Originaria di Oslo e residente a Copenaghen, Siri Kollandsrud costruisce le sue storie metamorfiche con pennellate energiche sovrapposte, affondando le sue radici nella tradizione di un certo Espressionismo astratto e dell’Informale. Living Yellow Light è la sua prima mostra personale con RIBOT Gallery, che proseguirà fino al prossimo 27 gennaio 2024.
Le opere esposte raccolgono un decennio della sua pittura, stimolando la curiosità in chi le osserva di ricostruire il percorso artistico di Kollandsrud e insieme interpretare le sue visioni, anche provando ad animarle, o significarle, con la propria immaginazione. Non c’è un ordine cronologico, l’allestimento si gioca sulle connessioni cromatiche e gestuali che lasciano emergere, insieme a un’indubbia maturità stilistica, alcune cifre caratteristiche, come la predilezione di un colore blu tendente all’azzurro – luminoso ma al contempo opaco – per creare le forme e animarle, non riempirle, o l’uso del colore bianco per enfatizzare l’elemento luminoso nella sua accezione cromatica, oltre che spirituale.
Le immagini di Kollandsrud, a prima vista astratte e oscillanti tra tra effetti materici pittorici e nitidezza, si costruiscono mediante pennellate energiche sovrapposte che testimoniano un processo geologico che sedimenta una traccia sull’altra fino a quando il quadro non è terminato. Emblematica è, in tal senso e ai fini della riflessione, Hangaphone, decisamente impattante sullo sguardo e articolata da un punto di vista formale. Guardare queste tele significa saper passare da un livello all’altro, distinguendo – senza distruggere – tutti gli strati che le compongono. Forma e colore prescindono da qualunque confine, mettendoci dinnanzi a organismi viventi, fluidi, di fronte ai quali vedere significa saper conservare ogni singolo strato; passare da uno strato all’altro senza nulla distruggere. O dimenticare, come sottende l’opera esposta al primo piano intitolata – proprio – Never forget, stimolando lo sguardo a cogliere la coappartenenza di piani temporali e spaziali sulla superficie dell’opera.
Tutte le opere, anche Blue Box e Mirror picture, al primo piano, e Wind borne, Airomanic / out of order al piano interrato chiedono di essere sfogliate. Ogni strato, sovrapponendosi e compenetrandosi agli altri, costituisce a tutti gli effetti il visibile, che dunque non è una realtà immediata ma il risultato – sapientemente mediato da Kollandsrud – tra la conoscenza delle regole compositive e la padronanza della stratificazione. Nel regno della semi astrazione – benintesa la sua carica coinvolgente – che significa sempre, anche, altro, ricorre – ora più figurativa ora più astratta – l’iconografia dell’Annunciazione del Beato Angelico: al piano interrato le opere Annunciation, rispettivamente del 2011 e del 2018, provano in un certo senso come Kollandsrud attinga alle fonti del senso dell’essere, a partire dalla propria cultura o dal proprio desiderio, con l’intenzione – come si legge nel comunicato – di lasciare «spazio alla materializzazione di “ectoplasmi” colorati che volteggiano nell’architettura».
Living Yellow Light – che si completa con uno special project, ovvero un numero limitato di opere su carta dipinte con acquerelli e caratterizzate da interventi a matita e gessetto – vivifica, possiamo dire, come spostandosi di un livello, tutto possa assumere un nuovo senso. Che non significa affatto che Siri Kollandsrud complichi o aggiunga livelli di complessità . Anzi, Kollandsrud mostra candidamente quanto ciò che ci appare semplice sia in realtà molto complesso. Basta essere visionari.
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