La Collezione Maramotti apre i suoi straordinari archivi fino al 31 dicembre con la mostra “Show Case: l’Archivio esposto” che arricchisce ed espande il percorso espositivo della collezione permanente con fotografie, documenti, disegni, libri d’artista ed ephemera. Materiale documentale e bibliografico proveniente in gran parte dalla Collezione che testimonia la capacità di cogliere le tendenze artistiche di Achille Maramotti, appassionato collezionista di arte contemporanea e fondatore di Max Mara.
Percorrendo le sale che ospitano in permanenza oltre duecento opere dagli anni cinquanta ad oggi, una serie di vetrine pop-up mostrano le fotografie in bianco e nero di artisti come Cesare Tacchi durante la sua personale nel 1965 alla famosa Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, uno dei centri più vitali della scena artistica italiana negli anni sessanta. Assieme a lui, Pino Pascali, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo e le foto dei tanti altri intellettuali come Giuseppe Ungaretti e Alberto Moravia che documentano il fermento culturale di quel periodo, in una Roma nevralgica per l’incontro tra artisti, letterati, critici e intellettuali.
Numerosi i libri d’artista come quello di Alighiero Boetti Insicuro Noncurante e di Enzo Cucchi che ampliano il contesto della loro ricerca o altri documenti come l’analisi ai raggi X della superficie di Manifesto 1960 (1960) di Mario Schifano che rivelano il processo di creazione dell’opera. I ritagli di giornale e il carteggio tra l’artista americano Eric Fischl e il gallerista Mario Diacono, fanno luce sulla ‘genealogia formale’ e i relativi riferimenti simbolici delle due grandi tele Birthday Boy (1983) e The Philosopher’s Chair (1999) oggi parte della Collezione permanente. Una serie di fotografie, scattate nello studio di Julian Schnabel a Long Island negli anni Ottanta, permette di cogliere alcuni passaggi concreti della realizzazione dei suoi celebri ‘plate paintings’ (due dei quali sono esposti in Collezione), testimoniando la costante tensione alla sperimentazione tecnica dell’artista newyorkese. I materiali d’archivio presenti nelle vetrine vanno a integrarsi a una serie di contenuti digitali messi a disposizione nelle sale tramite codici QR già a partire dal 2020, per aprire ed espandere nuovi sguardi sulla raccolta.
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