A Roma, al Gaggenau DesignElementi, fino al 31 ottobre, la mostra “SEMI”, la personale di Flora Deborah, a curata da Sabino Maria Frassà, che segna il
secondo appuntamento del ciclo di mostre “Materiabilia” promosso da Gaggenau e CRAMUM nel 2022.
«“Semi” è il racconto della favola gotico-contemporanea di Flora Deborah e del suo lungo viaggio alla ricerca del senso più profondo dell’esistere; un viaggio che, come in tutte le favole, è lungo e travagliato, ma caratterizzato dall’ottimismo dell’andare avanti con infinita resilienza. Lo showroom Gaggenau DesignElementi di Roma diventa così scenario di una vera e propria esperienza performativa oltre che installativa. Come spiega il curatore Frassà «Agli spettatori è chiesto di portare e donare all’artista un sasso, così da poter partecipare a quello che potrebbe essere definito come un corale viaggio di iniziazione, pensato dall’artista per la costruzione di una nuova Torre di Babele, luogo di dialogo e confronto”, hanno spiegato gli organizzatori.
«La mostra, – hanno proseguito – è la prima monografica di Flora Deborah in Italia, e arriva dopo anni difficili, che vedono l’artista combattere contro la malattia di Lyme. Immagini in bilico tra sogno e realtà, nate da un processo creativo che non prevede mai correzioni, ma che vede proprio nelle imprecisioni o nei ripensamenti del gesto artistico una metafora delle alterne vicende umane: non si torna mai indietro, non c’è gomma, ma si va avanti portando nuova materia all’interno del proprio percorso. Così nascono le opere in ceramica, terra e oro di Flora Deborah, che sublima e sintetizza lo straordinario lungo viaggio che è l’esistenza umana: tutto nella nostra vita può essere il seme di un nuovo frutto, a patto che si riesca anche dolorosamente a raggiungere una piena consapevolezza di sé».
Abbiamo parlato con Sabino Maria Frassà, Direttore artistico di Cramum e curatore della mostra, del progetto espositivo.
Come è nato il progetto espositivo la collaborazione con Flora Deborah? Come ci colloca nella collaborazione tra Gaggenau e Cramum?
«Flora si qualificò seconda alla quarta edizione del Premio Cramum nel 2016. Da allora non ci siamo più persi di vista è ho assistito alla sua maturazione e alla formalizzazione di tanti contenuti, interessanti e unici. Molto anglosassone come approccio all’arte e alla materia, ma allo stesso modo molto lontana dalle derive d’oltre Manica che avvicinano sempre di più l’arte al design, vedendo nell’artista un mero ideatore di progetti. Flora si è però allontanta da ogni qualsivoglia idea di artigianalità e del lavoro eseguito a regola d’arte, a volte tipico delle accademie, facendo dell’imprecisione nell’usare sempre media diversi contenuto dell’opera d’arte. In un mondo dove si può fare e riprodurre tutto con le tecnologie CNC, questa artista ha deciso che il fare da sé era parte del significato. Non c’è quindi tanto il gesto, ma la voglia di fare, quell’essere “donna faber” che a mio avviso è solo a prima vista contro tendenza oggi, ma che é la chiave del successo dell’arte del domani. Perciò il dialogo e la riflessione tra arte e design, passando per il ruolo dell’artista, è stata la chiave che mi ha portato a selezionare anche Flora per questo ciclo di mostre».
Qual è il focus generale di “Materiabilia”?
«I sogni sono fatti di materia, oggi più che mai. Abbiamo bisogno di toccare il sogno anche se per brevi istanti… l’arte è una possibilità. All’epoca di Padiglioni alla Biennale con NTF e allestimenti sempre più scenografici, ci siamo interrogati su dove risiedesse realmente il “bello” al giorno d’oggi. Con “Materiabilia” vorremmo far riscoprire la bellezza della materia, del vivere una realtà concreta, in cui la vista è solo una parte di un’esperienza, quella artistica, che può avvicinare il nostro vivere alla dimensione onirica. Ciò non vuol dire non vedere, evadere dalla realtà, rifuggire i problemi e rifugiarsi in bolle di bellezza, ma ripartire da noi, dalle piccole cose reali, circondarci di bello e belle cose per poi donare un nuovo spirito all’esterno. Che senso ha questa rincorsa nell’arte a emozioni sempre più forti, quasi pulp? Quando raggiungeremo lo Spannung e cosa ci sarà dopo? Il genio umano non risiede soltanto nelle dimensioni o nel valore della materia, ma oggi più che mai nell’idea di cui è fatta la materia».
Qual è, in estrema sintesi, la poetica di Flora Deborah?
«Trasformare le repulsione delle viscere in una esperienza di bellezza: siano polmoni, cuori di animali, placenta o lingue umane, nella materia viva c’è bellezza. Del resto le nature morti sono capolavori che rappresentano una vita che è stata. Flora lavora quindi per capovolgere i luoghi comuni, anche visivi, e donare una visione nuova, che non vuole mai stupire, ma far riflettere, sempre con sottile ironia, su chi siamo veramente. Conoscere il mondo di Flora Deborah significa cominciare un viaggio di autoconoscenza. La dimensione onirica è del resto sempre onnipresente: Flora ci mette così di fronte a opere esteticamente sempre accattivanti realizzate a partire da oggetti insoliti. Nella mostra in corso da Gaggenau DesignElementi a Roma le opere sono per lo più fatte di terra e ceramica con diversi inserti in oro: impossibile non rimanere ipnotizzati. In realtà avvicinandosi capiamo che le opere sono delle lingue e andando oltre capiamo che l’artista l’ha realizzate facendo il calco dei propri familiari ancora in vita per raccontarci come la lingua che parliamo modifichi il come pensiamo. Per riflettere come la lingua sia collegata allo stomaco e sia il ponte tra la nostra interiorità e il mondo esterno. Alla fine della performance SEMI l’artista è arrivata addirittura a dirci “apri il frigo e mangiami”, chiederci di nutrirsi di lei. Nel frigo infatti c’erano delle lingue di cioccolato realizzate attraverso i calchi della lingua dell’artista. Eppure questo gesto estremo, è sempre accompagnato da una ironia e bellezza disarmante. Lo spettatore non rimane mai scioccato dal suo lavoro, ma complice del grande pensiero che l’opera di Flora porta con sé. Perciò Flora Deborah è tanto lontana dalla ricerca mortifera di Nitsch, quanto più vicina alla viscerale gioia universale di Kiki Smith».
Quali saranno i prossimi appuntamenti di “Materiabilia”?
«Quest’anno Gaggenau e DesignElementi hanno aderito a pieno allo spirito di CRAMUM di lavorare per essere un talent scout e offrire una visione diversa e, nelle intenzioni, persino precorritrice del futuro dell’arte e del bello. Una sfida non facile che in un autuno caldissimo vedrà quali protagonisti due giovani artisti “geni” della materia, entrambi vincitori delle passate edizioni del Premio Cramum: Giulia Manfredi e Stefano Cescon».
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