nel rispetto delle mie idee e delle mie risorse, non accetto mercanzia da vendere. Accetta e ci lavoro altri 10 anni. Oggi un Deposito di opere aspetta di essere messo fuori, c'è una speranza di ricevere un consulto? 800 opere che aspettano- ho un CV di tutto rispetto-Una Presenza al MOMA di New Yor- 1992-93, un presunto invito alla Biennale di Venezia avviato per la stagione 1986- presenza non avvenuta, perchè la trattativa con il mercante si interrompe, per la scomparsa, dopo avere ricevuto proposta di partecipazione da parte del comitato della biennale.

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