24 ottobre 2024

Salvifica, Giovanni Manfredini incontra il Sassoferrato, tra luce e redenzione

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Il Premio Salvi a Sassoferrato ospita la terza mostra del ciclo Salvifica: un dialogo tra l’arte del ‘600 e le opere di Giovanni Manfredini, sul tema della redenzione

GIUDIZIO UNIVERSALE, 2018, cm 300x200

Nel Palazzo degli Scalzi, edificio tardo rinascimentale simbolo della parte bassa di Sassoferrato, oggi adibito a mostre temporanee – Mam’s – e nella ex Chiesa di origine longobarda di San Michele Arcangelo, nel borgo alto e centro storico del Castello, l’artista Giovanni Manfredini dialoga con otto dipinti inediti del pittore Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato e con due opere di Alessandro Mattia da Farnese, Madonna col Bambino e San Giovannino e Battesimo di Gesù, provenienti da collezioni private. Molto vicini al suo stile, questi lavori rinnovano la possibilità che la bottega del Salvi non sia stata così selettiva come si riteneva, bensì aperta ad altri contatti e collaborazioni di livello. Salvifica è un’esposizione visitabile fino al 26 gennaio 2025 che allude al nome del pittore seicentesco Salvi e all’idea di una pittura di vocazione divina.

Oltreché avvalersi di due sedi espositive, la mostra, curata da Federica Facchini e Massimo Pulini, conta anche del prezioso contributo di un docufilm Io spero paradiso del regista Daniele Pignatelli, su iniziativa della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, di cui è possibile vedere un estratto nella chiesa di San Michele. L’attenzione è posta sul concetto di redenzione e sulle opere liturgiche e gli arredi sacri creati da Giovanni Manfredini, in particolare un Ostensorio realizzato con lamiere di una baraccopoli in Kenya. La scena si svolge durante una celebrazione religiosa sulla spiaggia di Lampedusa, luogo di arrivo e spesso di morte dei migranti.

Sassoferrato, Immacolata Concezione, Pesaro-Milano, Altomani & Sons (olio su tela, cm. 73×45)

Il progetto Salvifica si inserisce in una terna di mostre del Premio Salvi che ha visto la realizzazione di tre cataloghi, quasi a formare un unico volume, partita nel 2022 con la presenza dell’artista Nicola Samorì e nel 2023 con quella di Ettore Frani, arricchita oggi dall’esperienza magistrale di Giovanni Manfredini, tutti esponenti della contemporaneità in grado di sovrapporsi su alcuni temi al Salvi e stabilire con lui relazioni concettuali e spirituali.

Corpo e anima vengono considerati nella tradizione religiosa l’uno come contenitore dell’altra. La preghiera, la meditazione, la pratica della devozione possono essere rappresentate in arte attraverso la fusione tra il divino e l’umano, come avviene nel Sassoferrato e in Giovanni Manfredini, mostrando corpi che trasmettono una profonda spiritualità.

Liturgia Cosmica, 2022, cm200x150

All’inizio del percorso di mostra, nella corte centrale, sopra un bellissimo cielo, veniamo accolti da un gesto d’amore, un regalo che Manfredini dona alla città, l’opera site specific Solo amore, inizialmente grafica, realizzata con croci costruite a mano con mattoni, importante elemento architettonico del territorio.

Luce, religiosità, corporeità, purismo, arcaicità, mistero, intimità, lirismo, silenzio, sono solo alcuni punti di contatto fra due mondi, l’antico e il moderno. Manfredini parte da uno studio sul corpo, sul calco e sull’impronta, come esperienze organiche, che potrebbero essere accostate a quelle di Yves Klein e della Body Art, fin dal ciclo di lavori degli anni Novanta Tentativo di esistenza. Opere come La pietà, Il compianto, Giudizio Universale sono a sfondo religioso e si concentrano sulla sacralità e sulla luce che porta salvezza e pace, quasi a uscire dalla materia verso un dinamismo che si sposa con le composizioni seicentesche, alle quali spesso il nostro si è accostato. Le figure vengono fuori dalle tele per trovare un luogo di redenzione in un costante legame fra superficie dell’opera e materia organica.

Sassoferrato, Santa Cecilia, Altomani & Sons olio su tela (olio su tela, cm. 91,4 x 71,1)

L’artista sospende il tempo in una visione contemplativa nella quale la drammaticità è data dal nero assoluto e magmatico. Tale intensità sembra non essere presente nelle opere del Salvi, noto per il suo stile barocco dai colori luminosi e dalla dolcezza espressiva, ma solo all’apparenza. C’è difatti nell’artista seicentesco un trattenimento della profondità e un’omissione, come avviene nella Vergine in preghiera posta in dialogo con Ipotesi del volto di Cristo di Manfredini. Vicina al caravaggismo la Vergine ha tratti scultorei, dati dal panneggio che incornicia il volto e dalle mani chiare in primo piano. Nel quadro c’è una sorta di contemplazione, di svelamento e apparizione presenti anche nell’opera del nostro, studioso non a caso di Goya, Velasquez e Rembrandt, nonché del suddetto Caravaggio, dai contorni appena accennati, ma dai dettagli ben visibili.

Ancora nella Maddalena Orante e in quella in preghiera del Salvi, l’una nitida nella deflagrazione del colore blu, l’altra sfumata nei toni del bruno e del perlaceo, vengono reinterpretati modelli ufficiali come in Manfredini con Caravaggio/Natura morta, di una divinità dichiarata e rimando a un’iconografia seicentesca alla maniera del luminismo di Caravaggio. Le mani che fuoriescono dal nero fumo tengono un libro aperto con un particolare di San Girolamo scrivente del Caravaggio. Nelle repliche e copie del Salvi c’è la stessa qualità ed entusiasmo rispetto agli originali, attraverso studi e lievi modifiche in grado di sviscerare ogni volta l’iconografia e il senso dell’opera.

Tentativo di Esistenza, 2016, 200×150

Il mutismo delle figure, l’assenza di gesti nelle sue madonne e nelle scene di poetica familiare, il dramma, il ritratto, la consapevolezza del dolore, il mistero emblematico, la mancanza di suono e movimento, sono legate dal nero. Il nero Manfredini è un rapporto luce/nero, utilizzato attraverso il fuoco, che lo rimanda al dolore, alla cicatrice, alla ferita.

Tutti gli artisti che lavorano con la pittura imprimono all’ultimo strato particolare vigore per manifestarsi verso lo spettatore, la pelle del quadro è dunque quella che lascia la profondità.

Sassoferrato, Madonna in preghiera, Collezione privata (olio su tela, cm. 47 x 35) (courtesy Roberto Ducci, Firenze)

Sant’Antonio da Padova del Sassoferrato e collaboratore, incorniciato da una ghirlanda di fiori di stampo fiammingo, brilla di luce ascetica e va a confrontarsi con il trittico di Manfredini Resurrezioni e Angelo in cui le sagome sembrano oscillare nel vuoto per arrivare a una redenzione. Il calco dell’artista rappresenta l’Umanità che da buio si fa luce, così come il volto di Santa Cecilia del Sassoferrato, sospesa tra preghiera e lettura, sullo sfondo di un paesaggio e di una natura morta nitidi, svela il suo martirio, confrontandosi nuovamente con Manfredini nel trittico Senza titolo, anch’esso vicino all’idea di supplizio, di un corpo deformato e crocifisso tendente all’eterno e alla salvezza.

Alessandro Mattia da Farnese, Madonna col Bambino e san Giovannino, Arezzo, collezione Longi

In mostra anche nuovi cicli di opere, Estasi, Liturgia Cosmica, Croce cosmica, che propongono una visione più contemplativa e mentale e abbandonano il lirismo esistenziale e la fase della corporeità. Pianeti, sfere luminose, corpi celesti si stagliano su sfondo scuro, in un rapporto armonico tra luce e buio. Di fianco è posta l’Immacolata Concezione del Sassoferrato, eco e sinergia di immagini, concetti e preghiere. Incastonata nella luce la composizione sembra stagliarsi dal fondo buio e fluttuare nell’universo in una luce lunare salvifica che si stempera nella vivida gamma di azzurri donando all’opera carattere di sacralità e plasticità, assenza e presenza. La cura della madre verso il Bambino è la stessa del fanciullo che ci guarda mentre stringe tra le mani un globo, del medesimo azzurro delle vesti. I corpi di Manfredini assumono sempre iconografie cristiane che riportano alla pietà, alla deposizione, alla crocifissione, al giudizio universale.

Senza Titolo, 2012, cm200x150

Nella Chiesa, La caduta degli angeli ribelli allude al Giudizio Universale e indica il conflitto tra bene e male, quando il male si ribellò. Il lavoro è perfettamente inserito nel contesto perché la chiesa di San Michele si trova sulla linea micaelica adriatica che dall’Irlanda arriva in Palestina passando per l’Italia. La linea immaginaria rappresenta il colpo di spada con cui San Michele scaraventò il diavolo all’inferno.

Croce cosmica, 2022, cm300x215

Il corpo come resurrezione è un tema spesso affrontato nelle rappresentazioni artistiche, dal Rinascimento al Barocco, che idealizzano il corpo umano nella bellezza fisica e spirituale per esprimere la divinità, fino agli artisti contemporanei che, attraverso la traccia e la gestualità di un segno, giungono a dimensioni mistiche e sacrali. La salvezza, ieri come oggi, è rappresentata dalla luce, dalla rinascita e dalla trasformazione, simboli di speranza e redenzione.

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