La fine dell’Antropocene è vicina: urge una comunione nuova. “Ibridazione” è la parola d’ordine. Inedite intese sono da siglare tra inorganico e matière vivante. Questa la sollecitazione degli oltre duecento artisti alla 59ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. Il fermento artistico, tra il fiabesco e l’alieno, è alle stelle già dai giorni di preview del 20, 21 e 22 aprile. All’Esposizione tentacolare non bastano gli spazi dedicati: Arsenali, Giardini, Corderie, Padiglioni. Quasi ogni antico palazzo veneziano – fra calli, gondole, canali e sestieri – si mette letteralmente in mostra, proponendo Eventi Collaterali in profondo dialogo con le questioni aperte da Cecilia Alemani, curatrice della Biennale di quest’anno, “Il latte dei sogni”.
E non solo. Nuove aree espositive sbocciano nel cuore di Venezia: è il caso del Salone Verde che ospita “Take your time”, percorso installativo dell’artista Francesca Leone (Roma, 1964), a cura di Danilo Eccher e visitabile fino al 27 novembre 2022. Concepita durante la pandemia, la rassegna è in collaborazione con Nomas Foundation, centro di ricerca sull’estetica dei linguaggi a partire dall’arte contemporanea.
Sono cinque gli ambienti del Salone Verde. Spazi fluidi nei quali campeggiano le opere di Francesca Leone, realizzate in lamiera. Nella prima sala grossi fiori pendono dal soffitto: è un roseto mutante, in dialogo con i fiori metallici di Orchidelirium, nel Padiglione Estonia. Rose spiroidali che insieme ai tronchi in lamiera dello Space 4, sono esposte alla ruggine, perché il tempo racconti cromaticamente cosa accade mentre accade, secondo i concetti di tempo reale e di reciprocità tra opera e fruitore.
Le istallazioni di Leone, esemplari di una botanica ibridativa, richiamano i temi del libro di favole di Leonora Carrington da cui prende il titolo la Biennale. Tra metamorfosi, connessioni, corpi in trasformazione, il Tempo diventa strumento estetico di conoscenza. Così nel labirinto site specific creato dall’artista, dove ripercorrere, fra fasci di luci e ombre, gli stadi della propria vita. Quasi un richiamo al labirinto che omaggia Borges sull’Isola veneziana di San Giorgio.
Perdersi per ritrovarsi di solito funziona. E, in caso contrario, ci si imbatte in qualcosa di nuovo: è comunque un percorso da fare, votato all’evoluzione. L’opera forse più interessante è quella dello Space 2. Una griglia di rinforzo, di quelle che si trovano camminando in città, nella quale l’artista ha collocato realisticamente mozziconi di sigarette, chewing-gum, lacerti di plastica. Esposta al Macro di Roma nel 2020 e alla Triennale di Milano nel 2015, al Salone Verde di Venezia la griglia viene collocata non sul pavimento ma sul soffitto, in un rovesciamento scioccante. La tematica temporale, in questo caso, si lega alla stratificazione della materia e tocca la nostra contemporaneità.
Il titolo “Take your time” assume qui l’aspetto di una provocazione. Non c’è più tempo. Il soffitto è opprimente. Sembra che i rifiuti possano caderci in testa da un momento all’altro. Il mondo, sempre più inquinato, va salvato e in fretta. Francesca Leone racconta di più tempi in un solo tempo. Il tempo interiore, il tempo della sedimentazione, quello della memoria. Il tempo della ricerca, il tempo cosmico. “Take your time” non come invito ad andare adagio ma, piuttosto, come un’esortazione ad afferrare al volo il proprio tempo ed entrare in azione.
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