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Spazio Totale alla Cortesi Gallery di Milano
Mostre
Da Fontana a Uecker, da Manzoni a Mack. Tutti artisti seguiti dalla galleria, ognuno con una specifica visione della luce, della forma, del colore. Se nel programma della mostra di Lugano si era approfondita in maggior misura l’indagine sul monocromo bianco da parte degli artisti trattati, a Milano si allarga il focus e il discorso si amplia per accogliere diverse parentesi creative degli stessi. Utilizzo di materiali innovativi, nuove prospettive sulla luce e sul colore, tra cui soprattutto il bianco, il nero, l’argento, mantenendo però l’attenzione alta sul tema dell’acromo. La mostra si propone dunque come una rassegna di artisti italiani e internazionali che sono andati a fondo in questa particolare ricerca.
La Cortesi Gallery accoglie il visitatore con dei lucenti pezzi dei maestri italiani, a partire da un Fontana circondato da due opere dei suoi compagni di studio, Bonalumi e Castellani. Nello stanzino accanto all’ingresso si stagliano due lavori di Piero Manzoni del 1959 e del 1960 (uno dei due in sostituzione di un’opera di Uecker tornata al legittimo proprietario), due acromi di pregevole fattura che incarnano l’essenza della mostra. Corredano la prima sala due insolite sculture di Piero Consagra e un’opera in ceramica rivestita d’acciaio di Mack del 2017 che, come nelle sue pitture, riprende il concetto di spazio attraverso l’applicazione di una serie di fori che conferiscono plasticità e profondità alla forma scultorea. Le vernici utilizzate ricordano l’alluminio, materiale che rimanda alle prime fasi della carriera dell’artista tedesco.
La sala centrale è invece dedicata esclusivamente agli artisti internazionali selezionati. Heinz Mack, Herman De Vries, Gerhard Von Graevenitz, tutti artisti che gravitano intorno a quello che era stato il Movimento Zero a livello internazionale (e di conseguenza Azimuth a Milano). Spiega Camilla Romeo, Gallery assistant della Cortesi: “Abbiamo cercato di mantenere il discorso del bianco e delle sue tonalità. A Milano abbiamo però voluto introdurre una riflessione sulle nuove tecniche sperimentali degli artisti del Movimento Zero, legata in particolare al loro utilizzo di materiali e simboli non convenzionali per la storia dell’arte come il legno, la tela arrotolata di Leblanc, l’alluminio di Mack, la disposizione di caratteri apparentemente casuali ma in realtà controllati da schemi e geometrie sul supporto pittorico di Herman De Vries e Morellet. Tutte le opere in mostra appaiono guidate dal caos quando in realtà non c’è nessuna casualità: gli artisti organizzano lo spazio secondo schemi, tecniche e geometrie ben definiti”.
Nell’ultima sala della mostra vengono accostati artisti dei movimenti italiani che hanno indagato l’arte cinetica come Vincenzo Agnetti e Gianni Colombo. Qui l’osservatore viene stimolato, guidato nell’immersione nel movimento reale dell’opera, come nel caso di Strutturazione Pulsante di Colombo, o in quello da immaginare come avviene invece in Architettura di Gianfranco Pardi. Vi è poi l’opera di Agnetti, un feltro che riporta un testo scritto in modo non confusionario, le lettere sparse nello spazio, e una targhetta sottostante che recita “Almost forgotten by heart”: un gioco con cui l’artista rende partecipe e confonde lo spettatore, dal momento che le lettere sparse sul feltro non formano, se unite, il testo riportato. Infine, un’opera di Arnaldo Pomodoro in vetroresina, un’inusuale scultura su cui l’artista ripropone le sue solite tracce che tagliano e modificano la superficie rigida e definita del materiale utilizzato, che però differisce dai consueti bronzo, oro o pietra. Anche la forma di Foglio si discosta dalle tradizionali sfere intagliate dell’artista romagnolo, senza però che venga a mancare il senso della sua operazione artistica: una nuova definizione dello spazio e dei rapporti tra massa e volume.
In generale la mostra celebra quella purezza evocata dal bianco, dall’acromo, la ricerca germinale legata ai concetti di spazio, forma e colore – o mancanza di esso. Gli artisti della seconda metà del ‘900 sono stati abili nel creare dei veri e propri filoni legati a questo tipo di ricerca, attivando una visione e un interesse del mondo dell’arte nei confronti di nuove prospettive da cui guardare lo spazio nella pittura e nella scultura. Spazio Totale proietta il visitatore nell’essenza della materia, dello spazio e del colore grazie alle opere di artisti che, indagando la realtà, sono giunti al punto di creare una non-rappresentazione, fatta di mancanze, vuoti e combinazioni di simboli da decifrare, a patto che vi sia un codice da scoprire.