Alla Maison Tavel Musée d’Art e d’Histoire a Ginevra “La ragione delle mani”, a cura di Adelina von Fürstenberg, è la mostra che Stefano Boccalini (1963, Milano) ha ideato con la collaborazione di quattro artigiani della Valle Camonica.
L’articolato progetto, che affonda le proprie radici nel 2013, è vincitore dell’ottava edizione dell’Italian Council ed è stato realizzato con la Comunità Montana di Valle Camonica, che opera sul territorio attraverso il proprio Distretto Culturale insieme all’artista, in collaborazione con il partner Art for the World Europa.
“La ragione nelle mani” è «un progetto che si muove su due livelli, quello del linguaggio e quello dei saperi artigianali, attraverso il coinvolgimento della comunità locale. Tutti i manufatti che compongono l’opera sono stati realizzati in Valle Camonica da quattro artigiani affiancati ognuno da due giovani apprendisti. Gli otto “allievi” sono stati selezionati attraverso un bando pubblico, promosso dalla Comunità Montana e rivolto ai giovani della valle interessati a confrontarsi con pratiche artigianali appartenenti alla tradizione camuna: la tessitura dei pezzotti, l’intreccio del legno, il ricamo e l’intaglio del legno. Queste forme artigianali, che storicamente ricoprivano una funzione di primaria importanza nel tessuto sociale e culturale della Valle, oggi faticano a resistere ai cambiamenti imposti dalla modernità e pochi ne conoscono ancora le antiche tecniche», hanno spiegato gli organizzatori.
«Il risultato di tutto questo lavoro – ha dichiarato Boccalini – non è rappresentato solamente dalle opere, ma anche dal processo che ha portato alla loro costruzione. Un processo che ha rimesso in circolo le conoscenze e le pratiche legate alla tradizione della valle ma con nuove prospettive e consapevolezze».
La mostra, visitabile fino al 27 giugno, è realizzata in collaborazione con Art for the World Europa e si tratta della prima di una serie di iniziative che fanno capo all’omonimo progetto, realizzato in collaborazione con vari partner culturali: Musée Maison Tavel-Musée d’Art et d’Histoire (Ginevra) sede della mostra, Art House (Scutari, Albania), Sandefjord Kunstforening (Sandefjord, Norvegia), Fondazione Pistoletto Onlus, Accademia Belle Arti Bologna, MA*GA – Museo Arte Gallarate e GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Bergamo.
Dopo aver portato i segni della Valle Camonica in Europa l’opera ideata da Boccalini, composta da vari manufatti, entrerà a far parte della collezione della GAMeC.
«Nel 2013 sono stato invitato, in residenza, a partecipare ad “Aperto art on the border”, una manifestazione di arte pubblica che mette in rapporto l’arte contemporanea con il territorio della Valcamonica. Dopo quell’esperienza la Valle è diventata un punto di riferimento per il mio lavoro: ho lavorato con varie comunità, con le istituzioni locali e con gli artigiani e le artigiane con cui ho creato uno stretto rapporto di collaborazione e di scambio. Questo rapporto, che negli anni si è intensificato, sta portando all’apertura di Ca’Mon, un Centro di Comunità per l’Arte e l’Artigianato della Montagna a Monno, di cui mi è stata affidata la direzione artistica. Sarà un centro di scambio tra saperi intellettuali e saperi manuali: ospiteremo in residenza artisti e più in generale autori e ricercatori, per attivare un confronto con il territorio e i suoi saperi. Un laboratorio permanente di sperimentazione e di ricerca che, a partire da una condizione locale, vuole contrapporre la cultura della diversità e della biodiversità all’omologazione cui tende la società contemporanea. Queste sono le premesse che hanno fatto nascere il progetto “La ragione nelle mani”».
«“La ragione nelle mani” ha preso il via con un laboratorio, sulle parole intraducibili che ho tenuto insieme alle operatrici della Cooperativa Sociale il Cardo di Edolo, a cui hanno partecipato tutti i bambini di Monno. Poi ho coinvolto due artigiani, due artigiane e otto apprendisti selezionati attraverso un bando pubblico, promosso dalla Comunità Montana di Valcamonica e rivolto ai giovani della valle interessati a confrontarsi con alcune pratiche artigianali: la tessitura dei pezzotti, l’intreccio del legno, il ricamo e l’intaglio del legno.
Queste tecniche continuano a sopravvivere ma stentano a creare nuove economie, nuove risorse, quando invece potrebbero offrire l’opportunità ad alcuni giovani di costruirsi un futuro all’interno delle proprie comunità, investendo sul territorio. Ripartire da una condizione locale, come possibile modello di sviluppo, ci permette di guardare alla “diversità” che il territorio sa esprimere, e alla ricchezza che questa offre, come a uno spazio progettuale dentro il quale costruire nuove forme di lavoro da contrapporre a quel sistema produttivo, omologante, che la contemporaneità propone».
«Viviamo in un’epoca in cui le parole sono diventate un vero e proprio strumento di produzione e di captazione di valore economico e hanno assunto una dimensione sempre più importante all’interno del contesto sociale, attraverso il loro uso cerco di ridare peso specifico e valore collettivo al linguaggio.
Le parole che ho utilizzato in questo progetto sono intraducibili, parole che arrivano da lingue diverse molte delle quali minoritarie, che a stento resistono all’uniformazione. Sono parole che non hanno corrispettivi in altre lingue e quindi non possono essere tradotte ma solamente spiegate con dei concetti. Nel rischio della loro scomparsa vi è la cancellazione permanente della ricchezza legata a quella biodiversità linguistica che queste parole intraducibili hanno la capacità di esprimere in modo così efficace».
«Fin dalle prime opere e installazioni ambientali il rapporto con lo spazio è stato l’elemento caratterizzante del mio lavoro, se all’inizio si è sviluppato nelle relazioni con l’architettura e la natura, successivamente si è trasformato attraverso un insieme più complesso di fattori, sociali e antropologici, che mettono al centro della ricerca l’individuo e le comunità. Da oltre dieci anni la parola è diventata protagonista del mio lavoro e l’opera si pone come momento di riflessione collettiva per ridare peso specifico al linguaggio, che diventa, per me, il mezzo con cui contrapporre al valore economico il valore del ‘comune’.
Oggi la mia ricerca si concentra prevalentemente in quelle aree che sono considerate decentrate, in particolare la Valle Camonica, un territorio dove sto lavorando all’attivazione di processi di consapevolezza legati ai saperi locali. “La ragione nelle mani” fa coesistere tutte queste esperienze, restituendo la complessità e il senso di tutta la mia ricerca».
«La realizzazione del progetto è stata resa possibile grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura che, attraverso l’ottava edizione dell’Italian Council, ha individuato in “La ragione nelle mani” un progetto da finanziare. L’Italian Council è un programma a supporto dell’arte contemporanea italiana nel mondo, quindi insieme alla Comunità Montana di Valle Camonica, e ad Art for the World Europa, che sono stati gli enti proponenti, abbiamo deciso di promuovere il progetto non solamente attraverso la mostra, che è tutt’ora in corso alla Maison Tavel/Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra con la curatela di Adelina von Fürstenberg, ma anche con una serie di incontri dove sarà presentato il libro, curato da Alessandra Pioselli, che racconta il progetto e riflette sui temi che caratterizzano il lavoro. Quindi nei prossimi mesi Art House, a Scutari, in Albania, Sandefjord Kunstforening, a Sandefjord, in Norvegia, Fondazione Pistoletto Onlus, Accademia Belle Arti Bologna, MA*GA – Museo Arte Gallarate daranno voce e visibilità al progetto. Le opere, una volta finita la mostra di Ginevra, entreranno a far parte della collezione della GAMeC, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Bergamo».
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