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Roberto Fassone e tanti artisti contemporanei sono in mostra a Palazzo Collicola di Spoleto
Mostre
A Spoleto, accanto al rinomato Festival dei Due Mondi, sono state inaugurate numerose mostre in tutte le sedi dei Musei Civici, nucleo eterogeneo di spazi che la direzione di Saverio Verini ha coordinato in un dialogo con la sperimentazione contemporanea. Incontriamo il progetto espositivo di Luca Bertolo Oggi, nel quale l’artista medita una velata conversazione con la Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo contenente affreschi risalenti sino al XIII secolo; Paolina e il suo Doppio, installazione costituita da due opere di Vettor Pisani, curata da Piero Tomassoni presso la Casa Romana; Umru: racconti da un paesaggio idrosociale al Museo del Tessuto e del Costume, mostra di Cecilia Ceccherini e Alberto Valz Gris, realizzata in collaborazione con Mahler & LeWitt Studios e a cura di Guy Robertson.
Tra le molte proposte, Palazzo Collicola ospita, nella ricchezza degli ambienti del piano nobile, Inizio fine. Rotondo. Tutte le cose del mondo, la personale, realizzata in collaborazione con il Festival, di Chiara Camoni, autrice anche del manifesto di questa 67° edizione. Al piano terra, percorrendo il porticato antistante al piazzale, non senza fare una tappa nella sala di Wall Drawing 951, lavoro donato da Sol LeWitt al museo, si raggiunge la personale di Roberto Fassone Concerto, curata da Verini e aperta fino al prossimo 20 ottobre.
La mostra, che riunisce una compilation di opere prodotte tra il 2010 e il 2024, porta sulla scena una performance a più voci, un concerto caratterizzato da un «approccio rigorosamente ludico» e una «spiccata dimensione concettuale», come scritto dal curatore, tipici della poetica di Fassone. L’artista compare in opere video dall’estetica amatoriale impiegando diverse forme del gioco, come il playback di Quando eri mia (2010), il mimo di Charades (2016) o lo spot di Ball Don’t Lie (2015-2017). In The Importance of Being Complex (2014-2016), titolo che richiama la paradossale ironia di Wilde, è portata sul palcoscenico anche la massa creativa di YouTube con un gesto divertito di appropriazione di materiale online proprio della seconda generazione di Internet Artist.
Il collage di video mostra «persone e animali [che], senza saperlo, fanno cose molto simili a performance artistiche del passato» come I like America and America likes me di Joseph Beuys. Anche il visitatore entra in gioco: Fassone sperimenta con il medium-mostra tramite la scrittura di didascalie che si rivolgono al lettore e gli chiedono di assumere una voce attiva. Con note della poetica concettuale di Yoko Ono, artista significativa per Fassone, le didascalie guidano un esercizio che inizia con un esplicito invito a immaginare e prosegue con testo, tra il descrittivo e il poetico, con il quale il fruitore può figurarsi le opere senza averle viste materialmente. In questo modo, il Concerto non solo risuona nelle opere installate nelle diverse stanze, ma anche nel canticchiare immaginativo di chi percorre la mostra.
Fassone ha un profondo interesse per la scrittura e, negli ultimi anni, racconta a exibart, ha trascorso molto tempo a sperimentare con la poesia. Nella sua ricerca ha sempre avuto rilevanza la componente testuale che, anche se non intesa per essere la principale forma espressiva dell’opera, funge da elemento significante capace di guidare e orientare. Questa funzione si riscontra, ad esempio, nel lavoro La notte scende sul Mar Rosso; Il tramonto sul Mar Nero; Bussola; Un quadrato e due rettangoli, un’indagine sull’influenza esercitata dai titoli che, scrive l’artista nella didascalia, sono in grado di trasformare, descrivere, confondere, suggerire. Un quadrato rosso e nero, con titoli disposti sui quattro lati, si presenta in quattro copie identiche appese con versi differenti alle pareti di una stanza. «A seconda di come lo giri si trasforma: quando il rosso è nella parte bassa La notte scende sul Mar Rosso, quando il nero è nella parte bassa Il tramonto sul Mar Nero».
Quest’opera si lega a un ambito di ricerca che ha caratterizzato soprattutto i primi anni della sua carriera, quando, afferma, era per lui importante comprendere cosa significasse essere un artista e fare arte. In questo contesto, ha dato origine a un corpus di lavori che scompongono gli elementi strutturali delle opere, mettendone in luce i paradigmi e lo statuto. Possiamo citare sibi, opera digitale risalente al 2012, che genera per il giocatore un medium, un tema e un titolo, istruzioni personalizzate per costruire un’opera d’arte.
Anche qui lo sguardo analitico e oggettivo si coniuga con una controparte ludica e ironica. La sua produzione è sempre contrassegnata, mi dice, da elementi che stridono; gli piace, in altre parole, che sia sottilmente stonata. In alcuni casi l’ironia convive con l’analisi, in altri con la voce risonante di un gioco esistenziale, come mi spiega Verini, sul crinale tra il plausibile e il non plausibile. Surfisti e surfiste stanno sulla riva del Pacifico e pensano alle origini dell’universo; l’artista al campetto di Senigallia tira a canestro per dare soluzione a domande senza risposta; il fruitore ha a disposizione un biliardo per giocare una partita con se stesso con infissa una placca che «ricorda che alle volte bisogna cambiare direzione e vivere le cose come vorremmo».
Fassone chiede di sperimentare una postura che si assume con il potenziale generativo del verbo “immagina” e si mantiene riconoscendo che ci sono almeno due modi per pensare l’esistente, dall’attribuzione di senso alla sua totale mancanza. Un pensiero magico che attiva nuove angolature e connessioni causali dai tratti giocosi, cambi di direzione, attenuazioni rasserenanti, accostamenti antitetici; pratiche immaginative che diventano modus vivendi, sempre con l’ironia che guarda al mondo senza la pretesa di raddrizzarlo. Questa mostra, mi dice, segna una fase della sua carriera che si è in parte conclusa per lasciare spazio a un fare meno concettuale e più poetico e intuitivo: «L’anno scorso mi sono reso conto di essere arrivato a un momento in cui era giunto il tempo di guardarmi indietro e fare il punto. Questo dialogo con il curatore mi ha dato l’opportunità di farlo».