Cartone, elementi e fibre vegetali, parti metalliche, tessuto, sono questi gli elementi che compongono Selva, la mostra di Eva Jospin a cura di Chiara Squarcina e Pier Paolo Pancotto, in collaborazione con Galleria Continua. Il piano terra del Museo Fortuny prende una forma nuova, la grande sala viene infatti trasformata, anche architettonicamente, dall’artista che con le sue composizioni plastiche è riuscita a creare un imponente corridoio che accompagna il visitatore introducendo alla mostra e al suo lavoro.
L’atmosfera in cui ci addentriamo è quasi fiabesca, a tratti misteriosa, ci troviamo di fronte ad un’imponente architettura che solo ad un secondo sguardo più ravvicinato capiamo essere composta interamente da strati di cartone modellato in incredibili forme e paesaggi. Allo stesso modo i bellissimi quadri colorati che rappresentano foreste incantate si rivelano essere fitti ricami a mano, talvolta sovrapposti in modo da ricreare la vegetazione di una vera selva. Una serie di rimandi a vari temi rende molto interessante il percorso espositivo. Infatti è attraverso la creatività e a processi operativi e intellettuali che Eva Jospin tratta questioni ecologiche e ambientali. Paesaggi, alberi, piante, rami, foglie, formazioni geologiche, brani di vegetazione, strutture architettoniche, sono da sempre al centro della ricerca dell’artista, colte tanto nel suo stato originario quanto nelle molteplici interpretazioni iconografiche e iconologiche che ne sono state offerte nel corso del tempo.
Ritornando al percorso della mostra, il fulcro dell’installazione è Galleria (2021-2024): un passaggio ad arco con soffitto a cassettoni realizzato con cartone, legno e materiali vari in cui ricorrono diverse fonti d’ispirazione del lavoro dell’artista. Sul fondo del portego si accede a una sala dove si trova Carmontelle (2023), un panorama “animato” ispirato ai paesaggi trasparenti ideati da Louis Carrogis de Carmontelle (Parigi 1717-1806): vedute incise su tela e fatte ruotare su un rotolo di carta teso tra due strutture cilindriche usate come sfondo per azioni sceniche e teatrali. Ed è allo stesso modo che la Jospin elabora una veduta traforata mossa da un dispositivo meccanico che rievoca, idealmente, quelli concepiti dal pittore e architetto francese del XVIII secolo tanto nella struttura quanto nella funzione scenica e, al tempo stesso, richiama l’attività svolta da Fortuny nel campo della scenografia.
Una mostra di carattere che si relaziona a suo modo con l’allestimento dell’atelier di Mariano Fortuny al piano superiore del museo. Nymphées (2022-2024), appare come un omaggio dell’artista alla tradizione architettonica veneziana dal XVI secolo in poi: una serliana articolata in un’apertura centrale ad arco e due laterali trabeate al cui interno sono appesi due ricami incorniciati, sovrapposti, a loro volta, ad altri ricami, chiusa ai lati da due pannelli i dipinti a trompe-l’oeil di soggetto agreste fanno eco a quelli eseguiti da Fortuny nel “giardino d’inverno” al primo piano dell’abitazione.
Ecco dunque che le opere, molte delle quali create per l’occasione, non dialogano solo con il contesto che le accoglie ma soprattutto con l’identità delle raccolte che custodisce, ovvero la produzione artistica di Mariano Fortuny.
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