Categorie: Mostre

Ruben Montini, “Come fuoco in una pozzanghera come fuoco spento”

di - 31 Gennaio 2025

“Che cosa succederebbe se il volto umano esprimesse fedelmente tutta la sofferenza di dentro, se l’espressione traducesse tutto il tormento interiore? Riusciremmo ancora a conversare? Non dovremmo parlare nascondendoci il volto con le mani? La vita diventerebbe decisamente impossibile se i nostri tratti palesassero l’intensità dei nostri sentimenti. Nessuno avrebbe più il coraggio di guardarsi allo specchio, perché un’immagine insieme grottesca e tragica mescolerebbe ai contorni della fisionomia macchie di sangue, piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime irrefrenabili” diceva Emil Cioran in Al culmine della disperazione, la sua prima opera filosofica pubblicata nel 1934. Da questa serie di domande e di assunti, si apre la riflessione sulla poetica di Ruben Montini a cura di Domenico de Chirico, che ha redatto il testo critico sulla personale dell’artista in scena a Milano (l’altro testo critico appartiene ad Arnold Braho).

Ruben Montini, Come fuoco in una pozzanghera come fuoco spento, 2025. Installation view, Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Ph. Nicola Morittu

La quarta mostra personale di Ruben Montini in Prometeo Gallery Ida Pisani si apre con due opere emblematiche della ricerca dell’artista originario di Oristanio, Vaso di cazzi, realizzata attraverso la tecnica del ricamo e Horny dick at the Ioo, che si configura come uno specchio sul quale un pene ricamato al centro è contornato da una serie di frasi sessualizzanti. Ci si immerge nell’immaginario di Montini, al confine tra reale e teatrale, tra documentaristico e provocatorio. Dalla scultura alla performance, passando dal video e altre tecniche espressive, Montini mette al centro della sua pratica la figura umana, spogliandola, indagandone i misteri e le debolezze. Le sue opere, spesso cucite a più mani, si fanno allegorie di un presente in cui l’eterosessualità è ancora largamente vista come l’unica via dettata dalla natura. Montini si pone all’opposto rispetto a questa visione e, tramite le sue opere, urla figurativamente al mondo la propria convinzione sull’esistenza di diversi modi di essere. E sul fatto che nessuno di essa possa essere considerato sbagliato. I suoi tessuti, le sue installazioni e i suoi disegni sono pieni di colore, di relazioni, di intrecci. Si tratta di un’operazione artistica ma anche di sensibilizzazione, uno slogan per una società in deriva, a partire dalla politica e le conseguenze delle sue azioni sulla società civile.

Ruben Montini, Come fuoco in una pozzanghera come fuoco spento, 2025. Installation view, Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Ph. Nicola Morittu

Al centro della sala espositiva della Prometeo si erge un lavoro recente di Montini, dal titolo Altarpiece UK (2024), realizzato alla Kingston School of art di Londra assieme a studenti, professori e professoresse. In esso, come spiega l’artista nel corso dell’inaugurazione della mostra, vi è un approccio orizzontale, senza gerarchie, una “condivisione di esperienze su tessuto” relativamente alla vita vissuta di ogni singolo partecipante. Un lavoro che Ruben Montini sta portando avanti dal 2021 e che, dice, vorrebbe portare in tutti i paesi del mondo, dopo averlo già fatto in Francia, in Messico, in Brasile, in Polonia, ma soprattutto con delle persone della comunità LGBT che sono scappate dall’Iran in questi ultimi anni di repressione. Montini ha raccontato come studenti, professori, artisti e rappresentanti della comunità LGBT dei propri paesi sono stati invitati a lavorare in un “safe place” in Italia, lontani dai pregiudizi e liberi di condividere le proprie esperienze con gli altri. Nella realizzazione di questo lavoro, è stato chiesto ad ogni partecipante di selezionare una forma di pala d’altare, o nel caso di iraniani e turchi strutture di moschee. Nelle pale dell’arte classica, oltre ai santi sono spesso presenti martiri cristiani: per questo motivo, Montini fa un parallelismo tra i martiri uccisi per il proprio credo e le persone appartenenti alla comunità LGBT, bullizzate ed escluse in alcuni paesi, perseguitate e ammazzate in altri. Martiri contemporanei in una società laica, a cui viene chiesto di raccontare cosa hanno vissuto. Nell’opera si possono identificare parole (spesso e volentieri insulti omofobi), simboli, oggetti, come ad esempio la camicia di un ragazzo trans che porta nell’opera la propria testimonianza di un episodio di omotransfobia.

Ruben Montini, Ritratto della mia famiglia nell’Italia meloniana, 2025, dettaglio. Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Ph. Nicola Morittu
Ruben Montini, Come fuoco in una pozzanghera come fuoco spento, 2025. Installation view, Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Ph. Nicola Morittu

La mostra prosegue con Ritratto della mia famiglia nell’Italia meloniana, ultima opera realizzata in assoluto da Montini. Si tratta di un’installazione che simboleggia lo stato delle numerose famiglie italiane dopo l’approvazione della legge recentemente approvata dal governo che ha reso la gestazione per altri un reato universale. L’artista si raffigura assieme ad un altro uomo e un bambino. I due uomini omosessuali sono dietro le sbarre, mentre quello che secondo la legge non è loro figlio si trova davanti, mentre cerca con le sue piccole mani di abbracciare i padri e piange. Un lavoro tecnicamente interessante, a cui girare attorno per notare dettagli, sfumature, risvolti. E poi un’altra pala d’altare e una serie di disegni a parete che corredano le installazioni al centro della sala. L’ultimo lavoro della sala s’intitola Il mio cuore sarà sempre con voi, ennesima citazione cristologica di Montini, opera concepita per fare in modo che un eventuale acquirente dell’opera debba donarla a qualcuno che sia stato vittima di omotransfobia, come indicato in una delle targhette appese al tessuto. Un video proietta Le mura del manicomio (2024), performance realizzata con il collaboratore di Montini Mattia Ozzy B., in cui si riflette sulla famiglia omogenitoriale e un’ondata di colore nero raffigura l’intolleranza nei confronti del tema. Nell’ultima stanza della mostra sono infine esposti i Teatrini, flussi di coscienza sotto forma di mappe concettuali, tra cui quello che dà il titolo alla mostra, nei quali Montini propone una serie di ruoli imposti dalla società e invita l’osservatore a riflettere sul perché dovremmo basare la nostra identità su modi di essere che ci sono stati cuciti addosso.

Un repertorio in mostra carico di citazioni, riflessioni, racconti di paure personali e di una comunità intera in un mondo in cui la direzione presa dalla politica sembra sempre più quella dei nazionalismi, dell’appiattimento culturale e di un generale riecheggiare di sentimenti d’odio verso le minoranze.

Ruben Montini, Come fuoco in una pozzanghera come fuoco spento, 2025. Installation view, Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Ph. Nicola Morittu

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