All’indomani della seconda guerra mondiale, su una piccola isola poco distante dalla costa newyorkese, ha luogo un incontro passato alla storia con il nome di “Shelter Island Conference”: una preziosa riunione tra alcune delle menti più acute ed ingegnose del tempo, tra cui Richard Feynman, Edward Teller, David Bohm, Hans Bethe e J. Roberth Oppenheimer. L’obiettivo? Fare il punto sulla situazione della meccanica quantistica e ristabilire, così, i delicati equilibri mondiali, messi in crisi dall’invenzione e dall’utilizzo della bomba atomica. Si tratta, dunque, di un tentativo di raggiungere una certa pace ed armonia, ricercate attraverso la condivisione di conoscenze scientifiche complesse, quasi imperscrutabili alla maggioranza di noi.
Proprio da questo storico incontro prende nome il nuovo progetto espositivo di Galleria Marina Bastianello, realizzato in collaborazione con gli spazi istituzionali del Distretto M9.
La mostra Shelter Island, sviluppata tra le sedi di Mestre e Venezia e visitabile dal 22 maggio fino al 24 agosto 2024, si propone, infatti, di riconnettere il visitatore con questo distante (ma essenziale) evento e di proporre una nuova conferenza, questa volta ibridando ricerca artistica e scientifica, al fine di indagare la nostra nuova, instabile, comprensione del mondo, integrando tecnologie all’avanguardia e intuizioni filosofiche. Questa ideale meta-conferenza si dipana, dunque, tra gli schermi della Hybrid Tower di Mestre e dell’auditorium del Distretto M9, ma anche su una piattaforma online e nelle due sedi della storica Galleria Marina Bastianello.
La prima di queste, situata a Mestre, ospita, in particolare, una moltitudine di creazioni del giovane artista milanese Luca Pozzi, classe 1983.
Qui, un insieme vibrante di dispositivi a parete e una tondeggiante scultura in ceramica captano incessantemente le particelle che li attraversano, mentre un impressionante avatar-oracolo, guidato da un’intelligenza artificiale, propone le sue criptiche profezie di sedici parole ciascuna. Al centro della sala troviamo, poi, una postazione di realtà virtuale, che ci permette di estraniarci per un attimo dagli spazi intonsi della galleria e visitare una cometa digitale di 4 km di diametro creata dall’artista stesso: un mondo parallelo e computerizzato dove abbiamo la possibilità di intrattenerci con figure di spicco del mondo scientifico odierno e passeggiare sull’aspra superficie astrale.
A Venezia, invece, lo spazio della galleria sembra quasi invaso da un’enorme installazione a parete di Fernando Garbellotto (Portogruaro, 1955): una creazione ispirata dalle complesse teorie del matematico Benoit Mandelbrot. L’artista si domanda, infatti, come trasformare le idee di frattale e di “rete come idea del mondo”, sviluppate dal fisico, attraverso quelli che sono i mezzi a lui più consoni: quelli della pittura. Arriva, dunque, attraverso questa riflessione, a destrutturare la tela, creando così, attraverso un sistema di 7924 nodi su 41 telai diversi, un’imponente rete di un rosso accesso: un concetto all’apparenza scabro, estremamente elementare, ma che in realtà rappresenta alla perfezione la complessità dei sistemi naturali e fisici che ci circondano.
Shelter Island, dunque, si propone come un viaggio interattivo e multi-disciplinare, in cui la realtà viene compresa ed esplorata non solo attraverso teorie scientifiche e sculture ingegnerizzate, ma anche attraverso tutta una serie di intuizioni e, soprattutto, condivisioni.
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