«Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto», scriveva nei primi anni del XVII secolo John Donne, una lirica destinata a diventare nel tempo verità assoluta. Se nessun uomo è un’isola, l’essere vivente viene visto quindi come elemento di un ecosistema, particella essenziale dell’universo. Una metafora che ben si presta all’interpretazione delle immagini della fotografa e artista visuale Simona Ghizzoni (Reggio Emilia, 1977), la quale ha intitolato “Isola” la sua ultima serie di opere, in mostra fino all’11 febbraio presso la MLB Maria Livia Brunelli Gallery di Ferrara.
In questo progetto, l’autrice esplora i confini della propria sfera più intima, in cui il concetto di isola quale nucleo primitivo, unità fondamentale e indivisibile, viene incarnato dalla famiglia e dal legame madre-figlio, di pari passo con l’esperienza della natura e dei luoghi vissuti. Dai boschi dell’Appennino reggiano alle radure luminose del Lazio, le fotografie descrivono quindi la densa relazione tra paesaggio e senso di appartenenza, radici e percorsi inediti. Come racconta la stessa artista, «questo lavoro è iniziato da una necessità, da un momento di difficoltà, ma non è un lavoro che parla del lockdown: è un lavoro che, attraverso autoritratto, staged photography e immagini di documentazione quotidiana, parla di me, della mia famiglia e della relazione che ho con le mie origini. Vengo da una famiglia contadina dell’Appennino Emiliano, la cui vita stessa è dipesa dalla natura, una natura di cui per anni ho sentito con dolore la lontananza. Quando è stato annunciato il lockdown ho deciso di trasferirmi con la mia famiglia attuale nella casa che fu dei miei nonni, in mezzo a quelle montagne che da sempre mi hanno restituito un senso di pace e sicurezza. Una parte delle immagini esposte racconta proprio quei primi mesi che sono stati per noi l’inizio di una nuova ricerca di vita più vicina agli elementi naturali».
Il filo che unisce essere umano e natura, presente nei già apprezzati autoritratti di Ghizzoni, si confronta con un paesaggio di volta in volta accogliente e ostile, solcato da ombre e luci nette. Il mescolarsi dell’umanità con la materia dell’universo, in una relazione ancestrale, è un riferimento contenuto tutto nell’intensità dello scatto in cui la stessa autrice, vestita di rosso, percorre il versante arso e roccioso dell’Etna (Il Vulcano). Un’icona potente ed evocativa, di comunione e contemporaneamente estremo contrasto con gli elementi naturali, esperiti in una duplice valenza di forza indomabile e rifugio/approdo. La fusione, lo scambio tra elementi, quasi sinestetico, si può ravvisare anche in Sospesa (autoritratto), il cui rimando visivo alla preraffaellita Ophelia di Millais è in realtà il risultato di una stretta sintonia con l’elemento acquatico, come spiega l’artista: «la relazione con l’elemento acqua è diventata sempre più importante e significativa per me. L’acqua è simbolo di fertilità e collega la fertilità della terra a quella dell’essere umano, elemento imprescindibile della vita». L’immagine, difatti, cela l’ossessivo reiterare di un gesto, quello di immergersi nelle acque del fiume, in un climax che raggiunge l’apice al compimento dello scatto, parte non solo di una ricerca estetica, ma di un vero e proprio rituale. In questo frangente la fotografia funziona sia come opera d’arte che documento, esaltazione di un momento nel suo svolgersi e il congelamento di quell’attimo nel tempo infinito.
Una liminalità del tempo vissuto che si compie anche attraverso il tentativo di catturare la luce propizia: per la prima volta, infatti, Ghizzoni si misura con le variazioni luminose del giorno, in una ricerca stilistica che accentua il contrasto chiaroscurale. Nelle nature morte – o “silenti” – il contrapporsi di luci e ombre è netto, gli oggetti si stagliano su uno sfondo nero che non lascia via di scampo. Il richiamo alla grande pittura di genere (da Caravaggio a Zurbaràn fino a Recco) viene smorzato da alcune presenze, anomalie compositive, piccoli animali e giocattoli che donano un’atmosfera fiabesca e misteriosa alle scene ritratte. L’irruzione del quotidiano, del gioco e dell’imprevisto, è ulteriore espressione di quella ricerca introspettiva sulla vita familiare condotta dall’artista. Nelle fotografie che svelano i momenti più raccolti, le tonalità sono sfumate, le ombre più dolci, le luci accarezzano il volto del figlio dell’autrice o tratteggiano la stessa avvolta in un pulviscolo quasi sovrannaturale. Le dimensioni ridotte di questi scatti hanno il compito di esaltare gli istanti, un concettuale colse-up capace di catturare la completa attenzione dell’osservatore. E ancora una volta, l’unità imprescindibile, l’Isola, riemerge nell’accostarsi dei volti madre/figlio (Maternità), in una tenera, ma solida, connessione, dal nucleo cellula alla più profonda coscienza di essere parte di un tutto.
La mostra di Simona Ghizzoni sarà visitabile alla MLB Gallery di Ferrara fino all’11 febbraio 2023.
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