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Spiritualità e natura, in due mostre a Palazzo del Vignola di Todi
Mostre
A Palazzo del Vignola di Todi sono presenti due esposizioni: la mostra CECCOBELLI Anni ’80, curata da Carlo Vanoni, ripercorre la produzione artistica di Bruno Ceccobelli degli anni ’80, mentre la collettiva Intrecci elettivi, a cura di Matteo Boetti, presenta le opere di Antonio Buonfiglio, Celsauri, Marino Ficola e Rolf Jacobsen. Mentre Ceccobelli esplora il dualismo tra spirito e materia attraverso pigmenti naturali e simbolismi esoterici, gli artisti di Intrecci elettivi indagano il rapporto tra natura e arte tramite il recupero di materiali di scarto. Entrambe le esposizioni, realizzate con il contributo di Fondazione Perugia, condividono una riflessione sull’equilibrio tra terreno e trascendente, proponendo un dialogo tra sostenibilità e spiritualità. Le due mostre sono aperte fino al 15 ottobre 2024.
Ceccobelli Anni ’80, una pittura di materia spirituale
La mostra Ceccobelli Anni ’80, dislocata su più piani all’interno del Palazzo cinquecentesco nel cuore di Todi, accoglie 50 Pittosculture dell’artista realizzate negli anni ’80. Ceccobelli, classe 1952, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e dalla seconda metà degli anni Settanta fa parte degli artisti che si insediano nell’ex-pastificio Cerere, a Roma, nel quartiere San Lorenzo, un gruppo di creativi poi noti come “Nuova scuola romana”. La sua ricerca è inizialmente di tipo concettuale, per poi giungere a un’astrazione pittorica che approda a un vero e proprio simbolismo spirituale.
La fase degli anni ’80 è infatti carica di materia e al tempo stesso di spiritualità e nel percorso espositivo non mancano riferimenti alle religioni del mondo ma anche al ruolo centrale della madre e della bellezza.
Le opere sembrano partorite dalla terra: le tonalità calde sono una dichiarazione di intenti dell’artista, un recupero degli elementi naturali utilizzati come pigmenti e supporti, ponendosi in contrasto con l’industria del colore del tempo. Il focus della sua ricerca è incentrato sulla capacità dell’artista di entrare in relazione profonda con la propria spiritualità, con il proprio mondo interiore. Emblematica è l’opera Artista re (1987), collocata nelle prime sale del percorso mostra, in cui vediamo una grande finestra in legno dipinta di grigio dove l’artista mette a confronto la passione di Cristo con il lavoro dell’artista: vediamo gli stessi strumenti utilizzati per la crocifissione e per lavorare, poi tramite la grafite l’artista ha impresso la sinopia di parti del suo corpo affinché vi fosse la connessione con la Sacra Sindone. Vi sono anche due parti di enigmatica interpretazione: la parte nera infatti sembra rappresentare un’incognita della vita.
Nella stessa sala è esposta Salto in alto (1980), che raffigura un saltatore intento a superare i propri limiti. Il 4 specchiato, formato dalle sue gambe, simboleggia nella cabala la materia, mentre il 3 creato dalle braccia incarna lo spirito. L’opera rappresenta il dualismo tra la parte del corpo che ha trasceso la dimensione terrena, protesa verso lo spirito, e quella ancora ancorata alla materialità.
Con quest’opera viene anche esemplificata la ricerca, da parte dell’artista, di materiali naturali che abbiano attraversato un processo di purificazione, come la cenere, l’argilla, lo zolfo, il bitume, la grafite e la calce. La grande scacchiera denominata Il Giogo della Natura e dell’Arte (1983) propone il contrasto fra il Bene e il Male, spirituale e terreno. Le zone bianche si vedono dei volti con gli sguardi rivolti verso l’alto e delle ampolle di ricerca alchemica, a simboleggiare un percorso di ricerca interiore. Il contrario accade nelle tessere nere, in cui vi sono degli oggetti dalle forme contundenti e lo sguardo dei volti è rivolto verso il basso, a simboleggiare che le persone sono in guerra.
Nella sala conferenze è proiettato il video dell’istallazione Figli d’api (1989), presentata al Caffè Florian di Venezia. Ceccobelli realizza 777 opere collage su carta che verranno istallate dall’artista stesso sulle pareti del bar. Al piano terra infine è possibile visionare diversi cataloghi di mostre personali dell’artista realizzate nel corso degli anni, gli articoli dedicati e un’ampia rassegna stampa.
Intrecci elettivi: la memoria della natura
Nella mostra Intrecci elettivi invece troviamo quattro artisti: Antonio Buonfiglio, Celsauri, Marino Ficola e Rolf Jacobsen. Tutti sono accomunati, oltre che da una spiccata manualità tecnica, anche da una poetica legata al desiderio del recupero di materiali di scarto come forma di rispetto per l’ambiente e difesa della Natura.
I Celsauri (Auro e Celso Ceccobelli) concentrano la propria ricerca sul recupero di vecchi materiali e oggetti, per donargli nuova vita in un’ottica di sostenibilità. In questa occasione hanno realizzato un’opera ambientale significativa, prendendo ispirazione dalla teoria del saggista e scienziato Masaru Emoto sulla memoria dell’acqua, in grado di rispondere diversamente a seconda della tipologia e della qualità degli stimoli. L’istallazione è infatti composta da due casse ognuna circondata da rami che vanno a formare due cerchi: una cassa emette solo parole e pensieri positivi e per questo il cerchio legnoso assume una forma regolare, mentre la seconda cassa diffonde parole e frasi negative, generando così un’irregolarità del cerchio che la circonda.
Antonio Buonfiglio crea opere con vecchie tele logore di iuta, originariamente utilizzate per il retro di antiche tele d’altare, dove ritrova sinopie di prime stesure di Madonne e di Santi, per apporre poi forme pure, concettuali, simili alle onde concentriche di uno specchio d’acqua. Marino Ficola esprime, attraverso i suoi lavori, la preoccupazione e l’ansia di protezione verso il mondo animale: animali a rischio e fauna estinta sono i suoi soggetti designati a far comprendere allo spettatore il rischio del surriscaldamento globale. L’autore ci ammonisce dipingendoli in macchie evanescenti, quasi fossero nuvole di vapore, a dirci che un giorno potrebbero trovare il mondo trasformato in peggio.
Per realizzare le sue opere, Rolf Jacobsen va alla ricerca di legnetti in fiumi e torrenti calcarei che quindi appaiono pietrificati. Per sostenerli nella loro caducità, l’artista appone su di essi uno strato di gesso.