All’International Centre of Graphic Arts di Lubiana è in corso la personale di Silvia Mariotti (1980) “Not at first Glance”, a cura di Aurora Fonda, co-direttrice della galleria A plus A di Venezia.
La mostra, aperta fino al 20 novembre, è nata in collaborazione con la Galleria A plus A di Venezia, il Centro Internazionale per le Arti Grafiche di Lubiana e l’Istituto Muzeum.
Il percorso espostivo «si compone di ambientazioni scenografiche ispirate alla natura e ai mondi ad essa connessi. Realtà e finzione si intersecano per dar spazio ad una rilettura dei luoghi della nostra immaginazione», hanno spiegato gli organizzatori.
Com’è nata “Not at first Glance”?
«La mostra è nata in collaborazione con la Galleria A plus A di Venezia e il Centro Internazionale per le Arti Grafiche di Lubiana. Sono stata invitata a costruire un progetto di mostra in totale libertà, con la possibilità di creare una collaborazione e realizzare un lavoro con il Centro. Ho cercato, quindi, di raccogliere tutti gli aspetti della mia ricerca in una nuova produzione, ripercorrendo alcune tematiche legate alla realtà come nel caso dell’opera Aria Buia, fino al raggiungimento di una sintesi visuale in Gauzy Green».
«L’idea è stata quella di creare una sorta di viaggio mentale indagando luoghi fisici e tangibili, condensati nella storia, passando anche per luoghi immaginari, costruiti per mezzo di fotomontaggi realizzati attraverso il mio archivio di fotografie, come nel caso di Boutade; man mano che l’immaginazione avanza, ci si avvicina sempre più a un’astrazione dei paesaggi, in cui i colori della natura crepuscolare prendono forma attraverso la contrapposizione di luci e ombre, diventando così tridimensionali.
Il racconto visivo si muove all’interno di una dimensione estranea, quasi impalpabile, in cui i suoni di una natura selvaggia si diffondono e insinuano negli spazi e nei luoghi, dentro e fuori le immagini, grazie alla presenza di un video, concepito come fil rouge di questo viaggio, che enfatizza l’atmosfera in cui il fruitore viene immerso.
La mostra ci indica qualcosa che è ma può anche non essere, una dimensione che occorre scoprire con uno sguardo attento, con la cura di chi solo sa svelare lentamente le cose, suggerendo verità profonde che non si possono cogliere a prima vista».
Quali sono, in estrema sintesi, gli aspetti centrali della tua poetica?
«La mia poetica indaga sempre uno scrutare lento del mondo e delle verità, attraverso dimensioni ambigue e misteriose che meglio accolgono questa lentezza nel disvelare le cose. L’attrazione per la natura mi porta a immergermi nelle coltri verdeggianti del passato e del presente e a confonderle con quelle fittizie del mio immaginario. Così la mia ricerca si sviluppa attraverso la stratificazione di elementi tratti dalla storia e dalla letteratura e di simboli culturali e sociali che evocano un senso di irrealtà, in bilico tra mistero e marginalità. Cerco quindi di fare esperienza dei luoghi, per meglio riflettere sulla situazione sociale in cui viviamo e attraverso la fotografia e l’installazione cerco di trasferire all’immagine l’idea di un altro tempo, che è il tempo dell’esperienza personale e delle suggestioni vissute».
«Rispondo con le parole con cui Matilde Galletti ha accompagnato i lavori in mostra: «Il passaggio dalla ripresa del reale alla creazione di immagini fittizie, che l’artista compie nella propria ricerca, scivola di continuo attraverso allestimenti scenografici o fotomontaggi, diorami onirici e ombre tridimensionali. Ogni volta ci si trova davanti una dimensione alterata della realtà o la realtà stessa che ci dimostra come può essere mutevole, menzognera, incantatrice. Nel fruscio delle foglie si intrufola lo scorrere dell’acqua, il lento muoversi di un’amaca dondola lo strillo di un uccello notturno e la luce perentoria di un neon indica la via di lettura di alcune opere. Le fotografie di Silvia sono voluttà nel presentare una natura che si riappropria dei luoghi del dramma, sono permeate di erotismo vertiginoso che mette voglia di guardarle».
Questa sospensione temporale, questo raccontare delicato e non immediato è presente ancor di più in “Not at first Glance”, dove nulla è come appare, dove la realtà si confonde con l’irrealtà e il disvelamento dei dettagli si fa sempre più complesso. L’atmosfera diventa sempre più indefinibile e gli interstizi di luce diventano nuovi protagonisti e nuove forme di verità».
In quali progetti potremmo vedere il tuo lavoro nei prossimi mesi?
«Tra i diversi progetti rimodulati e rinviati al prossimo anno, c’è la presentazione del mio nuovo libro d’artista, De uma estrela à outra presso la Gnam di Roma, in occasione della quale metterò in dialogo con la collezione della Galleria un intervento artistico creato appositamente. A primavera 2021 prenderò parte ad una collettiva nella Marche, in occasione della rassegna/premio Giovan Battista Salvi a Sassoferrato e poi, sempre nel 2021, parteciperò ad un’altra collettiva al MACTE Museo d’arte Contemporanea di Termoli».
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