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Roma celebra Carla Accardi con una grande mostra a cento anni dalla sua nascita
Arte contemporanea
A cento anni dalla sua nascita, una grande retrospettiva dedicata a Carla Accardi nelle sale del Palazzo Esposizioni in Roma: la mostra è stata possibile grazie alla disponibilità ed il contribuito delle istituzioni pubbliche nazionali e internazionali che conservano alcune delle opere più emblematiche, alla squadra dell’Azienda Speciale Palaexpo con le curatrici Daniela Lancioni e Paola Bonani, con la collaborazione dell’Archivio Accardi Sanfilippo, il sostegno della Fondazione Silvano Toti e dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale.
Il rapporto tra Roma e Carla Accardi è molto stretto, segnato da un inizio importante nell’anno del referendum delle donne. Questo vento di emancipazione accarezzerà Accardi che diventerà militante femminista per un lungo periodo della sua vita: vitale e fuori dagli schemi come la sua pittura, in cui pennellata dopo pennellata, sprigiona la sua travolgente e contagiosa energia.
Le sue opere libere appaiono armoniose e ritmate, segni incastrati gli uni sugli altri in linee ondeggianti e sinuose per un effetto quasi ipnotico. Innovativa è la ricerca verso la forma data dalla luce e dal segno, che insieme ad altri segni, compone l’anti-pittura, tracciando la storia dell’astrattismo italiano dell’immediato dopoguerra.
La sua ricerca pittorica si snoda dalla radicalità del bianco e nero all’introduzione del colore, alla sua lucentezza, alla “brillanza” come una luminosità estrema riferita al fenomeno fisico che emette energia raggiante, il tutto al fine di produrre la forma. Si susseguono invenzioni e sperimentazioni per una metamorfosi dell’artista.
In mostra circa 100 opere datate dal 1946 al 2014, articolate in un percorso museografico cronologico, che inserisce Innesti con installazioni della stessa artista. Un’antologica ricca di concettuale forza, che propone un avvincente itinerario creativo dell’artista, documentato nella prima sale con il racconto storiografico di tutti i passaggi della sua vita, dal primo ritratto ad olio al manifesto del movimento Forma, al femminismo, alla ricerca dei segni dell’astratto e del colore passando per l’esplorazione di nuovi materiali plastici. Le curatrici suggeriscono di imprimere nella memoria la prima sala che aiuterà la visita per le successive.
Sono sette gli ambienti che ospitano gli allestimenti delle opere, per un racconto che parte con le inedite opere d’esordio. Il primo autoritratto, i primi accenni dei famosi segni: come nel Grande Grigio Bruno del 1954 o Materico con Grigi del 1954. Nel segno il richiamo del gesto, tracciato con la pittura ad olio alternata a smalti. Il bianco sembra quasi il ricordo alle saline o alle bianchissime case di Trapani.
Tra il 1955 e il 1961 la produzione delle opere più note, in cui il bianco e nero sono gli unici colori consentiti per una purezza concettuale. Sono opere di grandi dimensioni e Accardi dipingerà a terra segnando una grande svolta al suo approccio artistico. Nel successivo periodo tra il 1963 e 1966 sarà il colore ad entrare prepotentemente nelle opere dell’artista, ma sempre monocromo e antinaturalistico, come Verderosso del 1963 o Violarosso. Esposti accostati raddoppiano l’alternanza dei contrasti, allestimento proposto dai curatori in sintonia con la documentazione fotografica delle esposizioni dell’artista. Con l’esplosione del colore, il segno si assottiglia, per un armonico bilanciamento. Le opere sono tautologicamente intitolate con i nomi dei colori. In questi anni sperimenta un nuovo materiale Sicofoil con cui modifica il supporto del dipinto. Questi acetati trasparenti si vendevano in rotoli e per non variare la loro origine, dopo che li dipingeva, l’artista gli ri-arrotolava ottenendo un’esaltazione delle proprietà fisiche del materiale lasciando libera “l’oggettiva esistenza delle cose”.
In mostra il grande fregio lungo 12 metri intitolato Si dividono Invano del 2006 realizzato sul modello eseguito nel 1972 a Tangeri Marocco. Spazialità dell’arte con funzione decorativa, in un dialogo tra esterno e interno, ci parla di viaggi e di incontri. Il connubio arte e architettura sarà sempre presente nelle opere di Accardi che ne Le Tende troveranno la massima espressione.
Ne La Triplice Tenda esposta magistralmente nella rotonda del Palazzo delle Esposizioni, prestata dal Centre Pompidou è una delle opere più rappresentative dell’artista. Tre tende una dentro l’altra, tre differenti ambienti con entrate non allineate, accessibile è lo spazio che le separa. Si presenta con un linguaggio che contiene il principio della natura, il segno appare seriale e forte è il rapporto con lo spazio. L’idea è di abbandonare il quadro per ridurre e smaterializzare l’opera, rendendola fruibile. Fu definita dall’artista stessa “una cosa estetica”.
Un altro ambiente ricreato è l’installazione Opera del 1976 simile a quello che compare nella foto scattata nella sede della Cooperativa in via Beato Angelico. L’accesso alla sala avviene attraverso un ambiente lungo e stretto, un passaggio metaforico nella vita dell’artista. Quest’opera concettuale e di autocoscienza, racconta la genesi famigliare di Carla Accardi che nasce da una famiglia colta, si evolve, fa esperienze, viaggia, senza timore di esporsi al giudizio dell’osservatore. In essa la pittura scompare per far spazio alle foto come documento storico che sostituirà nell’ultima versione esposta.
Un tuffo nel passato si ha entrando nella penultima sala con l’allestimento uguale a quello proposto per la Biennale del 1986. Vi è il ritorno della tela grezza, il desiderio di svelare il materiale che supporta la pittura, per renderlo soggetto autonomo aumentando l’imprendibilità dell’immagine modellata e terminata solamente alla presenza di chi lo osserva.
Negli ultimi anni della sua vita artistica, i segni si dilatano e si ingigantiscono relazionandosi con le ombre. In mostra Grande nerobianco e Grande bianconero, Movenze notturne. I titoli delle sue opere sono spesso relativi a titoli di poesie, come quest’ultima di Serrao, che l’artista amava annotarsi su diari.
Alla mostra segue un’esaustiva pubblicazione, catalogo dell’esposizione, che raccoglie contributi storico critici per un rigoroso approfondimento sul lavoro dell’artista e un’antologia della letteratura critica dedicata a Carla Accardi dal 1950 fino alla sua scomparsa. Editato da Quodlibet si pone come inizio per una celebrazione festosa del centenario della sua nascita.