“Protected Privacy” si apre con le fotografie di una giovane selfista: cielo d’estate, una ragazza in vestito blu, di spalle, capelli scompigliati dal vento e braccio teso a reggere il cellulare. Stefanie Minzenmay l’ha immortalata più volte, cambiano le pose, ma l’immagine è sempre la stessa, quella del noto rituale individuale di massa. Difficile pensare che gli autoritratti della ragazza in blu non finiscano inghiottiti nel flusso magmatico dei milioni di selfie pubblicati quotidianamente sui social a tutte le ore e latitudini.
Alla familiarità e banalità delle situazioni evocate dalla selfista in blu Minzenmay risponde, in mostra, con la serie ritratti fotografici di … bambine? Bambini? Di nessuno dei ritratti è visibile infatti il volto. A volte possiamo solo intuirlo, perché è celato al nostro sguardo: nella maggior parte dei casi da capelli oppure da mani, altre volte da decorazioni simil origami o borse di cotone come maglie di armature. Nessun contesto aiuta, le silhouette a colori, a mezzobusto, si stagliano su un neutrale sfondo bianco, sempre uguale, che rafforza la loro natura di statement – “Protected Privacy!” come esorta il titolo della mostra alla galleria foto-forum di Bolzano.
«Se i vostri ritratti fossero appesi ai pali della luce di tutta la città , quanto sareste disposte e disposti a mostrare di voi stessi?» Minzenmay ha posto questa domanda ai suoi figli e ai loro coetanei quando, nel 2014, ha iniziato a realizzare la serie di fotografie ora in mostra. Un assunto innegabilmente pedagogico didattico, che, in un mondo dominato dai social, mira a far tornare se stessi protagonisti del proprio sguardo. Il risultato sono immagini dal fascino spiazzante e un po’ surreale, giochi di anatomie celate che, negli esiti formali, si muovono in territori già ampiamente battuti nell’arte, come quelli dell’umorismo inquietante di artisti come Erwin Wurm.
Anche se l’approccio non è nuovo, le immagini di “Protected Privacy!” hanno la forza di operare un rovesciamento, sottolineando ancora una volta quanto il celare sia capace di svelare. Vedendo meno, siamo costretti a guardare meglio: la serica lucentezza dei capelli, la morbidezza della pelle, l’eleganza di un colletto. Volti nascosti in cui indovinare espressioni e da cui intuiamo, incredibilmente, sprazzi di personalità dei soggetti. Insomma, celarsi in maniera personale può rivelare di più di se stessi del mettersi in esposizione in maniera standardizzata. Parafrasando una celebre frase di Karl Krauss, con le sue immagini Minzenmay riesce a trasformare tanti nonostante in un perché.
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